Il caso

Manovra, FI con Lotito sfida Meloni: "Non gioco". E lei avoca a sé anche il Piano Mattei

Simone Canettieri

La premier va  di fretta: venerdì in Cdm anche la governance del piano per l'Africa che finirà a Palazzo Chigi. Intanto la Finanziaria entra nel vivo, Forza Italia è sicura che riuscirà a presentare emendamenti. Renzi dà asilo alle richieste della maggioranza 

Sembra andare di fretta, Giorgia Meloni. Sulla manovra la parola d’ordine è niente scherzi in maggioranza. “Perché il piatto ormai è questo, i saldi pure, e la manovra è come un panino, è inutile chiedere un’altra pietanza: come lo giri, lo giri è sempre un panino”, dice con metafora piacentina, e un po’ bersaniana, Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. Sulla riforma costituzionale idem: l’idea della leader  è di arrivare al via libera in doppia lettura addirittura in un anno, o giù di lì, vista la penuria di articoli della legge costituzionale. Visto che c’è, Meloni mette sul piatto anche il  Piano Mattei che venerdì, nel giorno del Cdm della riforma, vedrà la luce almeno sotto forma di governance.  


In questo elogio futurista del movimento, domani la premier sarà a Londra per una conferenza mondiale con i grandi della Terra sull’intelligenza artificiale. Un vertice che i media anglosassoni hanno ribattezzato “Doom summit”, ossia sostanzialmente il vertice degli scenari da incubo. Ciò che Meloni vuole evitarsi in casa. Ecco perché fino a venerdì, sfruttando quel tunnel sotterraneo che unisce Palazzo Chigi al Quirinale, cercherà di limare il testo della riforma costituzionale per evitare incidenti, malumori o, peggio ancora, richiami da parte del Quirinale. Tuttavia  a tenere banco perché ormai è alla portata di tutti è il panino fotiano. E cioè la manovra che ieri ha fatto capolino per la prima volta in Senato per iniziare, nei piani della premier, un iter blindato e molto veloce (si ritorna all’effetto Giacomo Balla). 


Il problema, com’è noto, viene da Forza Italia rimasta scontenta dall’accordo di maggioranza sul testo finale bollinato dalla Ragioneria  approdato in Parlamento. E che proprio a Palazzo Madama conta sulla coppia Claudio Lotito-Dario Damiani in grado di far ballare la rumba in maggioranza. Specie il primo che è vicepresidente della commissione Bilancio (dove “milita” anche il collega pugliese). E il patron del Lazio – “che sa leggere, scrivere e fare di conto” – sembra molto divertito da questo ruolo, quello dell’ago della bilancia, ma anche del tribuno del popolo. Così ieri ha deciso di mandare messaggi chiari verso il governo. Tipo? “La manovra seguirà un quadro preciso, ma saremo noi a determinare il quadro”.

E ancora: “Io sto qui per la collettività, non per fare favori a qualcuno, altrimenti so farmi molto bene i miei, invece rappresento tutti gli italiani, anche quelli che non mi hanno votato”.

Lotito & Damiani, ormai inseparabili, fanno capire che “potrebbero esserci, eccome, emendamenti alla manovra”. E magari non solo da parte del governo per correggere in corsa la Finanziaria. No, dalle parti di Forza Italia non mollano. Specie in Senato dove la capogruppo è Licia Ronzulli, minoranza agguerrita di FI, che forse nel nome delle battaglie del Cav. (a partire da quelle sulle tasse e sulla casa) sarebbe anche pronta a mettere in difficoltà Antonio Tajani,  che interpreta il doppio ruolo di vicepremier e segretario di Forza Italia. “Il nostro gruppo, compatibilmente con le idee che rappresentiamo, si renderà disponibile a svolgere la funzione di asilo politico per quei parlamentari di destra che vorranno esprimere una loro opinione in materia”, dice  il capogruppo in Senato di Italia viva Enrico Borghi, lasciando aperto l’uscio a qualche manovra renziana pronta a spuntare dietro l’angolo. Sempre dalla prima seduta della Commissione è emersa un’altra notizia che fa sempre pensare  all’inghippo: i parlamentari potranno disporre di un fondo da 100 milioni per poter apportare modifiche onerose al ddl bilancio.  Il dato, annunciato dalla minoranza, è stato confermato da componenti della maggioranza, nonostante l'impegno assunto a non presentare emendamenti. E quindi ci risiamo, insomma. La battaglia è alle porte. “E io mica gioco: mi chiamo Claudio Lotito”, dice ancora il senatore di Forza Italia eletto in Molise. Meloni è convinta che alla fine non ci saranno incidenti e che tutto filerà liscio, con la manovra licenziata dalle Camere per metà dicembre, prima della festa di Atreju. Intanto,  sempre di corsa, vuole mettere la prima pietra al Piano Mattei. Il decreto, in attesa della conferenza con i paesi africani coinvolti rimandata al prossimo anno, serve a istituire la governance del progetto. Scopo della nuova struttura: finalizzare il piano e aggiornarlo costantemente “d’intesa e con il contributo delle nazioni africane in un’ottica di collaborazione reale”. Sarà creata un’unità di missione ovviamente a Palazzo Chigi, togliendo così la cooperazione internazionale alla Farnesina. Dopo il Pnrr, gli sbarchi un altro dossier sarà nelle mani della premier intenzionata ad accentrare tutto sull’unica persona di cui si fida: se stessa. Con il rischio di crearsi lungo la strada più di un ostacolo. Ma ormai gira così: fermarsi per Meloni significa perdersi.
 

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.