Nomine

Tacco Meloni. Non solo Rai e Gdf, ma anche Servizi e Inps. Fazzolari vuole farsi il dipartimento

Carmelo Caruso

Ha preso confidenza con il potere e con il sottostato. Deve fare altre nomine e le vuole fare "motu proprio". Inizia una fase di governo nuova e l'unico antagonista è Salvini

Nel mondo di Giorgia Meloni si direbbe: “Ce stanno ‘a credere”. Meloni ora “ce sta ‘a credere” che si possa nominare un comandate della Gdf scavalcando il suo ministro. “Ce sta ‘a credere” che, al vertice dell’Inps, possa andare Mauro Nori, “nostro uomo”. E “ce sta’, veramente, ‘a credere” che il potere, quella sostanza che non sapeva come  maneggiare, possa essere addomesticabile. Si comincia ad ascoltare il suono del “tacco” Meloni,  in Rai, in Cdm,  negli apparati di stato.


Si chiama “confidenza” e per la Lega, e Salvini, è già “sorella” dell’arroganza. La premier ha preso “confidenza” e si sta prendendo confidenze che finora non si era mai presa. Lo ha fatto con il suo ministro Giancarlo Giorgetti, con cui “è stato chiuso l’accordo sulla Gdf” (ma si chiude un accordo senza che si sorrida insieme?) e lo sta facendo con Salvini che, sulla “Rai, non si deve allargare”. A Papa Francesco, al Forum della Natalità, gliel’ho lasciato intendere. Se non la difende lui, la natalità, la difende lei. Il vestito ce l’ha. Dopo 193 giorni, dunque, dopo le nomine di Eni, Enel, Terna, Poste, dove troppo presto si è celebrata la resistenza di Salvini e Berlusconi, Meloni fa prove di “marescialleriato”, la sua forma speciale di governo. Anche le riforme istituzionali adesso sono “il me la vedo io”. Ed è “maresciallierato temperato” dalla vecchia barberia di stato, i Giannideggenaro-lucianoviolante-giulianoamato, gli zii di sinistra, con cui oggi Meloni si confida, e sceglie. E’ infatti vero che il nuovo capo della Polizia, Vittorio Pisani, sia vicino a Salvini, ma è vero pure che libera un ruolo all’Aisi, quello di vicedirettore (tre i nomi in corsa: Bruno Valensise, Pasquale Angelosanto e Giuseppe Del Deo) e che il sostituto si candida, per natura, alla successione del direttore Mario Parente, quando, tra un anno, concluderà il suo mandato.

 

Pisani è l’allievo di Gianni De Gennaro, fratello di Andrea, il comandante generale della Gdf che sarà, perché l’accordo (ha fatto sapere la comunicazione di governo) è già “chiuso”. Se sulla Polizia avrebbe vinto Salvini, si può dire che abbia perso Meloni? In Rai è pure “marescialleriato” Meloni. Lunedì, Roberto Sergio, salvo terremoti, verrà eletto dal cda, amministratore delegato, affiancato da Giampaolo Rossi, direttore generale, lui che è il signor Rai di Meloni. A sua volta, Gian Marco Chiocci, altro riferimento di Meloni, verrà invece indicato al Tg1 e, inciso, non si contano già i conduttori, i giornalisti Rai pronti  a difendere Meloni e ministri. Uno per tutti, anzi, l’ultimo, è Massimo Bernardini, di Tv Talk, di Raitre, che su Twitter ha difeso le parole del ministro Lollobrigida sull’etnia italiana (il figlio di Bernardini lavora al ministero della Cultura, con il sottosegretario  Mazzi). Si vuole dunque dire che non è la “rozzezza” che descrive adesso questo governo, ma appunto il “ce stanno a credere”. Stanno cominciando a credere che governeranno, Salvini permettendo, cinque anni, e che non hanno bisogno in Rai (avrebbero reso la vita semplice al Pd) di transennare Report o di chiudere Cartabianca o sollevare Lucia Annunziata. Ma quale rozzezza… a Palazzo Chigi “ce stanno” così a credere che fanno uscire le loro notizie con la formula “a quanto si apprende”. Credendoci si allargano nei modi, ma anche nella planimetria, nel budget. Giovan Battista Fazzolari, “il genio”, e se ne parla tra i burocrati, starebbe infatti per trasformare il suo ufficio di sottosegretario all’attuazione del programma, in dipartimento. Non è solo una curiosità burocratica e non è solo un trasloco di stanze (il governo potrebbe acquistare Palazzo Wiedekind, il palazzo del Tempo, dato che a largo Chigi non c’è più spazio per gli staff di tutti i nuovi ministeri inventati). Un dipartimento prevede un capo dipartimento, equivale ad avere risorse, significa potere assumere ulteriore personale, collaboratori… “Ce stanno a credere” anche perché devono ancora fare nomine, su nomine. All’Inps, ad esempio, è probabile che si consumerà un altro caso Gdf. La Lega ha il suo specialista di pensioni che è Alberto Brambilla, ma Meloni preferisce il capo gabinetto della ministra del Lavoro, Calderone. Sceglierà anche questa volta Mantovano? E la verità è che non finisce. Manca da nominare il componente Antitrust, e poi Covip,  Istat, Asi, e Iss”. “Ce credono”, eccome “se ce credono”. Nel gergo si dice che ora “spinnano”. Se non organizzazno conferenze stampa, a Palazzo Chigi il pensiero è che tanto,  ai giornali, “poi je passa”. Quando ci sono le insidie, quelle  vere, le risolve Meloni con il suo telefono: Roma chiama Torino. E’ più di un’impressione. Meloni “ce crede” e crede che perfino Francesco Lollobrigida, e lo dicono in FdI, “sia più utile, l’anno prossimo, come commissario europeo” anziché in Italia, dove ormai “fa la fortuna di voi giornalisti”. “Ce credono” e hanno pure ragione loro: “Per fare cadere Meloni non vi resterà che tifare Salvini”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio