Matteo Salvini (Ansa)

Il rebus

Sulle strategie europee della Lega Salvini attende e rimanda

Valerio Valentini

In vista del voto nel 2024, il leader del Carroccio temporeggia e cerca di evitare errori stile Papeete. La linea di Giorgetti e lo stop di Lorenzo Fontana al passaggio nel Ppe

Più che l’ansia di intestarsi la scelta giusta, ha forse la preoccupazione che nessuno possa imputargli quella sbagliata. Per questo attende e rimanda. Per questo, una volta tanto, non disdegna, anzi, che le posizioni dei suoi colonnelli emergano chiaramente. Matteo Salvini, sulle strategie europee della Lega, sul da farsi in vista delle elezioni del 2023, vuole insomma che “tutti mettano le carte sul tavolo”. Del resto, il ricordo dei veleni della scorsa legislatura è ancora vivo, nel ministro dell’Interno. Il ricordo di quando, ad esempio, in tanti vollero spingerlo a rompere col M5s, salvo poi discettare sugli esiti nefasti di quella crisi del Papeete; o di quando, al contrario, Salvini si lasciò folgorare sulla via di Draghi, prima di sentirsi processato da chi denunciava l’emorragia di voti che ne seguì.

 

Deve percepire movimenti analoghi, ora, il segretario della Lega. Ed è evidente che i sospetti, ricorrenti più nei discorsi dei suoi consiglieri che nelle dichiarazioni del capo stesso, cadano su Giancarlo Giorgetti. Che in verità, intervenendo al Consiglio federale di martedì, le sue convinzioni, peraltro note, le ha ribadite chiaramente: “Siamo un partito che governa, a Roma e nelle regioni, da decenni, eppure l’alleanza con gli estremisti tedeschi di AfD ci toglie credibilità sul piano internazionale”. E però farla quando Giorgetti la invocava, la svolta verso il Ppe, e cioè più di un anno fa, aveva senso.

 

Oggi, invece, apparirebbe come un tentativo maldestro di rincorrere Giorgia Meloni sulla via della moderazione. Per questo Lorenzo Fontana ha insistito sul “restare dove siamo”, cioè nel girone dei reietti di Bruxelles, in alleanza con Le Pen e soci, anche al prossimo giro. E se il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, ha sposato la tesi giorgettiana, quello al Senato, Massimiliano Romeo, ha messo in guardia dal “rischio di snaturarci e tradire la nostra identità”. Che poi sarebbe, per dirla in breve, quella di un partito euroscettico. Che fare, dunque? Salvini ancora non ha deciso – non ufficialmente, almeno – rinviando tutto al prossimo Federale, il 29 maggio. Poi, sarà lui a dover uscire allo scoperto.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.