Viale Mazzini

Rai ribaltone. Meloni non "afferra" la Rai e Fuortes fa il patriota per Meloni

Carmelo Caruso

Il governo lascia che a occuparsi di Rai, a nome suo, sia l'attuale ad nominato da Draghi. In arrivo una striscia per Bruno Vespa dopo il Tg1

Il governo Meloni aveva due possibilità: occuparsi o non occuparsi di Rai. Ha scelto la terza: lamentarsi di chi la sta  amministrando a suo nome. L’idea del governo è che “l’Italia resta l’unico stato al mondo dove la tv pubblica ha un Cda con zero membri espressione del partito del premier”. E’ tuttavia lo stesso governo che sta consentendo all’ad della Rai, garante di quell’anomalia, di fare il “patriota” con i colori di FdI. L’ad offre infatti servigi, nomina direttori d’area, è “disponibile”.  Si è “ribaltato”. L’ultima delle “gentilezze” di Carlo Fuortes è una striscia di cinque minuti, dopo il Tg delle 20, promessa a Bruno Vespa. Il 21 dicembre sarà  Vespa, maestro del giornalismo in livrea, a intervistare per la prima volta, Giorgia Meloni.  


Attenti, nel modo in cui il governo Meloni sta gestendo la Rai c’è la spia di un metodo. Di fronte alla complessità, la risposta  è sempre “adesso non abbiamo tempo”. Il governo si sta ovviamente occupando di Rai, ma la verità è che ha fallito il primo tentativo. Altri pensano che le cose stanno in modo diverso e che FdI si serva di questo “presunto” fallimento per avere il massimo dalla Rai  senza occuparsi di Rai. E’ come lasciarla  in subaffitto.

 

Nell’incontro che Meloni ha avuto con Fuortes, era stato suggerito a Fuortes di farsi affiancare da un direttore generale come Giampaolo Rossi. Era un modo per sanare lo strappo consumato nello scorso Cda, vale a dire l’esclusione di membri di FdI. Per evitare che la nomina sembrasse un commissariamento, era stato proposto a Fuortes di indicare  due direttori generali. Uno sarebbe stato Rossi, l’altro sarebbe stato scelto liberamente da Fuortes.  L’amministratore delegato ha risposto con uno “scortese no”. Fuortes non ha accettato nessun collaboratore, forte di un mandato che lo tutela fino al 2024. Il giorno dopo si è ripresentato in azienda, in Rai, fregiandosi del titolo “di amministratore delegato che parla direttamente con la premier”.

 

Da quel momento ha cominciato a gestire la Rai per conto della premier, a dire che “se ne occupa lui” e senza essere smentito. Nominato da Draghi, Fuortes ha una storia di sinistra, ma da due mesi cammina a passo cadenzato e parla fitto fitto con Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura alla Camera di FdI.

 

Singolare è la vicenda che ha portato alla nomina di Nicola Rao, direttore del Tg2. Poco meno di un anno fa, quando FdI, chiedeva la promozione di Rao, l’ad si era opposto perché riteneva Rao un giornalista  divisivo. Ha nel suo passato una militanza chiara, di destra, ed è stato autore di libri sui Campi Hobbit. Il 14 dicembre, dopo la nomina avvenuta, spaccando il Cda (quattro voti a favore e tre contrari), Fuortes si è complimentato con Rao per il suo “cv”.

 

C’è un ulteriore pacchetto di nomine che Fuortes ha messo sul piatto a favore di FdI. La direzione dell’approfondimento per Paolo Corsini al posto di Antonio Di Bella. Ma è pronto  a consegnare a FdI anche la direzione del Day Time di Simona Sala. Può continuare. Per portare Rao al Tg1 è nelle condizioni di immaginare per Monica Maggioni un programma con una sua struttura, modello Report di Ranucci. Il Tg2 è pronto ad affidarlo ad Antonio Preziosi vicino a Forza Italia per proteggersi anche con quella parte di mondo. Angela Mariella, vicina alla Lega, può invece prendere il posto di  Vianello direttore dei Gr radio. Non è la prima volta che un ad  pubblico si uniforma  ai tempi. Almeno non  per Fuortes. Ha già attraversato indenne, da manager culturale del Comune di Roma, il passaggio dall’amministrazione  Alemanno a quella Marino.

 

E’ la Rai che non è più certa di uscire indenne. I diritti del Mondiale, vale ricordarlo, sono stati acquistati durante la gestione Salini, il successo    non è dunque dell’attuale ad come cerca di far passare. L’operazione Rai Way, operazione che serve a chiudere il bilancio Rai, è ferma. C’è inoltre un taglio verticale del budget delle fiction la cui produzione è stata spostata nel 2023. Ripetere, come fa il governo, che la Rai di Fuortes non rappresenta il governo, salvo poi accettare direzioni e ruoli, nella lingua cara a FdI si definirebbe così : “Badoglio!”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio