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da budapest

Torna Meloni vecchia maniera: "Combatto per Dio e famiglia". E Orbán: "Brava Giorgia"

Simone Canettieri

L'intervento della premier al summit sulla demografia di Budapest: "I migranti non risolveranno il declino". Poi attacca la Russia e difende l'Ucraina

Dal nostro inviato a Budapest. E' la Giorgia Meloni vecchio stile, quella del tormentone, tradotto anche in versione Vox spagola, sono una donna, sono una madre, sono cristiana. D'altronde quale miglior occasione di questa: il summit sulla famiglia e la demografia di Budapest. In un intervento di 25 minuti, applaudito dalla sala quattro volte, la presidente del Consiglio e leader dei Conservatori gioca sul velluto: "Serve  una grande battaglia per difendere le famiglie, significa difendere l'identità, difendere Dio e tutte le cose che hanno costruito la nostra civiltà".  E' l'ospite d'onore di questa kermesse tradizionalista e conservatrice. Parla al cospetto di duecento persone, prima di salire sul palco è seduta fra Katalin Novak, con la quale si ferma prima di entrare dieci minuti, e Viktor Orbán, che le fa il baciamano appena la vede.  

"Anni fa ho fatto un discorso che mi ha dato popolarità. Ho detto, mi chiamo Giorgia, sono donna, sono madre, sono cristiana e nessuno me lo può togliere. Questo ha provocato degli attacchi, qualcuno ci ha fatto delle canzoni. Ma gli avversari non hanno capito quanto fossero le persone che hanno ritenuto quelle parole buone".

Meloni vorrebbe cantare "Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest", canzone della destra italiana. Ma in compenso dice: "Quanto accaduto nel mondo sovietico è un monito a non ripetere quell'esperimento, lo stato che si sostituisce alle famiglie. La rivoluzione del '56 non era solo contro un potere straniero ma contro chi cercava di distruggere le basi dell'identità delle persone. Nessuna propaganda di oggi può strappare quelle pagine dalla storia. Lo vediamo anche in Ucraina, non possiamo accettare queste cose".  E questo è un passaggio non banale visti i rapporti fra Budapest e Mosca. 

Il resto dell'intervento gioca con un doppio registro, tra il personale e il politico, tra il ruolo di madre e quello di capo di una nazione, Meloni fa l'ungherese. Elogia il modello locale come risposta alla crisi demografica e piazza poi questa affermazione: "I migranti non risolvono il declino delle nascite". Da qui l'elogio identitario dell'Europa fortezza.  Dopo Meloni c'è l'amico Viktor che la cita dal palco: "Brava Giorgia, dici bene: ogni bambino abbia un padre e la madre". Seguirà fra poco un pranzo rapido nel palazzo presidenziale. 

 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.