editoriali

Il passettino della delega fiscale

Redazione

Bene, ma c’è poca ambizione e niente tagli alle tasse. Cioè niente crescita

La delega fiscale ha finalmente ricevuto il via libera del Parlamento. La riforma che avrebbe dovuto essere il manifesto del governo Meloni appare, se non zoppa, quanto meno di debole ambizione. Lo si deduce da un paio di commenti. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo: “Noi vogliamo addolcire la curva delle aliquote, incominciando da tre aliquote, per poi arrivare gradualmente verso la flat tax”. Il deputato del Terzo polo, Luigi Marattin: “Il nostro voto favorevole è dovuto al fatto che questa delega ricalca in toto il lavoro parlamentare fatto nella scorsa legislatura, poi confluito nella delega Draghi”. Tra le due dichiarazioni c’è più consonanza di quanto possa apparire.

 

Intendiamoci: nella delega ci sono aspetti molto positivi. L’abolizione dell’Irap, la razionalizzazione delle spese fiscali e la revisione delle aliquote Irpef sono promesse importanti. Sotto questo profilo, l’esecutivo merita un’apertura di credito, perché vi sono le condizioni per restituire all’Italia un sistema tributario migliore. Ma tra questo e la riforma radicale che il paese attende da tre decenni ce ne passa. Ed è significativo che si sia scelto (come dice Leo) di rimandare la flat tax e (come aggiunge Marattin) di ricalcare nella sostanza il compromesso che, nella scorsa legislatura, andava bene perfino a Dem e pentastellati.

  

Il vero punto qualificante della delega è che non dovrà avere oneri per l’erario: cioè potrà comportare una redistribuzione, magari virtuosa, del carico fiscale, ma non una sua riduzione. Senza tagliare le tasse si può avere un fisco migliore ma non una riforma che sappia davvero stimolare la crescita. Ma non si possono tagliare le tasse senza tagliare la spesa. Va anche detto che, come ogni delega, ma più di altre, anche questa è talmente generica da lasciare al governo molta discrezionalità.

 

La domanda a cui solo col tempo potremo rispondere è la seguente: è la delega o il governo a mancare di ambizione? Nel primo caso, Palazzo Chigi – se vuole – potrà stupirci. Nel secondo, vale quello che Alessandro Manzoni diceva del coraggio.

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