lo scontro

Sindaci e governatori (anche di destra) protestano sul Pnrr. Fitto prende tempo, l'Ue chiederà chiarezza

Valerio Valentini

Quali sono i parametri in base ai quali si è deciso che alcuni progetti sono irrealizzabili? E con quali risorse si finanzieranno le opere escluse? E i fondi delle regioni verranno salvaguardati? Sono le domande fatte al governo dall'Anci di Decaro, ma anche da Zaia e Fedriga. E il ministro meloniano dovrà dare loro le stesse risposte che anche la Commissione chiederà

Per Antonio Decaro, la faccenda è politica. “Dovendo tagliare, al governo hanno deciso di tagliare sui progetti dei comuni – dice il sindaco di Bari e presidente dell’Anci – confidando sul fatto che il ministero da cui quei progetti dipendono, e cioè il Viminale, non avrebbe fatto granché per difenderli”. Ma anche per Marco Marsilio la questione è politica. “La verità è che questo piano è stato scritto coi piedi da Conte e solo parzialmente raddrizzato da Draghi e oggi lo stiamo aggiustando”, dice il presidente abruzzese, che da pretoriano meloniano – era il Lungo, nella falange di Colle Oppio – difende le scelte di Raffaele Fitto. “Se non lo facessimo per evitare polemiche oggi, fra due anni pagheremmo decine di miliardi”. Come che sia, il travaglio di Giorgia Meloni, e del suo ministro per gli Affari europei, è che molte delle risposte che sindaci e governatori delusi pretendono da Palazzo Chigi, molte delle contestazioni che sollevano, coincidono con delle ambiguità che andranno chiarite anche alla Commissione. Che proprio ieri ha ricevuto il dossier con le richieste di modifica del Pnrr, e che nei prossimi giorni avvierà dei controlli che dureranno mesi. Ed è sui tempi lunghi di quella trattativa che andrà gestito, e possibilmente stemperato, anche il malcontento degli amministratori locali. E non solo quelli di centrosinistra, se è vero che nella riunione di ieri una delle critiche più puntute l’ha fatta il leghista Luca Zaia.

Sono “tagli sartoriali”, quelli che chiede il presidente veneto. Spiegando che “la mannaia non serve”: che insomma la revisione del Pnrr non debba basarsi sugli stralci di interi capitoli di spesa, ma “in ognuno di quei titoli dovremmo andare a vedere, davvero, cosa è fattibile e cosa non lo è”. E certo se il governadòr ha sollevato, con toni garbati, queste obiezioni durante il vertice convocato da Fitto per discutere delle modifiche al Piano, lo ha fatto per rivendicare l’efficientismo della Serenissima, per dire cioè che la sua regione sarebbe pronta non solo a completare nei tempi previsti alcuni dei progetti che vengono ora rimossi dal Recovery, ma anche ad assorbire quelli che altre terre non sanno completare. E però finisce, così, per legittimare le critiche di altri colleghi, e questi sì predisposti alla battaglia politica. Michele Emiliano, ad esempio, le revisioni al Piano giura di non comprenderle proprio: “Vorrei sapere perché abbiamo stabilito che sulla decarbonizzazione dell’Ilva abdichiamo ai nostri impegni, e lo stesso sulle ciclovie e sulla Napoli-Bari: chi lo ha stabilito che non ce la facciamo?”. 

Una rimostranza che è la stessa avanzata da Decaro. Il presidente dell’Anci, che aveva già chiesto al Viminale questi dati senza avere risposta, ha rinnovato a Fitto la richiesta di chiarire “sulla base di quali parametri oggettivi” si sono misurati i ritardi nell’attuazione dei progetti. Pretesa, questa, che verosimilmente verrà condivisa anche dai funzionari della Commissione, tanto più che nell’ultima sessione di incontri operativi, durante le ispezioni svolte a Roma nel giugno scorso, s’erano sentiti rassicurare dall’Anci sul buono stato di avanzamento dei lavori delle opere a loro assegnate. E siccome quasi 13 dei 16 miliardi di tagli al Pnrr vengono da lì, dai vari piani in capo ai sindaci, bisognerà che sul punto a Bruxelles Fitto fornisca risposte più chiare di quelle che ieri ha dato, senza darle, a De Caro.

Così come maggiore chiarezza dovrà fare, il ministro, sulle risorse sostitutive. Che è poi la sostanza delle perplessità evidenziate anche dal Centro studi di Camera e Senato. Come verranno finanziati quei progetti esclusi dal Pnrr? Fitto ieri ha ribadito quel che già aveva spiegato: e cioè che si attingerà ai fondi europei di sviluppo e coesione e al Piano di riforme complementari, sostenuto da 30,5 miliardi di soldi italiani. Però, quando i governatori hanno chiesto “i dettagli”, il ministro s’è schermito: “E’ presto per addentrarci in queste questioni”. 

Sarà. Solo che nel frattempo l’incertezza alimenta i malumori. E non solo, come detto, quelli strumentali delle opposizioni. E a dimostrarlo sta il fatto che la vaghezza degli impegni sui Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) in rapporto al Pnrr era segnalata anche in un documento assai critico che Massimiliano Fedriga, a nome della Conferenza delle regioni, giovedì scorso ha inviato a Fitto. “Assicurare che il rifinanziamento degli interventi definanziati dalla proposta di revisione del Pnrr e del capitolo RePowerEu, avvenga a valere sulle quote Fsc di parte nazionale”: che insomma non si mettano le mani nelle tasche delle regioni, questo era uno dei quattro punti sollevati dai governatori, tutti inerenti le incognite sugli Fsc e i loro utilizzo, specie perché l’iter complesso che Fitto ha scelto di seguire prima di acconsentire all’assegnazione effettiva di quei fondi non può “consentire di iscrivere le somme in bilancio e accelerare l’avvio dei programmi”. E a quanti si sono meravigliati per la fermezza di Fedriga, ai parlamentari che lo hanno contattato domandandogli, maliziosi, se dietro quella fermezza non ci fosse un mandato politico assegnatogli da Matteo Salvini per indispettire Meloni e Fitto, il leghista friulano ha replicato con la nettezza di chi sa che “il mio, come presidente della Conferenza delle regioni, non può che essere un ruolo istituzionale, di mediazione certo, ma di mediazione condotta con serietà”: che insomma non si può pretendere che sia lui a disinnescare la rabbia dei colleghi governatori, che poggia in buona parte su obiezioni di merito. E chi un po’ lo conosce, Fedriga, sa ad esempio che anche i modi, per lui, contano: e che dunque non deve avere gradito, dopo aver lamentato uno scarso coinvolgimento delle regioni nel processo di revisione del Pnrr, che il dossier con le richieste di modifica del Piano sia stato inviato a Bruxelles prima ancora che la riunione tra Fitto e i governatori avesse luogo. 

Di più su questi argomenti:
  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.