Il caso

Niente Scala, ma pranzo con gli ultimi: Meloni si contizza alla ricerca della normalità

Simone Canettieri

Dietro la scelta della premier l'assillo dei suoi comunicatori per mantenerla acqua e sapone nonostante il nuovo ruolo. Ma poi da Bruxelles arriva l'ennesimo segnale sul Mes da approvare

Cerca Elly disperatamente, ma alla fine si ritrova sempre Giuseppi. Più Giorgia Meloni prova a polarizzare lo scontro con la segretaria del Pd, più il capo del M5s spunta come un fungo: non sei Rambo, basta vittimismo alla Calimero, vergognati sul salario minimo. E vai con disegni di legge strappati in Aula, cartelli, interviste al fulmicotone.   Sdeng, bum, splash! La premier, per Forbes, è la quarta donna più influente del mondo (dietro di lei Taylor Swift, davanti a tutte Ursula von der Leyen). E forse questa vita tra  Palazzi e potenti, tappeti rossi e cerimoniali, inizia a starle stretta. Ecco perché ieri si è contizzata. Niente Scala, pranzo sociale con gli ultimi. Modalità Quarto stato. E’ Giorgia Pellizza da Volpedo. 

L’anno scorso Meloni partecipò, accompagnata da Andrea Giambruno, alla prima della Scala avvolta in uno chiccoso longdress firmato Giorgio Armani dallo scollo incrociato con  una mantella ton sur ton (beccandosi i giorni a seguire anche un’antipatica influenza). Ieri ha deciso di mettersi a tavola – senza fotografi e video operatori – a Fieramilanocity tra cinquecento persone “fragili”. Niente palco reale, ma pasto frugale. Una scelta politica, una mossa mediatica. 

Ecco allora in scena una premier fra gli invisibili all’evento organizzato dalla Fondazione Arca con la regia di Enrico Pazzali (nome da seguire: top manager della Fiera, in fortissima ascesa nel centrodestra, gemello di Flavio Cattaneo, già uomo Nuvola come ad di Eur spa, colui che gestirà a Milano il nuovo centro di produzione Rai se non sarà chiamato al ballo delle prossime nomine). Una mossa quella di Meloni – al pranzo c’erano anche Matteo Salvini, Ignazio La Russa e Beppe Sala – che ricorda appunto quella di Giuseppe Conte. Proprio  il giorno di Sant’Ambrogio, un anno fa, l’ex premier   assistette alla prima da un maxischermo montato all’Opera Cardinal Ferrari, una struttura che dal 1921 accoglie le persone in difficoltà. All’epoca il leader del M5s si era messo a girare le Scampie d’Italia solidarizzando con i percettori del reddito di cittadinanza, intervistandoli uno a uno (una sorta di Samarcanda santoriana). E allora forse sono due populismi, uno magari più tecnico, che continuano a fronteggiarsi. Meloni d’altronde non ha mai nascosto (e giocato) la sua arma in più: lo spirito popolare, l’anima popolana, diretta e schietta, empatica e “so’ Giorgia”. Per anni, quando era all’opposizione, amava dire che gli “unici mercati che ascolta sono quelli della frutta”. Adesso è tutto più complicato, com’è normale che sia. Ma l’idea di uscire dal Palazzo e di mostrarsi acqua e sapone alla gente (da qui il gentismo)  rimane ancora il suo pallino, sempre più stretta in un’agenda serrata di impegni istituzionali di primissimo livello. E  così per un giorno ha cercato di mandare messaggi diversi, anche per non farsi impallinare dalla propaganda contiana, di sicuro più efficace, almeno sui social network di quella del Pd. Niente Scala, la ragazza della Garbatella va a mangiare con chi cammina sul baratro. Un messaggio non reclamizzato, ma da inviare all’esterno, a chi l’attacca per essersi snaturata davanti ai fantomatici poteri forti. E anche, visto che c’era Matteo Salvini, un segnale di unità, almeno di facciata, a 24 ore dalla foto diffusa dal vicepremier leghista con didascalia retorica: nessun problema nel centrodestra. La ricerca di un racconto popolare di Meloni, donna Rambo al comando alle prese con le congiure del mondo, è l’esercizio a cui si dedicano i consiglieri di Palazzo Chigi. Dagli “Appunti di Giorgia” alla tintarella estiva sulla spiaggia romana di  Santa Marinella. “Io amo molto i mercatini di Natale. Poi farò una passeggiata qui, al mercatino di Asti, per tentare di sentirmi una persona normale ogni tanto...”, ha detto infatti nella seconda tappa del suo tour al nord, a margine della firma dell’accordo per lo sviluppo e la coesione con la regione Piemonte. Una giornata alla ricerca di una normalità che spesso le manca. Anche se in tarda serata questa dichiarazione l’ha riportata in quello che ormai è il suo mondo reale. Ore 19.26, Bruxelles, conferenza di  Pierre Gramegna, direttore del Meccanismo europeo di stabilità (Mes),  al termine della riunione dell’Eurogruppo: “Il ministro italiano Giancarlo Giorgetti ci ha fatto sapere che la ratifica italiana sarà discussa al Parlamento la settimana prossima, e molti hanno espresso l’auspicio che questa ratifica sia effettivamente possibile la settimana prossima, perché è veramente molto importante per tutti i Paesi della zona euro”. C’erano una volta i mercati centrali dell’ortofrutta, ora c’è il Mes. 
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.