Governo

I dubbi di Meloni. Alle Europee deve vincere "ma non troppo". Salvini si scatena (pressing su Zaia)

Carmelo Caruso

La premier è alle prese con la sua candidatura e i possibili contraccolpi nella coalizione. Il leader del Carroccio vuole i big in lista. In Emilia-Romagna, Piantedosi candidato governatore non è una fantasia

Roma. Salvini si scatena, Meloni si incatena. C’è un numero che ricorre ossessivamente a destra. E’ il tre. Tre sono i governatori che Salvini vuole candidare per non arrivare terzo, dietro Meloni e Tajani. Tre sono i mandati che servono alla Lega per riproporre  Zaia in Veneto. Il trenta per cento, tre volte il risultato migliore della Lega, è invece  l’obiettivo di FdI alle europee. Sta per cominciare la “Meloni league”, la competizione più stramba dei prossimi  mesi. La premier per vincere non deve stravincere, ma Meloni che gioca per perdere non è Meloni. Lo dice pure Forza Italia: “Deve vincere, ma non troppo”. Domani, in  conferenza stampa, di fine anno,  potrebbe annunciare la sua candidatura da capolista. Lo deve fare perché lo vuole la tendenza elettorale, ma in Italia è di tendenza declinare dopo le Europee. Sarebbe un successo il 27 per cento, ma se lo supera  l’insuccesso degli alleati si rivelerà la vera insidia  per Meloni.

 
Un insolito Salvini ha dichiarato che è “bello fare il secondo” di Meloni. Che Salvini si immagini secondo di Meloni è impensabile. Salvini ha sei mesi per riequilibrare il peso della coalizione. Ha già incassato una vittoria sul Mes e ha lucidato la sua argenteria elettorale. Oltre Claudio Borghi è tornato a farsi vedere, alla Camera e al Senato, Armando Siri il padre della flat tax. Dalla sua scatola come un mago, il vicepremier ha trovato, una volta ancora, la donna destinata a trascinare le liste della Lega in Europa. E’ la sindaca di Monfalcone, Anna Maria Cisint, ed è la sindaca che, e sono titoli dei giornali, avrebbe “scatenato una guerra di religione”. Il 23 dicembre hanno manifestato ottomila musulmani contro la sua decisione di chiudere due centri culturali. I giornali, le reti Mediaset, le offrono spazio. A ogni competizione europea, la Lega ha sempre individuato delle figure irregolari che interpretano, diciamo, lo spirito del tempo. L’ultima era stata Francesca Donato. Venne candidata nelle isole e prese quasi trentamila preferenze prima di cavalcare tesi anti vacciniste, pro russe. Cisint è un’altra cosa, ma incarna perfettamente le battaglie dei sovranisti di Firenze, quel gruppo di sovranisti in birreria, che non crede nella vittoria dell’Ucraina, che cammina con il crocifisso al collo grosso come quello dell’Esorcista. Salvini, davvero, del gruppo, è il più moderato. Secondo le proiezioni, la Lega dovrebbe eleggere tra cinque e sei eurodeputati. Sono numeri bassi. Da mesi, la Lega studia solo i pro di un’eventuale candidatura dei presidenti di regione. Sono le tre stelle della Lega, Fedriga-Zaia-Fontana. Il destino di Zaia è ormai una grande questione nazionale. Ha ripetuto, fino a ieri, che non intende candidarsi alle Europee, ma a Venezia, i leghisti, dicono che adesso non si può escludere. La candidatura di Zaia servirebbe solo a confermare il suo gradimento. Nel caso in cui il terzo mandato non dovesse passare, Zaia accetterebbe solo una carica altrettanto prestigiosa “veneta”. Salvini gli vuole proporre di fare il sindaco di Venezia anche perché Zaia, libero pensatore, diventerebbe il vero federatore del centrosinistra. C’è però una nuova possibilità che va presa con prudenza ma che non è da scartare. Lo conferma FdI. Sul Corriere Bologna è apparsa un’indiscrezione che riguarda la candidatura di Matteo Piantedosi a governatore dell’Emilia-Romagna (è stata Bologna la città della svolta professionale del ministro degli Interni insieme ad Annamaria Cancellieri). Si libererebbe una casella rilevantissima che si contenderebbero FdI e Lega. La Lega sta recuperando e a scapito di FdI. Mentre a Roma si dibatteva di Mes una partita ben più importante veniva giocata a Milano. Sono stati nominati i nuovi vertici della sanità lombarda e la Lega, di fatto, ne è uscita vincente. Sono nomine volute da un trio solido, ancora il tre, composto da Attilio Fontana, l’assessore alla Sanità, Bertolaso e dall’ex moglie di Salvini, Giulia Martinelli. Alla lunga, la Lega sta dimostrando di poter “controllare” FdI non tanto sul gradimento, quanto sulla tecnica. Parliamo di tecnica parlamentare, di sottogoverno. Quanto tempo ancora Meloni può “incatenare” i suoi, trattenerli? Nel 2024 la premier  avrà il problema della casa: o stravince e ne costruisce una nuova con Forza Italia o rimane nella vecchia in condominio con Salvini e Tajani. In tre. Meloni a tre piani.


 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio