21 ottobre 2010, l'allora ministro della Gioventù Giorgia Meloni e il sindaco di Roma Gianni Alemanno (Ansa) 

Il personaggio

Il ritorno di Alemanno: attacca Meloni, lei ordina di ignorarlo, ma i media se lo contendono

Simone Canettieri

E' l'estate dell'ex colonnello della destra sociale tra il libro di Vannacci, il pacifismo e De Angelis: "Mi davate per morto, eh? A ottobre decido se fondare un partito"

“Sì, è per un’intervista? Adesso sono al Meeting di Rimini. Finisco di ascoltare Mantovano e ci risentiamo, ok?”. Gianni Alemanno  è ovunque. E’ la sua estate. Accendi la tv. Apri i giornali. Scrolli i social network. C’è una polemica, e c’è lui. Scorta il folgorato generale scrittore Roberto Vannacci e dà lezioni di destra sociale a Giorgia Meloni e di moralità a Guido Crosetto. E poi ricorre alla magistratura in favore degli “esodati” del Reddito di cittadinanza, ma difende anche l’amico, ex Terza posizione e poi parlamentare del Pdl, Marcello De Angelis quando sulla strage di Bologna dice ciò che tutta la destra pensa, ma non potrebbe più dire. E’ poi il pacifismo, l’antiamericanismo sandinista (c’è chi se lo ricorda ancora ad Anzio e Nettuno a una manifestazione violentissima contro la guerra in Iraq di Bush padre). Trotskista di destra. Alemanno, Aledanno, Lupomanno:  famiglia benestante pugliese, 65 anni, ingegnere, già leader in mimetica del Fronte della gioventù, sezione Somma Campagna, responsabile economia del Msi, colonnello finiano, ministro dell’Agricoltura, sindaco sventurato della capitale (con lunga coda giudiziaria terminata alla fine solo con  una condanna a 22 mesi). Fa ancora parte della fondazione di An. Ha una sorella, Gabriella, nominata dal governo commissaria della Consob, un’ex moglie Isabella Rauti (figlia dell’ordinovista Pino) sottosegretario alla Difesa con passato come riservista alla Nato, una compagna Silvia Cirocchi portavoce del ministro Nello Musumeci, un nipote che lavora con il viceministro Maurizio Leo. Squilla il telefono. E’ lui: “Mi davate per morto eh?”.

      
“Quando scoppiò la guerra in Ucraina e mi schierai su una posizione diversa da quella di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni mi disse: per te da noi non c’è spazio. E così alle politiche ho votato Italexit di Paragone”.

 

 

“Il fatto è che Gianni rischia di farsi usare dai giornali di sinistra come fecero con  Fini. Non credo che riuscirà a prendere il 4 per cento alle Europee, così come il mio movimento Italexit”, dice appunto Paragone, anche lui in libreria con un testo alla Vannacci (“Moderno sarà lei”). 

 

16 aprile 2011, l'allora ministra della Gioventù Meloni e l'allora sindaco capitolino Alemanno (Ansa) 
  

I colonnelli di An dicono che Gianni è sempre stato così irrequieto, ma che ora ha più citazioni sui giornali che voti. “Ma ha il virus della politica”, apre le braccia Maurizio Gasparri, big di Forza Italia. “Io faccio il giornalista e non sono in combutta con Gianni: domani lo scrivo sul mio giornale”, anticipa Francesco Storace, vicedirettore di Libero, già ministro e governatore del Lazio e soprattutto gemello di Alemanno nella destra sociale con uno strepitoso dono della sintesi (spesso in romanesco). Giorgia Meloni in queste ore ha dato ordine ai suoi fedelissimi di “ignorare Alemanno”. Non dargli spago, non rispondergli. Per il cerchio magico meloniano è “pulviscolo extraparlamentare”. In Via della Scrofa, sede di FdI, nessuno crede che Salvini potrà candidarlo alle Europee, nonostante il pissi pissi,  “altrimenti sarebbe guerra aperta”. Epperò l’alpinista che scalò il K2 con al collo la croce celtica dell’amico martire Paolo Di Nella (“e fatta benedire al Santo Sepolcro in Israele”) è in ebollizione.

 

Lo scorso 30 luglio ha riunito a Orvieto una trentina di sigle di destra-destra (anche un po’ filorusse e reduci da battaglie antivacciniste e no green pass) per il Forum dell’Indipendenza italiana, incubatore di una cosa rossobruna (o nera pece) che forse nascerà a ottobre. L’istituto demoscopico Noto ha detto che c’è uno spazio del 10 per cento a destra di Meloni. “E pensa se entrassi anche io: arriveremmo al venti”, scherza Storace. “Io sono un pungolo, non mi sento il Fini della Meloni, non voglio che il governo cada”, dice Alemanno, prima di concedere un’altra intervista, andare in tv, fare un tweet. E’ la sua estate.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.