Urso e Crosetto contraddicono Zaia: "Sulle trivelle sbaglia". Caos a destra sull'energia

Valerio Valentini

I pretoriani della Meloni stupiti dalla mossa del governatore veneto. "Ma sull'interesse strategico nazionale non possono prevalere le rivendicazioni territoriali". Pichetto, ministro dell'Ambiente, conferma l'orientamento del governo: "Il provvedimento sulle estrazioni nell'Adriatico non cambia". Ma a Palazzo Chigi nutrono sospetti sulle mosse di Salvini

Se è sulla coerenza, che bisogna metterla, Guido Crosetto non si tira indietro: “Io sono sempre stato favorevole alle trivelle. Non ho cambiato idea”. Fa il verso a Luca Zaia, il ministro della Difesa. Che nel difendere le ragioni dei Nimby del Polesine, ricorda con allusiva perfidia di quando a fare campagna contro le estrazioni in mare era Giorgia Meloni. Lui, Crosetto, alla vigilia del referendum dell’aprile del 2016 twittava invece così:  “No trivelle, no autostrade, no inceneritori, no centrali, no scavi, no industrie, no acciaio, no cemento. Però più lavoro. Mah”. Ecco, “non ho cambiato idea”, insiste. Sapendo però, anche lui, che non è sulla coerenza, che bisogna vincere la sfida. “Qua la sfida è la crisi energetica”, ha spiegato Adolfo Urso, ministro meloniano dello Sviluppo, ai patrioti veneti, pure loro su posizioni zaiane. E dunque, se “l’urgenza è quella di ridurre al più presto la dipendenza energetica della nostra nazione”, come ripete Meloni, “allora non possiamo mettere in discussione progetti di rilevanza strategica in nome di pur comprensibili obiezioni locali”, dice Urso ai suoi colleghi di FdI. Che è poi quello che anche Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, ci tiene a precisare: “Le preoccupazioni di Zaia sono le stesse mie: la subsidenza è un problema serio. E però, segnalo che i giacimenti nell’alto Adriatico li abbiamo in condivisione coi croati, e se anziché estrarre noi il gas lo estraggono loro, il risultato non cambia. Inoltre, rispetto a sessant’anni fa, ci sono tecnologie estrattive che consentono di limitare l’effetto di abbassamento dei fondali. Dopodiché, qui c’è un interesse nazionale di primaria importanza, quindi eviterei di accapigliarci sui dettagli”. 

E forse è proprio questo, il sospetto diffuso tra i pretoriani di FdI. Che ci sia di più, di una semplice rivendicazione territoriale, nella mossa di Zaia. “A essere onesti, si fa fatica a capire”, scuote il capo il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, al centro di un capannello in mezzo a quel Transatlantico che a metà pomeriggio vede passare un Francesco Lollobrigida, responsabile dell’Agricoltura e sommo confidente di Donna Giorgia, che al solo sentire il nome di Zaia cambia espressione, si fa tutto spigoloso: “Le sue dichiarazioni? Non le ho lette”. E non serve neppure dare credito alle voci che descrivono una Meloni adirata non poco, di buon mattino, alla lettura dell’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal presidente veneto, per capire che dissimula. “Anche perché Salvini, che ha chiesto il ministero dei Trasporti per voler sbloccare i cantieri, accetta davvero una cosa del genere? E proprio nel giorno in cui Zaia, prima di dirsi contrario alle trivelle, era stato a Porta Pia  per annunciare la necessità di realizzare nuove infrastrutture?”. C’è del marcio, insomma, a giudizio di chi frequenta assiduamente Palazzo Chigi in queste ore. “C’è un gioco interno alla Lega, un gioco di posizionamento, che va decifrato”, spiega il deputato meloniano Federico Mollicone, fresco di elezioni alla presidenza della commissione Cultura. 

Un segno di opposizione interna? Così si spiegherebbe anche la baldanza con cui Roberto Calderoli, che da ministro per gli Affari regionali potrebbe richiamare il Doge all’ordine, entrando in Cdm rivendica invece di pensarla “esattamente come Zaia”, sulle trivelle. “E’ tutto legittimo, quel che dice il presidente del Veneto, ci mancherebbe: ma se non è strategico, perché dirlo?”, obietta Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia di FdI. E però non gli si può non far notare che altrettanto insensato, in questa logica, appare anche la battaglia ingaggiata dal sindaco di Piombino, che pure è meloniano, contro il rigassificatore. “Anche in quel caso, è legittimo opporsi, ma non è strategico, e forse neppure opportuno fare ricorso al Tar contro una decisione sostenuta dal tuo stesso governo”.

Segno, insomma, che al di là dei reciproci dispetti tra la premier e il suo vice, c’è l’esigenza di “affinare un metodo”, come dicono a Palazzo Chigi, perché “le parole in libertà” possono innescare incidenti veri. E così Meloni, prima dell’inizio del Cdm, ha dovuto rassicurare Gilberto Pichetto che sì, il provvedimento sulle estrazioni sarà confermato, che non si torna indietro. E che se anche non si è riusciti a portarlo in Aula come emendamento al dl Sostegni ter, è stato solo per motivi tecnici. Che dunque lo si inserirà nel Sostegni quater, che proprio ieri è stato discusso dai ministri. “E le condizioni restano quelle già indicate”, precisa il ministro dell’Ambiente. Si potrà perforare nei pozzi di una certa dimensione, quelli con almeno 500 milioni di metri cubi di gas situati tra le nove e le dodici miglia dalla costa, al di sotto del 45° parallelo. “E il tutto, lo sappiamo, a seguito di una valutazione di impatto ambientale”, dice Flavio Tosi, che di Zaia è conterraneo, e che ai suoi colleghi deputati di Forza Italia ha spiegato che quella del presidente vento è una “posizione antistorica”, una “rivendicazione da sindacato di territorio”. Del resto, “se avesse delle evidenze scientifiche sui danni che le trivelle provocherebbe, dovrebbe subito condividerle. Sennò, la sua resta la dichiarazione di chi vuole salvaguardare il suo consenso sul territorio, e basta. Che è comprensibile, certo, ma alla vigilia di un inverno in cui le bollette potrebbe esplodere, e le aziende chiudere, è alquanto irresponsabile”.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.