La premier e il professore

Meloni e l'ingegner Giavazzi: "Vuole intimidirci con i suoi pizzini"

Carmelo Caruso

Critico sul Pnrr, sulla tassa extramargini varata dal governo Meloni, per FdI, l'ex consigliere del governo Draghi è "il difensore delle banche". L'incompatibilità tra due mondi

Aiuto, Giavazzi! Lo temono più dello spread. Al governo Meloni, per ridimensionarlo, lo chiamano ora “l’ingegner Giavazzi”. E’ laureato in ingegneria elettronica, ma insegna Politica economica alla Bocconi. Le sue analisi economiche, sul Corriere della Sera, sono definite, da FdI, “pizzini”, il severissimo parere sulla norma extraprofitti, apparso sempre sul Corriere, è “la prova che siamo sulla giusta direzione”, perfino gli articoli (critici) sul Financial Times e il giudizio dell’agenzia Moody’s (negativo) “non sarebbe che una sua manovra per intimidirci. E’ chiaro”. Per economisti, banchieri centrali, operatori finanziari è il professore Francesco Giavazzi: l’autorità italiana del pensiero liberale. Allievo della Scuola di Chicago, quella di Milton Friedman; simpatie radicali, pannelliane, editorialista dalla scrittura luminosa come lo era  Luigi Einaudi autore delle Prediche Inutili. Giavazzi equivale a un’università e a una città: Bocconi e Milano. Il governo Meloni, da sempre, predilige la Luiss e Roma. E già da questo si capisce molto sulle ragioni di incompatibilità tra Meloni e Giavazzi, incompatibilità rivendicata da FdI: “Vedete? Gli economisti come Giavazzi rompono il silenzio sulle banche. Potevano farlo sul salario minimo e invece si muovono solo quando tassano le banche. Noi siamo diversi”. Per anni, prima della scomparsa dell’amico, e collega, Alberto Alesina, il professor Giavazzi era uno di due: Alesina e Giavazzi. Entrambi sono una parte di storia del Corriere: pagine di mercato, libera impresa, debito e prudenza. Senza esagerare: un suo ciglio (Giavazzi le ha forti e folte) fa cambiare una manovra finanziaria, una sua virgola spaventare un governo. Salvo che al governo non ci sia lui. Nello scorso, Mario Draghi (con cui Giavazzi condivide un’amicizia sincera e speciale) gli aveva consegnato i dossier economici: Pnrr, legge sulla concorrenza, nomine delle partecipate. E’ da allora che FdI ha cominciato a dare un volto ai poteri forti, alle grandi banche internazionali, ai giornali  anglosassoni. Quel volto era il suo: “E’ l’anima nera”. Che poi, i neri, a dirla tutta… Se oggi parlate con i pensatori di Meloni, che hanno ritagliato la frase di Giavazzi sulla tassa Meloni (“una tassa sbagliata tecnicamente perché distorce l’allocazione del credito”) vi dicono che “l’ingegner Giavazzi parla perché desidera stare ancora a Palazzo Chigi”, che la tassa sugli extraprofitti (delle società energetiche) non è nuova ma “l’ha promossa proprio lui”, senza tenere conto “che lo stadio di Firenze, all’interno del Pnrr, bocciato dalla Commissione Europea, ce lo hanno messo loro, Draghi e Giavazzi”. E non finisce. Quando in FdI, e non solo, leggono, come hanno letto, il 30 marzo 2023, a firma Giavazzi, che “spostare in là le scadenze del Pnrr è da evitare perché ritardare non è nel nostro interesse”, replicano: “La lezioncina da lui? Da Giavazzi?”. In quei giorni di marzo (giorni in cui il governo Meloni parlava di ritardi accumulati da Draghi) Giavazzi, che in televisione, nella vita, sarà andato forse una volta o due, accetta l’invito di Lucia Annunziata in Rai. Si dice lo abbia fatto su suggerimento di Draghi, come si dice pure che, in quei giorni, Meloni e Draghi abbiano avuto un colloquio telefonico chiarificatore. E’ semplice: chi ha fatto parte del governo Draghi non accetta di essere tirato per il Pnrr, chi oggi non riesce a venirne a capo  dice: “Ci sembra che il ritardo sulla terza rata del Pnrr sia stato causato dal mancato raggiungimento dell’obiettivo sugli alloggi universitari da parte del ministero dell’Università, ministero dove c’è una continuità tra il passato governo e nuovo. A capo degli uffici sono rimaste figure che hanno ricoperto importanti incarichi nell’esecutivo Draghi”. In questa maionese finisce dentro pure Giancarlo Giorgetti. I  suoi nuovi compagni di governo (Giorgetti era ministro dello Sviluppo economico con Draghi) fanno notare: “E per fortuna Draghi e Giavazzi ti erano amici. Ci spieghi perché dovremmo mandare Daniele Franco alla Bei (ex ministro dell’Economia di Draghi) dato che  gli amici di Franco ci attaccano?”. E se proprio si vuole continuare, e FdI, ha tutta intenzione di continuare, “è un caso che chi lavorava nello staff di Draghi sia finito a lavorare a Unicredit?” e ancora “è un caso che le grandi banche siano contro la nostra tassa?”, ed è un caso che “noi di FdI non abbiamo bisogno di pensatori come Giavazzi?”. Piccolo segreto: Giavazzi ha una passione per i panama Borsalino. Professore, noi l’abbiamo avvisata. La prossima tassa di governo sarà sugli extraprofitti di chi le vende i cappelli.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio