Salvini lancia la guerriglia di logoramento a Meloni. Ma finisce per azzuffarsi con Tajani

Valerio Valentini

Il tabù di Macron e la rinnovata intesa con Le Pen. "Non credo che Giorgia preferisca Emmanuel a Marine", maligna il capo leghista. Che inaugura la campagna elettorale per rovinare il viaggio della premier a Varsavia. L'incognita polacca e quella spagnola: che fare con Vox? E il meloniano Cirielli: "A destra ci sono dei filo putiniani"

Ignazio La Russa, col tono di chi la sa lunga, era stato facile profeta: “Ce ne dovremo aspettare di ogni tipo”. Lo diceva ai suoi senatori patrioti in riferimento alle frecciate, un poco velenose e di certo ambigue, dei colonnelli leghisti intorno all’affaire Santanchè. Forse però neppure il presidente di Palazzo Madama s’aspettava che le cordiali ostilità a destra, in vista delle europee, s’aprissero così presto. Ma c’è un motivo se Matteo Salvini ha voluto accendere la miccia proprio alla vigilia del viaggio di Giorgia Meloni a Varsavia.

Perché non è solo, come dice un ministro meloniano, che il capo del carroccio “ha estremo bisogno di trovarsi nuovi spazi e nuove narrazioni, sennò alla campagna elettorale ci arriva senza acqua in cui nuotare”. Il punto è anche che, per Salvini, “Meloni non può pensare di essere tutto e il suo contrario”, dice un deputato leghista. E così, nelle stesse ore in cui la premier al Consiglio europeo di venerdì scorso prendeva per la prima volta le distanze da Mateusz Morawiecki, oltre che da Viktor Orbán, ecco che i vertici del Carroccio a Bruxelles tornavano a riattivare i contatti coi polacchi del PiS. “Perché non è possibile che la leader dei Conservatori confuti la linea del partito europeo che dirige”, sbuffa un europarlamentare leghista. E sì che Meloni, meno di dieci giorni fa, a Roma, è stata rieletta all’unanimità presidente di Ecr. E come suoi vice, manco a dirlo, un deputato polacco del PiS, Radoslaw Fogiel, e un europarlamentare spagnolo di Vox, Jorge Buxadé, che ha subito commentato parlando di legami, quelli tra gli alleati di Ecr, “inscindibili”.

Che lo siano davvero, inscindibili, è l’incognita che Meloni dovrà chiarire, forse girandoci attorno anziché scioglierla davvero. A partire dal suo viaggio a Varsavia di domani, in vista delle importanti elezioni d’autunno in Polonia, vero cruccio per la leader di FdI. Prima di allora, però, si vota in Spagna. E a Madrid, Santiago Abascal attende ancora una risposta da Meloni: verrà a sostenere gli alleati di Vox? “Non è abitudine non fare tutto ciò che si può per aiutare un partito alleato”, spiega, con una doppia negazione che tradisce una certa cautela, Antonio Giordano, deputato della Fiamma che di Ecr è segretario generale. “La riconferma  all’unanimità dei vertici del partito europeo dimostra il desiderio di lavorare insieme. Con Vox e PiS c’è ancora strada da fare insieme, poi la politica definirà le traiettorie”, dice.

Ora, è in questo travaglio sottaciuto che Salvini prova a infilarsi. Con una baldanza che anche ad Antonio Tajani deve sapere un po’ di testardaggine. “Io gli faccio un assist, dicendo che con la Lega si può costruire un’alleanza in Europa, ma non con Le Pen e AfD: non è difficile da capire”, si sfoga coi suoi parlamentari il ministro degli Esteri, che ieri è tornato a battibeccare a distanza, sul tema, col collega vicepremier. Che, rispetto alle precisazioni del neo presidente di FI, non nasconde l’irritazione coi suoi, rievocando non a caso, per contrasto, “lo spirito federatore del Cav.”.

Ma il punto è che il ministro dei Trasporti ha individuato il detonatore della sua campagna elettorale: Emmanuel Macron. Le proiezioni che il leader della Lega si è fatto preparare dai suoi collaboratori hanno confermato che no, l’ipotesi di un accordo ristretto ai soli Popolari e Conservatori non ha alcuna possibilità di stare in piedi a Bruxelles. E dunque, a quel punto, l’alternativa sarà – almeno nei posizionamenti preelettorali, poi chissà – tra l’estrema destra di Id, quella che Salvini rappresenta, e i centristi di Renew. Rinnovare l’intesa con Marine Le Pen, cioè con la rivale di Macron, serve a questo. A chiedere a Meloni se sta “con noi o contro di noi”, insomma. “Mai la Lega andrà con la sinistra e i socialisti e non accetto veti sui nostri alleati”, ha convenuto ieri Salvini durante la videocall con Le Pen e il suo braccio destro, Jordan Bardella, a cui ha partecipato anche il capogruppo di Id a Bruxelles, il leghista Marco Zanni. “Del resto, immagino che né Meloni né Tajani avranno problemi a dire che preferisce Marine a chi, come Macron,  insulta costantemente l’Italia”, dicono i confidenti più stretti di Salvini.

I quali sanno, però, che in verità la premier, posta di fronte alla scelta, scarterà senza dubbio l’ipotesi Le Pen, specie se questa si accompagna all’idea di un avvicinamento a quelle componenti di Id – prima fra tutte la tedesca AfD – a cui Salvini rinnova lealtà. “Oggettivamente ci sono forze di destra europee che sono antieuropeiste e sopratutto filo putiniane. Dubito che con queste ci possa mai essere accordo”, spiega, non a caso, Edmondo Cirielli, viceministro meloniano degli Esteri. Per il quale, comunque, la suggestione salviniana di un’aggregazione preelettorale è alquanto azzardata. “Ognuno farà la sua campagna elettorale, poi si costruirà a Bruxelles una piattaforma comune per dare una maggioranza di centrodestra”. La campagna elettorale, ecco. Salvini l’ha lanciata ieri dicendo che “contro i veti tra alleati andrò in fondo: o tutti o nessuno”. Il vessillo della coerenza, stavolta, sarà lui a brandirlo. E l’ansia sulla stabilità del governo, quella tocca a Meloni.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.