Il racconto

Il blitz di Schlein alla manifestazione contro i femminicidi, lontana dal palco e dai cori contro Israele

Simone Canettieri

La segretaria del Pd si fa vedere alla manifestazione di Non una di meno al Circo Massimo: "Basta patriarcato, l'Italia è già avanti". Ma dopo un'ora scappa via 

Due rapidi abbracci politici (con Maurizio Landini della Cgil e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri). Dodici selfie (quasi tutti con giovani manifestanti e uno finale con un anziano in carrozzina). Sette abbracci da parte di sostenitori e compagni. Otto dichiarazioni tra agenzie di stampa e telegiornali. Elly Schlein arriva al Circo Massimo per la manifestazione contro la violenza sulle donne organizzata come ogni anno a Roma da "Non una di meno". La segretaria del Pd si muove meccanica, chirurgica, sorridente, ma anche seria al momento di parlare di un tema così importante. Con un immancabile e doveroso tocco armocromatico: un laccio fucsia legato al braccio sinistro.  Premette: "Scusate, ma alle 17 ho un aereo, devo andare subito a Fiumicino". 

Intanto, due ragazze da lontano osservano il circo mediatico: "Ma è la sorella di Giulia Cecchettin?". No.

Inafferrabile per antonomasia, Schlein è "l'una in più". Unica l'unica leader a partecipare alla manifestazione contro la violenza di genere. Dice la dem: "Era importante essere qui, sono qui per Giulia e per le altre. Dobbiamo fermare la mattanza, l'Italia vuole fare un passo in avanti. Basta patriarcato". 

Operazione politica e mediatica riuscita senza incidenti. Toccata e fuga, nemmeno un'ora. Si palesa dopo le 15 – accompagnata dal portavoce Flavio Alivernini e dalla coordinatrice della segreteria Marta Bonafoni, stretta in un caldo cappottino color manifestazione – per andare via verso le 16 infilandosi nell'auto di servizio. In mattinata stava a Perugia, alla festa di Sinistra italiana.

Alla fine della fiera, Schlein c'è. Ma non troppo. Aderisce di persona all'iniziativa di "Non una di meno" contro i femminicidi e la violenza di genere, che alla fine si allarga a una protesta contro il governo Meloni (dalla Cultura ai migranti, passando per il Ponte sullo Stretto, il capitalismo e altro ancora) e contro Israele. 

La segretaria del Pd però si tiene larga sulla fascia: segue il suo personale navigatore geopolitico. Prudente e meticolosa, consapevole della possibile buccia di banana, si piazza dalla parte opposta rispetto al palco montato alla fine del Circo Massimo, direzione Bocca della verità, da dove di tanto in tanto vengono scanditi, fra gli altri, cori come "Israele criminale, Palestina immortale".  Qui l'unica bandiera ammessa, secondo gli organizzatori, è quella della Palestina. Alla fine, va detto, ci sarà anche un riconoscimento (tardivo) a favore delle donne israeliane stuprate lo scorso 7 ottobre da Hamas. Un atto dovuto e scolastico, niente di più, dopo le polemiche della vigilia. Con il comprensibile timore di finire sotto a una bandiera della Palestina o impallata da un cartello contro Israele macellaio, 

Schlein dà quindi appuntamento alla stampa davanti alla sede della Fao, ben lontano dal centro del raduno al Circo Massimo dove nemmeno metterà piede (indossa le affezionate Adidas bianche Stan Smith). "Alle donne serve protezione, ma anche emancipazione economica: ecco perché lottiamo per il salario minimo", dice ai cronisti. 

Il Circo Massimo è pieno, nonostante il freddo che taglia il viso. Le casse pompano la musica di Miss Keta, c'è un clima da Pride. Tantissime giovani donne, trovare capelli canuti è complicato. Avvistato un intabarrato Claudio Amendola. Sensazione percepita: il problema c'è, è sentito ed è capace di mobilitare decine di migliaia di persone ("siamo mezzo milione", diranno le organizzatrici nel consueto gioco dei numeri). Cosa ci azzecchino i cori contro Israele e l'autorizzazione a sventolare solo bandiere della Palestina (ce n'è anche una di Rifondazione) è da capire.

Nel dubbio Schlein non entra nell'arena. Ha un aereo che l'attende. "Grazie per essere qui", le dice una ragazza.  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.