(foto Ansa)

il colloquio

Antonio Decaro invoca l'unione delle forze per il Pd (e pro Bonaccini)

Marianna Rizzini

"Al congresso serve una sintesi tra gli amministratori. Non è il tempo dei personalismi e delle leadership individuali". Parla il sindaco di Bari

Spezzare i meccanismi disfunzionali nel Pd. Un’urgenza in vista del congresso, dicono in particolare alcuni sindaci dem, come il sindaco di Firenze Dario Nardella, che ha organizzato qualche giorno fa una convention delle idee (ma non si candida); come quello di Pesaro Matteo Ricci, che si era dato disponibile a correre ma al momento sembra prediligere la linea di colui che ascolta i cittadini e resta un passo indietro (anche se ieri Goffredo Bettini ha detto di “riconoscersi nella sua piattaforma”); e come il sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro, che sabato scorso, nel corso della presentazione del libro “Le catene della destra” (edito da Rizzoli e scritto dal direttore di questo giornale), ha lanciato un appello agli amministratori locali Pd, augurandosi che facciano una “sintesi e si assumano la responsabilità di governare il partito”: “Perché gli amministratori del mio partito”, ha detto Decaro, “hanno dimostrato che si possono vincere le elezioni, e infatti hanno vinto tante elezioni in questi anni, cosa che non è accaduta a livello nazionale, perché le elezioni politiche non le abbiamo vinte. Credo ci sia un patrimonio di amministratori, di consiglieri comunali, di sindaci, di consiglieri regionali, di presidenti di regione che devono in questo momento assumersi  la responsabilità di prendere il Partito democratico per mano e farlo tornare a essere quello che era quando è nato: un partito plurale, che abbia una sua identità, che torni a parlare ai lavoratori, che torni a parlare di contrasto al cambiamento climatico, che torni a parlare di contrasto alla povertà, cercando di fare quello che fanno gli amministratori locali: condividere i problemi con i propri concittadini, ma condividendo anche quelle che sono le speranze, le ambizioni e i sogni delle persone”. Fare “sintesi”: sembra, di fatto, quello di Decaro, un endorsement al governatore dell’Emilia Romagna e candidato Stefano Bonaccini (che ieri ha ribadito, su Canale 5, di volersi prendere “la responsabilità di provare a far sì che l’Italia sia più unita, a nome del mio partito”). Ma le parole di Decaro sembrano anche, in filigrana, un consiglio ai colleghi Nardella e Ricci. Come dire: stringiamoci attorno al candidato, uniamo le forze.

Interpellato, Decaro spiega al Foglio: “Vogliamo riportare il Pd là dove un vero partito di popolo deve stare, deve vivere e deve lottare: sul territorio, nelle nostre comunità. Fra gli italiani che noi da sindaci abbiamo conosciuto. Per questo mi auguro che, in vista del congresso, siano proprio gli amministratori oggi in campo – due sindaci e un presidente di Regione – i primi a fare sintesi, presentando così alla nostra comunità di riferimento una proposta chiara, netta, riconoscibile ed efficace”. Bonaccini, due giorni fa, ha proposto non a caso a Nardella un incontro. Il Pd, dice Decaro, ha bisogno degli amministratori che hanno dimostrato “sul territorio di saper battere le destre”: “Lo abbiamo fatto presentando un progetto chiaro, forte e coerente che i cittadini hanno compreso e votato”. Come procedere, quindi? “Dobbiamo percorrere una strada nuova”, dice il presidente dell’Anci, “che spezzi le catene delle correnti, quel sistema di potere all’interno del partito che va a nozze con l’attuale sistema elettorale, quello che ha rotto il principio della democrazia di rappresentanza. E sono convinto che quella che abbiamo davanti non sia l’avventura di un solo uomo o di una sola donna. Non è più tempo per i personalismi e le leadership individuali”.

Vasto programma, e concentrazione degli sforzi. “E’ un compito grande e difficile che richiede la solidarietà di molti di noi. Sta a noi trovare le parole e la forza per far tornare il Pd il grande partito a cui tanti hanno aderito con l’idea che questo paese possa avere un futuro democratico e progressista”.  

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.