"Nessuno mi ricatta"

I fantasmi di Meloni: FI senza guida, le mosse di Renzi, la grana Mes

Simone Canettieri

Sabba su Palazzo Chigi: la premier torna dal bilaterale con Macron e scoppiano i problemi  nella maggioranza e nel governo. Guerra di nervi e sospetti

Almeno l’hanno fatta rientrare da Parigi, questa volta. Sul Def infatti la maggioranza andò sotto mentre la premier stava varcando la porta del civico 10 di Downing  Street per incontrare Rishi Sunak. Ieri Giorgia Meloni non ha avuto nemmeno il tempo di metabolizzare “l’ottimo bilaterale” con Macron, e di sintonizzarsi sull’arrivo di Lula, che è stata raggiunta da un’ondata di problemi con la sua maggioranza. Nel volgere di poche ore, grane, preoccupazioni e  fantasmi  hanno bussato a Palazzo Chigi. La ratifica del Mes, i dubbi su Giancarlo Giorgetti e le rogne della Lega, la tenuta parlamentare di Forza Italia orfana di Silvio Berlusconi e i segnali di Matteo Renzi. Per la prima volta in sette mesi i pianeti del governo e quelli della maggioranza appaiono disallineati. 

Il ko in Senato sul dl “Lavoro” ha messo in luce il dilemma su cui Meloni da dieci giorni si interroga: reggerà Forza Italia senza il Cav.? Come sarà la navigazione, soprattutto a Palazzo Madama dove la capogruppo è Licia Ronzulli, del partito azzurro?

Le assenze di Dario Damiani e Claudio Lotito, tra superficialità e rivendicazioni politiche, raccontano il caos che tanto teme Meloni. Quello di ritrovarsi un alleato che sembra la pallina impazzita   del flipper. Un partito non gestibile né guidabile con il neo presidente Antonio Tajani spesso all’estero per motivi di lavoro. E’ lo scenario Zattera della Medusa: tutti contro tutti, senza disciplina. Il titolare della Farnesina lo chiama “incidente di percorso” e però è arrivato a pochi giorni dall’accorata lettera di Luca Ciriani, ministro meloniano per i Rapporti con il Parlamento, alla maggioranza in vista del tour de force estivo con sei decreti da convertire. E invece, tac: ecco l’inciampo, protagonisti proprio gli azzurri. Di questa faccenda c’è poi un altro corno che ha fatto saltare la mosca al naso della premier: la mossa di Matteo Renzi. In Commissione Silvia Fregolent, fedelissima dell’ex premier di Rignano, ha votato contro la maggioranza. Senza fornire sponde che in passato Iv non ha lesinato al governo, forte del motto “noi facciamo una opposizione nel merito e non strumentale”. Questa volta non è andata così.  E Renzi ha fatto arrivare a Palazzo Chigi un segnale inequivocabile: posso farvi ballare, ora che FI non ha un timone solido. Dinamica che Meloni ha ben chiara e tanto che a Palazzo Chigi da sempre le sentono ripetere che “non mi fido di Matteo”. Figurarsi ora. In questo clima di sospetti e paranoie ci si è messo anche il Mes. Sempre nella stessa giornata la presidente del Consiglio è andata su tutte le furie davanti al cortocircuito causato dalla relazione del capo di gabinetto del ministero dell’Economia Stefano Varone.

Hai voglia a ripetere, come spiegano nel governo, che “è una semplice risposta tecnica, non è una lettera che ha una decisione politica e che quella arriverà a tempo debito, dopo normali consultazioni nella maggioranza e in parlamento”. I dubbi su Giancarlo Giorgetti hanno preso consistenza dalle parti di Palazzo Chigi, anche perché in fin dei conti una certa patina di draghismo accompagna da sempre il titolare di Via XX Settembre. Fatto sta che la vicenda non è stata presa sotto gamba da Meloni e ha mandato in commissione Esteri, dove è scoppiato il caso, il suo consigliere economico Renato Loiero e il ragioniere generale Biagio Mazzotta. Uno scollamento che ha attraversato anche la Lega riproponendo, in controluce, il dualismo tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, “il mai Mes” contro il pragmatismo del ministro dell’Economia, pressato dall’Europa. Su questo fronte la leader della destra italiana non può che troncare e sopire: dunque oggi il testo base sarà approvato in Commissione e poi si cercherà di fare in modo che il 30 giugno non approdi alla Camera.

Un voto contrario, nei giorni in cui sarà a Bruxelles per il Consiglio europeo, sarebbe complicato da gestire. Dunque si farà di tutto per rinviare la pratica con una serie di escamotage legati al calendario parlamentare già di per sé molto ingolfato. Si potrebbe far partire l'iter e poi dare parere contrario al mandato al relatore. Oppure chiedere, qualora non ci fosse un parere favorevole ad un testo, il parere della giunta per il regolamento e prendere ulteriormente tempo. La maggioranza in ordine sparso, le mosse di Renzi: troppi fantasmi si agitano sopra Palazzo Chigi al punto che in molti giurano di aver sentito dalla bocca di Meloni quel “io non sono ricattabile” che pronunciò all’inizio della legislatura nei confronti di Berlusconi. Un avviso ai naviganti che torna d’attualità in questo sabba.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.