Foto Ansa

il debutto all'opera

Meloni e Giambruno alla Scala ribaltano il cliché dei ruoli tradizionali

Alberto Mattioli

Altro che Garbatella, la premier e il suo compagno sono quel genere di coppia che si vede in Scandinavia. Un sogno per la sinistra 

Sì, c’era anche lui, in smoking d’ordinanza. E no, non l’ha visto quasi nessuno, dato che è rimasto sempre due passi dietro la compagna, tipo il principe Filippo con la Regina Elisabetta, anzi non l’ha nemmeno seguita sul tappeto rosso. Fra le tremila foto della serata sull’Ansa, di sue se ne trovano in tutto tre. Si parla, ovvio, di Andrea Giambruno, compagno di Giorgia Meloni, l’altra sera alla Scala per il doppio debutto, del Boris Godunov e di Giorgia in visita pastorale a teatro (“è la mia prima volta”, cinguettava lei. Ma a Sant’Ambroeus? Alla Scala? All’opera tout court? Boh).  E qui, francamente, tutto quadra sempre meno. 

Già la sinistra tutta chiacchiere e schwa si è dovuta sorbettare, come prima prima ministra donna della storia patria, una post-fascista o veteromissina o ur-sovranista o neopopulista, ma insomma sicuramente di destra-destra. Poi la detestata premier è anche giovane, anche se a 45 anni si è giovani solo in Italia (per dire: Musorgskij a 42 era già morto. Vero è che passava le notti a sbronzarsi come se non ci fosse un domani – e infatti non ci fu – anche se non di vodka come si potrebbe pensare ma di cognac. Lo chiamava “incognacarsi”). 

Adesso le tocca anche vedere il compagno che espleta le sue funzioni di first gentleman accompagnandola al turno lusso della Scala dove tutti i flash sono per lei, in un totale ribaltamento dei ruoli tradizionali. Altro che Garbatella, è quel genere di coppia che si vede in Scandinavia, lei regina o prima ministra decisionista e super indaffarata e lui che continua a fare il suo mestiere, porta a scuola i pupi (ovviamente in bicicletta e senza scorta), e affumica pure l’aringa per la colazione di domani. Oppure, senza andare troppo in là, tipo Joachim Sauer, il marito onnipresente e muto di Angela Merkel, con l’unica differenza rispetto alla Meloni che la first Frau all’opera ci andava per piacere e non per dovere, e senza tanta polizia intorno. Tanto che una volta, nel corridoio centrale della Grosses Festspielhaus di Salisburgo, le assestai involontariamente una tremenda gomitata senza alcun intervento dei gorilla, anche perché non ce n’erano e se c’erano erano restati fuori dalla platea. Temo invece che la Meloni non sia una grande appassionata. Purtroppo, i cronisti che sono riusciti a intercettarla le hanno chiesto le solite banalità sulle proteste ucraine per l’opera russa, invece di domandarle a tradimento se preferisce l’ur-Boris del 1869 o il rifacimento del ’72 o l’ulteriore revisione del ’74, purtroppo rimasta allo stato di spartito canto e piano, dato che la vecchia cara orchestrazione di Rimskij-Korsakov non si porta proprio più e non si cita nemmeno volentieri, esattamente come certe simpatie meloniane per Trump o Putin, e neanche tanto antiche. 

Non divaghiamo. La presidente se l’è cavata in generale benissimo, senza le paventate scivolate romane o magari romanesche ma senza nemmeno cercare di darsi un tono, diciamo buttandola più sul genere sorridente-divertito, so’ Gggiorgia, prendere o lasciare, in una serata non facile dove tutti l’aspettavano al varco, perché alla Prima della Scala Milano dà il meglio e il peggio di sé, che nel caso di questa città di finto understatement, com’è noto, coincidono. Il blu-notte griffato Armani scelto dalla Meloni, molto sobrio-chic, quindi milanesissimo, da very sciura, certo aiutava. Ma anche lui, diciamolo, ha fatto la sua parte, scegliendo la soluzione migliore: esserci ma non farsi quasi vedere, altrimenti chissà che pettegolezzi e velenosità di tutt* quell* della sinistra modello Bosco verticale ed encefalogramma piatto. E aggiungiamo pure che, in un ambiente come l’opera che definire gay-friendly è poco (diciamo che è più facile trovare un porcino in piazza Duomo che un etero con l’abbonamento alla Scala), anche il Giambruno è stato apprezzato, magari leggermente meno di Ildar Abdrazakov, l’ipercarismatico e ultratestosteronico protagonista del Boris, ma comunque molto.

Ora, posto che tutte le persone sensate rimpiangono la Prima Repubblica anche perché la vita privata dei suoi politici restava appunto tale, e delle first lady democristiane nulla si vedeva, nemmeno la faccia, e potevamo tranquillamente immaginarcele impegnate full time a crescere figli e recitare rosari, è curioso che nella Seconda le novità in tema di parità di genere arrivino proprio da destra. O forse è solo l’aggiornamento di quel che sosteneva Gianni Agnelli: in Italia soltanto la sinistra può fare una vera politica di destra. Verissimo, ma a patto di aggiungere che solo la destra riesce davvero a comportarsi da sinistra.  
 

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