Il caso

Superbonus, minima soddisfazione per Forza Italia. Scontro sui calciatori

Simone Canettieri

Ultimo Cdm: Giorgetti tiene il punto sul 110 e concede poco a Tajani. Salvini vince sugli sgravi fiscali ai club che comprano atleti dall'estero. Il ruolo di Meloni a casa alle prese con le otoliti

Alla fine non è saltata  solo la conferenza stampa della premier (rinviata, salvo ulteriori bollettini medici, al 4 gennaio), ma anche quella canonica post Consiglio dei ministri, nonostante la carne al fuoco.  Segno di quanto l’ultima riunione del 2023 a Palazzo Chigi sia stata abbastanza frizzante e non priva di scontri, in una corsa affannata a piantare bandierine. “Franco dibattito in Cdm”, è la formula che racchiude il dentro e fuori dei provvedimenti. La notizia è che Giancarlo Giorgetti sul Superbonus ha retto. O meglio: non ha contraddetto se stesso. Sicché il ministro dell’Economia ha concesso a Forza Italia il minimo sindacale per poter dettare alle agenzie fiumi di giubilo. Nel merito la faccenda è andata così: il Superbonus al 110 per cento resta per le famiglie con Isee basso (15 mila euro per un single), che potranno proseguire e concludere i lavori di ristrutturazione nel 2024.  
I nuclei con Isee più alto potranno proseguire i lavori il prossimo anno ma con lo sgravio fiscale ridotto al 70 per cento (come previsto a legislazione vigente). Viene poi introdotta una sanatoria che mette in sicurezza coloro che non hanno completato i lavori al 31 dicembre 2023. Niente da fare per il Sal (stato avanzamento lavori) straordinario al  31 dicembre, ipotesi circolata in ambienti della maggioranza che avrebbe consentito di beneficiare del 110 per anche per i lavori effettuati entro la fine dell’anno ma non compresi nei Sal precedenti. La misura avrebbe avuto costi giudicati “non compatibili” con il bilancio dello stato. 

 

La decisione è nata dopo una riunione prima del Consiglio dei ministri a cui hanno partecipato Antonio Tajani e Paolo Barelli per Forza Italia, più Giorgetti, Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, in costante contatto telefonico con Giorgia Meloni (la premier si trova a casa alle prese con la sindrome otolitica, dopo giorni di totale buio e collare ieri è stata comunque attiva, almeno così la raccontano, sebbene a distanza). Fazzolari e Giorgetti, seppur da due fronti diversi, hanno tenuto il punto. Lasciando comunque a Forza Italia, partito abbastanza scombussolato dopo la bocciatura del Mes, la soddisfazione di rivendicare le norme “a tutela delle imprese e dei cittadini meno abbienti”.  La vera baruffa c’è stata però sul calcio, ovviamente. E’ saltata nel Milleproroghe la norma sulle agevolazioni fiscali agli sportivi che rientrano dall’estero che avrebbe consentito ai club di Serie A di attirare i calciatori da campionati esteri durante il mercato invernale. Era contenuta nel decreto Crescita. La voleva con una insistenza che tutti conoscono ormai in Parlamento il senatore di Forza Italia, e patron della Lazio, Claudio Lotito. Anche il viceministro Maurizio Leo era a favore e non era contrario – notizia – nemmeno il ministro dello Sport Andrea Abodi. Matteo Salvini l’ha cavalcata, l’ha definita una norma immorale e alla fine ha fatto breccia anche su Giorgetti: “Bisogna invitare a investire sui giovani italiani e non su stranieri strapagati che peraltro sono spesso scarsi”, è stata la linea di Salvini che alla fine ha avuto la meglio. Al contrario, il vicepremier della Lega ha provato a inserire una leggina che equiparasse i partiti politici alle società del terzo settore per quanto riguarda gli sgravi fiscali del due per mille. Ma il sottosegretario Mantovano è stato inamovibile: “Anche Giorgia è contraria, sarebbe un brutto segnale”. Alla fine invece è stato rinviato il nodo dei balneari: Salvini ha spinto per una proroga delle attuali concessioni per i comuni, ma il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto è stato cauto. Dossier rimandato a gennaio, quando ricomparirà sulla scena pubblica anche Meloni. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.