La nuova Lega

Salvini d'oro: Ponte sullo Stretto, sud, Ppe. Il partito è con lui (e pure Luca Morisi)

Carmelo Caruso

Cerca una sua via sia in Italia sia in Europa. Sfrutta le difficoltà di FdI. Al suo fianco sarebbe tornato il vecchio ideologo. Punta su Campania e Sicilia per recuperare voti

Ha tre sceneggiature politiche pronte: se ne gira anche solo una è Matteo Salvini, Leone d’oro. Il kolossal che insegue è “Ponte sullo Stretto”, il film nazional-popolare, che vuole realizzare, è “Lega, bentornato sud”, mentre il film d’autore è “Europa 2024”, sottotitolo, “la difficile, ma non impossibile convergenza con il Ppe”. In Veneto e Piemonte, i suoi aiutanti alla regia, Molinari e Stefani, sono stati appena riconfermati segretari regionali. Luca Morisi, con discrezione, sarebbe tornato a collaborare, e pensare, per la Lega. Come Fellini, in 8 ½, Salvini è ora il soggetto del suo stesso film. La sua incessante ricerca, la ricerca di un Salvini dopo Salvini, è già il suo capolavoro.


Dunque adesso si può dire: aveva ragione lui. Aveva ragione Salvini quando ripeteva ai giornalisti, anche i più severi, ai più infiammati, quelli con il sangue agli occhi, che “in realtà nessuno vuole fare il segretario della Lega tranne me. Nessuno. Io ci metto tutto”. Massimiliano Fedriga sta benissimo nella sua Trieste, Luca Zaia ha tutta l’intenzione, e lo ha dichiarato, di candidarsi ancora (terzo mandato permettendo), presidente del Veneto, che per lui, è sul serio “il meglio che posso desiderare dalla vita”. L’ultimo, Giancarlo Giorgetti, chiede alla vita di non dargli impicci. Oggi la leadership del segretario della Lega è nuovamente l’indiscutibile di partito tanto che Alberto Stefani, neo segretario della Liga Veneta, prodigo di auguri, prevede, per Salvini, “altri cinquant’anni da segretario”.

 

L’unico che coltiva, ancora, legittime aspirazioni è Riccardo Molinari, il capogruppo della Lega alla Camera, l’attore giovane, ma sempre su copione del regista Salvini. E infatti bastava guardare ieri le dichiarazioni del “maestro” Salvini, metterle a confronto con quelle dei giorni precedenti, per accorgersi di quanto possa essere straordinario il recitare, stare sul palco,  essere uomini sempre nuovi e diversi, in contraddizione, ma pur sempre nello stesso corpo. C’è, a seconda dei giorni, chi garantisce che il Salvini che vuole il Mes sia già spia di una Lega che si sposterà a destra, ma poi, e si prenda ancora ieri, c’è un Salvini che dice: “Rispetterò le scelte della maggioranza. Condivido le parole di Giorgia Meloni: di Mes se ne può parlare tranquillamente in autunno”. E lo stesso vale per i suoi vice.

 

Un giorno, Molinari invita Daniela Santanchè a riferire in Aula, ma il giorno successivo suggerisce che “sceglierà Santanchè in libertà”. Che ci sia o meno la sapienza di Morisi (e a Milano dicono ci sia nuovamente) non intacca, per nulla, questa ricerca di nuovo senso, così come di nuovi elettori da parte di un leader la cui vera forza è stata il fiasco. Salvini, probabilmente, benedirà tutta la stampa che lo ha dileggiato, fortificandone di fatto la tenuta, l’umore, quello che, troppo spesso, si guasta, a Giorgia Meloni (basta un Riccardo Magi). Sono passati ben dieci mesi da quando si era  dato per finito Salvini. In dieci mesi, Salvini ha mantenuto il nord, anche grazie al galantuomo Attilio Fontana. Alla Sanità, sempre in Lombardia, l’assessore Guido Bertolaso, sta facendo cosi bene,  al punto che la premier  lo vuole “scippare” ai lombardi, e al suo presidente, per nominarlo commissario in Emilia. Il sud è invece quello sterminato territorio che, secondo Salvini, è possibile recuperare con il Ponte. E non è un effetto scenico.

 

Salvini è davvero convinto che la prima pietra, anche solo la posa, possa incantare Scilla e Cariddi, fargli recuperare consenso, permettergli una risalita, perché pensa (ha richiamato Pietro Ciucci come ad della società Ponte sullo Stretto): “Cambierà il racconto. Dimostreremo a tutti che l’impossibile è possibile”. Non è quindi la destra la sua terra promessa, ma il sud, la calce del ponte, e un nuovo tetto in Europa. In Sicilia, molto presto, nella Lega ci sarà, non a caso, un avvicendamento. Il senatore, messinese, Nino Germanà, dovrebbe essere nominato segretario regionale. In Calabria, ogni giorno, Salvini chiama invece il vice di Molinari, Domenico Furgiuele, e lo sprona a spiegare che l’autonomia differenziata sarà “la medicina del Mezzogiorno” perché “non deve passare come una battaglia esclusiva del nord”.

 

In televisione, Gianluca Cantalamessa, senatore campano, è sempre più ospite, mentre il neo deputato Attilio Pierro, altro campano, si fa valere in commissione Agricoltura che è il vero asset di FdI insieme al Turismo. E’ vero, resta l’Europa dove la Lega deve trovare alloggio, una casa. L’idea di Salvini è lavorare a un gruppo Identità e democrazia riformato. Una volta allontanate le punte estreme (punte estreme che ha pure Meloni nel suo gruppo, basta pensare agli spagnoli di Vox) per la Lega potrebbe essere più semplice trattare un’alleanza con Manfred Weber. Per carità, sono idee, possibilità, e come nei film di Fellini c’è di mezzo tutto, ma come in 8 ½ di Fellini, c’è in questa Lega, e nel suo leader, la confusione creatrice, il rinascere in qualche modo sulle note di Nino Rota: maestro, musica!

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio