Il profilo

Lollobrigida, il corazziere d'Italia. Perno di governo, il suo è già un nuovo partito

Carmelo Caruso

Rapporti con la stampa estera, boiardi, pm, e tutore dei ministri tecnici. Da cognato d'Italia a "semipremier". Il ministro dell'Agricoltura ha in mano il dosser nomine

Roma. Si sono ribaltati i ruoli: non è più lui il “cognato” di lei, ma lei la “cognata” di lui. L’uomo che “governa il governo” è Francesco Lollobrigida e Giorgia Meloni la sorella di sua moglie. E’ il tutore di tre ministri (Lavoro, Sanità, Mare), fa il corazziere della Repubblica, costruisce relazioni con magistrati, funzionari dello stato, manager e anche con la stampa estera. La sua arma non è il machete ma il tagliacarte. Con quella piccola lama apre le buste che gli consegnano: “Ministro, questa è la mia storia, questo sono io. Valuti lei”. In Italia chi ha oggi un’ambizione si rivolge al ministro dell’Agricoltura. Alla Camera, cammina con il fascicolo delle società partecipate sottobraccio. C’è un faldone ufficiale e poi c’è il suo. Nella legge di Bilancio è riuscito a ottenere dal Mef risorse ingentissime per la filiera agricola. Sta chiamando al ministero le migliori competenze senza distinzione di colore. E’ il semipremier.


Si può scegliere come stare al governo. Un modo è  attaccare tutti e credere che il mondo finisca in cortile, l’altro è scegliere di misurarsi con tutti, e navigare in mare aperto. Lollobrigida ha scelto il secondo. Fino a oggi si è parlato di “rete Lollobrigida”. La definizione è riduttiva. Siamo di fronte alla selezione di nuova classe dirigente, alla placenta di un nuovo partito. Si fa sempre più necessario per Meloni separare la destra “scervellata”, dalla destra con le bretelle, quella che pensa prima di parlare. E’ il senso dell’editoriale di Giovanni Orsina pubblicato ieri sulla Stampa. E’ un politologo apprezzato dalla premier e le sue parole sono state lette a Palazzo Chigi come preoccupanti.

 

Se non è possibile cambiare la natura di FdI non resta che fare di FdI un fondaco identitario e favorire la nascita di un partito nuovo, che si affianchi a FdI. Il metodo utilizzato e i ponti costruiti candidano Lollobrigida a essere l’unico segretario possibile di una FdI dopo FdI. In questo momento è il perno del governo. Pochi giorni prima del giuramento, Lollobrigida era destinato a restare capogruppo. Accade qualcosa.  Giovanbattista Fazzolari, indicato come naturale sottosegretario alla presidenza, si eclissa. Cancella il suo profilo social dopo un articolo di Susanna Turco dell’Espresso che seleziona alcuni suoi vecchi tweet contro il presidente Sergio Mattarella. Nel ruolo che in passato è stato di Roberto Garofoli viene scelto Alfredo Mantovano.

 

Meloni si accorge di non avere in Cdm uomini di cui si può fidare. Crosetto, Urso sono della “famiglia” ma indomabili. Fitto è il più preparato ma non conosce le bizzarrie di FdI. L’unico capace di dosare gli elementi, l’appartenenza e la calma, è Lollobrigida. E’ lui ad accompagnarla al Meeting di Rimini, alla Coldiretti, nella prima uscita da vincitrice. Mentre Crosetto invoca il machete, Lollobrigida conferma dirigenti e ridimensiona il ruolo di ex aennini. Al ministero sceglie come capo di gabinetto Giacomo Aiello, già alle Infrastrutture con Maurizio Lupi e nell’ultimo governo con Mara Carfagna. Nel Cdm che sancisce l’uscita di Alessandro Rivera, come direttore generale del Tesoro, Lollobrigida nomina Stefano Scalera (uno dei nomi che era circolato come sostituto di Rivera) a capo del dipartimento per le Politiche competitive, pesca e ippica. E’ un ruolo che per anni ha occupato Francesco Saverio Abate, un dirigente stimato da Gianni Alemanno quando era ministro dell’Agricoltura.

 

Lollobrigida lascia al suo posto  due direttori come Felice Assenza (Repressione frodi) e Giuseppe Blasi (alle Politiche europee). Conferma anche Stefano Vaccari, direttore del Crea (Consiglio per la ricerca in Agricoltura). Non sostituisce ma “innesta”. Un innesto che nel mondo delle politiche agricole è stato salutato con apprezzamento è quello di Fabio Vitale ad Agea. E’ l’agenzia che gestisce le erogazioni, i sussidi in campo agricolo. Vitale è un ex dirigente dell’Inps chiamato poi da Giancarlo Giorgetti come dirigente generale per gli enti cooperativi dell’ex Mise. Urso se lo lascia portare via così come Sergio Marchi (aveva lavorato con Urso al Copasir) oggi responsabile della segreteria tecnica del Masaf.  Lollobrigida guarda all’estero. Il 28 gennaio partecipa, a Venezia, a un seminario rivolto alla stampa britannica ricevendo gli applausi. Al governo svolge un ulteriore  ruolo che non è codificato. E’ quello di “coordinatore dei ministri tecnici” di Sanità e Lavoro. Orazio Schillaci è stato suggerito da lui, mentre con la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone c’è un antico rapporto di amicizia e coinvolge anche il marito, Rosario De Luca (presiede il cda della Fondazione studi del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro).

 

C’è un po’ di Lollobrigida anche al ministero del Mare. La scorsa settimana ha “distaccato” un suo dirigente di prima fascia come Riccardo Rigillo nominato capo di gabinetto di Nello Musumeci. La vera forza di Lollobrigida si chiama Coldiretti, l’associazione presieduta da Ettore Prandini (uno dei candidati a fare il ministro al suo posto) e dal potentissimo segretario generale Vincenzo Gesmundo. Non è solo una associazione ma la porta d’ingresso verso il mondo della magistratura. Il vanto della Coldiretti è infatti il suo Osservatorio sulle agromafie e il comitato scientifico è presieduto da Gian Carlo Caselli. E’ l’espressione più alta e il campione di un mondo che legge il Fatto quotidiano e che oggi si scopre, dopo il caso Cospito, tanto lontano quanto vicino a FdI. L’osservatorio è molto altro ancora. Siedono, solo per citare alcuni, Maurizio De Lucia (il pm che ha arrestato Messina Denaro) Giuseppe Chiné (già capo di gabinetto del Mef) Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Cafiero De Raho (oggi deputato del M5s) Bernardo Mattarella, Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia. La vera via del potere, quella che passa per il Colle più alto, non è via del Corso, ma via XX settembre. In quella stessa via c’è il Ministero della Difesa, il Mef, e quello di Lollobrigida, il “semipremier”. Giorgia Meloni è sua cognata.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio