Verso le regionali

Gogol in Lombardia. Cottarelli verso il no (senza Calenda) Moratti resiste (con Calenda). Il Pd: primarie

Carmelo Caruso

Letta pressa il "professore", ma senza Azione lui non ci sta. Scatta la ricerca del candidato unico per le regionali lombarde (Del Bono, Pisapia). Chiusura netta a Moratti da parte del Pd. Si cerca nuovamente la sponda 5s

Vincere li spaventa, perdere li conforta. Fatelo. Chiamate un militante del Pd lombardo e chiedetegli cosa ne pensa della candidatura di Letizia Moratti con il Terzo polo, del quasi certo passo indietro di Carlo Cottarelli, dell’ipotesi primarie del Pd (aperte al M5s). Risposta: “Moratti viene dalla destra. Cottarelli non si candida senza Calenda. Giuliano Pisapia sarebbe magnifico ma non vuole. Beppe Sala spinge per Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, dato che lui, Sala, non accetterà mai. La nostra sede naturale è il manicomio”. Sabato, il centrosinistra aveva cinque possibili outsider: Cottarelli, Moratti, Ferruccio Resta, Del Bono, Pisapia. Domenica sera era rimasta solo Moratti che il Pd non vuole. Il napalm ne ammazza meno.

Calenda svelto: “Candidiamo Moratti e Cottarelli insieme”. Il Pd: “Non è Calenda che può scegliere. E poi Moratti è antipatica”. Quest’ultima detta dal Pd, noto partito della simpatia, è strabiliante. Mentre si scrive Enrico Letta starebbe “lavorando” su Cottarelli che, a sua volta, preferisce non rilasciare “interviste sulla Lombardia” fermo restando che “ha altre due richieste da evadere”. Sintesi: il Pd (lo ha dichiarato Peppe Provenzano: “Mai!”) chiude alla Moratti, nessun campione di sinistra vuole metterci la faccia. Perderla ormai è il meno peggio.

 

Se foste militanti dem a chi dareste il voto: a un candidato  che ci prova pur sapendo che vincere è difficile o a uno che accetta  perché glielo chiede il segretario, uno che si presenta come un martire della prima chiesa? Il Pd dovrebbe essere un partito di romantici e invece è un partito di decadenti. Quando devono compiere la bella impresa, i loro migliori dirigenti, si tirano indietro. Lo studente che non vuole farsi interrogare trova meno scuse. La ragione per cui Letizia Moratti, in complicità con  Calenda e  Renzi, ha deciso di forzare e annunciare la candidatura è questa: “Vedrete, nel Pd non si decideranno”. Al momento i fatti le danno ragione. Mentre Moratti intonava “Io corro”, il Pd lombardo era riunito, domenica, in un’assemblea che ha scontentato tutti. I riformisti, la corrente di Alessandro Alfieri e Lorenzo Guerini, era, ed è, per un dialogo con il Terzo polo. La corrente più a sinistra, quella di Pierfrancesco Majorino, è per il “campo largo”. Brando Benifei, altro europarlamentare come Majorino, ha suonato la cornamusa: “Noi contro Fontana e Moratti. Lunare sostenere Moratti”. Decisione finale, spiegata da uno speleologo Pd: “Entro due settimane verrà stabilito se fare le primarie. Prima si tenterà di individuare un candidato unico”. Ci sarebbe da discutere su “unico”.

 

Ancora lo speleologo: “Naturalmente dobbiamo capire dove parte e dove finisce la coalizione”. Sono tornati in auge anche i 5s. In Lombardia garantiscono che esistono ancora. Un senatore di area socialista lo giura: “Voglio ricordare che qui  il Terzo polo ha fatto il dieci per cento, ma i 5s hanno realizzato l’otto per cento”. La ricerca del candidato pd in Lombardia somiglia ormai alla ricerca de (il) Naso di Gogol (Bur) da parte dell’assessore di collegio Kovalev. In queste ore è stato interpellato Pisapia che però “non se la sente”. Sala è un talent scout e preferisce che sia Del Bono di Brescia a candidarsi. Ma Del Bono accetterebbe solo se glielo chiedono tutti i sindaci lombardi, il suo segretario, i 5s. Il rettore del Politecnico si chiama (Ferruccio) Resta e ha un cognome che non consente azzardi.

 

Stessa dinamica per Lorenzo Guerini, Lia Quartapelle. Quando infatti questi straordinari dirigenti (non si può dire che siano tentati) ma quanto meno ci riflettono, c’è qualche altro compagno di partito che li scoraggia ulteriormente (non sia mai che qualcuno di loro trovi il coraggio) perché “per carità, ottimi tutti, ma in provincia questi nomi non vincono. Eh, no”.

 

Alessandro Alfieri, domenica nella memorabile assemblea, l’ha pure detto, ma era solo: “Ma perché siamo votati alla testimonianza? Perché? Perché non dialoghiamo con il Terzo polo?”. Spiegano che è “complesso” perché nel Pd è sempre tutto complesso, un po’ come quelle coppie francesi che si amano ma lui non può rinunciare alla libertà (o viceversa). A quel punto lei, la donna, (o viceversa) giustamente, si annoia, ma lo ama. Quando va bene diventano amanti. Ecco che si finisce a letto. Nel Pd si finisce con le primarie.

 

In Lombardia, se si celebrano, saranno tra l’ex sindaco di Crema, Stefania Bonaldi, l’assessore alla Casa del comune di Milano, Pierfrancesco Maran, Michele Usuelli di Più Europa e Basilio Rizzo, antica colonna di sinistra: nel 1983 era entrato in consiglio comunale, a Milano, con Democrazia Proletaria. “Ma potrebbero  gareggiare anche il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Fabio Pizzul, e non è escluso Pierfrancesco Majorino”.

 

Il simpatico Majorino, che se ne sta in Europa, viene indicato come il frenatore “insieme alla federazione milanese che regge il Pd in regione”. In pratica sono gli ussari. Azione,  il partito di Calenda, racconta che Letta, a dirla tutta, non era refrattario all’ipotesi Moratti. L’indiscrezione è che Moratti e Letta si siano parlati e che Moratti abbia raccontato successivamente a Calenda: “Ma guarda che Enrico non è contrario, sono i milanesi che…”.

 

L’incognita è sempre Forza Italia che, dice la sinistra del Pd, “potrebbe proporre una ‘maggioranza Draghi’, e lì sì che diventa un guaio. Ma non sembra plausibile”. Di certo è che Moratti ha agganciato pezzi della vecchia Forza Italia. Martina Sassoli, ex assessore di Monza, fa parte del suo progetto. In mezzo c’è la destra. La Lega che era disperata per il suo Fontana, adesso, ogni giorno, accende un cero a Sant’Ambrogio e ringrazia il Pd. E’ infatti legittimo per il Pd non volere Moratti ma è altrettanto legittimo, per un elettore del Pd, avere un candidato che abbia il suo coraggio. Le vere primarie che il Pd non ha mai celebrato sono quelle dell’audacia. A Milano le ha dominate Moratti. La sua voglia di vincere è già più forte della certezza di perdere.

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio