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Sviste e mezze verità per celebrare un anno di governo

Valerio Valentini

Imprecisioni e mistificazioni bizzarre nell'opuscolo che celebra il primo anno di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi

Ci sono le sviste più innocenti e le mistificazioni più bizzarre. Le mezze verità e quelle adulterate alla bisogna. E ci sta, figurarsi: ché anche di questo, e non è certo una prima volta, si nutrono gli opuscoli propagandistici come questo appena pubblicato da Fratelli d’Italia per celebrare i supposti trionfi dell’anno di governo di Giorgia Meloni. Semmai, in questo caso, a colpire sono certe presunte astuzie semantiche, certi escamotage da saltimbanco, che nel tentativo di celebrare i risultati illuminano invece le difficoltà dell’esecutivo.

A pagina 3, per dire, ecco la trovata: “Secondo le stime più recenti, nel primo trimestre del 2023, l’Italia è cresciuta più di Germania e Francia e più della media dell’Eurozona”. Che è bizzarro constatare come ci si rifaccia alle “stime più recenti” per fotografare i dati di marzo. Forse, viene da pensare, perché se si citassero le statistiche del secondo trimestre, diffuse ad agosto da Istat e Eurostat, bisognerebbe ammettere che l’Italia arranca, crescendo meno di Francia e Spagna e della media dell’Eurozona. Anzi, decresce: -0,4 per cento. D’altronde, a tradire l’affanno del governo sui temi economici c’è anche il capitolo dedicato al Pnrr. “Il governo Meloni, in un solo anno, ha conseguito tutti i traguardi del 2022”, si legge.

Ma almeno 25 di quei target, a stare alle cifre diramate da Palazzo Chigi, erano già stati centrati dal governo Draghi al momento del passaggio di consegne a ottobre (ma in fondo anche il merito del price cap europeo al gas viene attribuito tutto a  Meloni, nel papello: sempre a proposito di eredità draghiana). Quanto poi al fatto che “l’attuazione degli obiettivi procede senza ritardi, al contrario di quanto vorrebbe far credere la disinformazione della sinistra”, be’ qui basta guardare il calendario: la terza rata, che era prevista per aprile, non è ancora stata liquidata da Bruxelles, mentre il governo esulta in questi giorni per avere ottenuto il via libera alla modifica degli obiettivi della quarta rata che in verità era riferita al primo semestre, cioè a giugno scorso. Curioso, poi, che a pagina 21 si esalti l’impegno del governo sul dissesto idrogeologico senza ricordare che proprio a quella voce si riferiscono molti dei progetti tagliati nella revisione del Pnrr, senza che ancora siano indicate le eventuali coperture alternative.  

Sulla faccenda dei migranti è rivelatrice, invece, la reticenza. Un’intera pagina piena di slogan e buoni propositi (“Tolleranza zero”, “pene più severe”) e neppure un numero. Quelli del cruscotto del Viminale li agevoliamo noi: al 22 settembre, il 2023 fa registrare 132.867 sbarchi, quasi il doppio del 2022 allo stesso giorno (69.498), più del triplo del 2021 (43.756).

Notevoli sono pure le scelte di certi tempi verbali. Alla “Rivoluzione fisco” viene dedicato un capitolo in cui si descrive una riforma che “riscrive completamente l’attuale sistema tributario”, salvo poi specificare che “al fine di ridurre la pressione fiscale, si passerà da 4 a 3 aliquote Irpef”. Si passerà, al futuro. Così come sull’autonomia differenziata, che “garantirà il bilanciamento tra il primato statale e la responsabilità dei governi locali”. In futuro. Chissà.

Già presa è invece la scelta sulla “Carta cultura giovani”, perché “con il governo Meloni torna la cultura del merito e il merito della cultura”. E dunque, ecco, sensazionale,  “uno stanziamento di 19 milioni di euro”. Che però, ma questo non c’è scritto nella brochure, è andato a sostituire uno stanziamento di 230 milioni destinato allo stesso obiettivo con la 18app varata a suo tempo dal governo Renzi.

Anche l’agricoltura regala le sue stranezze. Pur ammettendo che a pagina 11 c’è stato – nell’enfasi della propaganda, si sa – un qualche perdonabilissimo refuso (stando a quanto si legge, sembrerebbe che il governo abbia tutelato le eccellenze del nostro agroalimentare “perdendo i finanziamenti europei per la promozione”), si resta basiti nell’apprendere che con il ddl contro il “cibo sintetico” Meloni sarebbe riuscita a mettere “in salvo 580 miliardi di euro di valore della filiera agroalimentare italiana”. Sì, 580 miliardi: quasi un terzo del pil italiano. Cifra sbalorditiva, e infatti falsa: riguarda una stima fatta da Coldiretti sul fatturato e non – come si dovrebbe fare in questi casi – sul valore aggiunto. Se il cibo sovranista è naturale, la propaganda sovranista è ogm.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.