Il caso

Antimafia, Meloni tira dritto: la presidenza della commissione a Colosimo

Simone Canettieri

La deputata di FdI è finita nelle polemiche per una foto del 2015 insieme all'ex Nar Ciavardini. La premier dal G7 insiste: il nome non cambia. Martedì il voto segreto

"Non si cambia nome: è una questione di merito e di metodo". Dal G7 in Giappone Giorgia Meloni si è dovuta occupare anche della Commissione Antimafia. E soprattutto del caso di Chiara Colosimo. La deputata di Fratelli d'Italia, vicinissima alla premier, è da giorni al centro delle polemiche per via di una foto che la ritrae sorridente al fianco dell'ex terrorista nero dei Nar Luigi Ciavardini. Un'instantanea scattata nel marzo del 2015 durante una cena organizzata per raccogliere fondi per i detenuti di Rebibbia a cui partecipò anche Marta Bonafoni, consigliera regionale e big della segreteria Pd guidata da Elly Schlein. La notizia è stata data da Report domenica scorsa e subito ha scatenato le reazioni delle associazioni delle famiglie delle vittime di mafia e di stragi: "Colosimo non può presiedere la commissione per una questione di opportunità".  

Il caso ha scosso Fratelli d'Italia. Nel senso che in Via della Scrofa c'è chi è convinto che a passare la foto a Report sia stata una fonte interna. E cioè che si sia mossa una manina per screditare Colosimo. I sospetti sono ricaduti - senza prove, ma come riflesso automatico - sulla minoranza interna del partito, quella che fa capo all'ala rampelliana, da cui proviene anche Colosimo. 

Veleni e ricostruzioni sicuramente fasulle che la dicono lunga però sul clima che si respira nel "partito della nazione", soprattutto da quando Meloni e Francesco Lollobrigida sono al governo. Tra presunti corvi e trame nere la faccenda è diventata un caso nazionale dopo le uscite di Pd e M5s contro la presidenza della commissione a Colosimo.

 

La deputata non vuole commentare, ma ai colleghi di partito ha detto di non aver nulla di cui temere: "Sono specchiata, chi mi conosce lo sa: faccio politica da quando avevo sedici anni". Martedì si eleggerà la presidenza dell'organismo bicamerale. Voto a scrutinio segreto. Meloni ha fatto sapere che lei non torna indietro: il nome è quello di Chiara. Un modo anche per non indietreggiare davanti ai sospetti di possibili dossieraggi interni. "Se passa il meccanismo che basta un'operazione del genere, cioè una foto, per azzopparci è la fine", ragionano dalle parti della Fiamma magica, nucleo ristretto a conduzione familiare che guida FdI.   

Sicché martedì 23 maggio - anniversario della morte di Giovanni Falcone a Capaci - la fedelissima di Meloni dovrebbe essere eletta alla presidenza della Commissione Antimafia. Prenderà il posto dell'ex grillino Nicola Morra. 

Gli alleati, al netto di possibili messaggi nell'urna, non si opporranno. L’accordo prevede che la vicepresidenza vada a Forza Italia, all’azzurro Mauro D’Attis. Pd, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra voteranno contro, il Terzo polo dovrebbe non opporsi ed essere unito. Gli occhi sono puntati sulla Lega, ma da Fratelli d'Italia non vogliono nemmeno pensare a scherzetti e a franchi tiratori: "Cadrebbe il governo", esagerano i meloniani.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.