Penne e burocrati

Il governo Meloni è (Enzo) Fortunato. La rete dei capi di gabinetto. La scuola dei grand commis

Carmelo Caruso

Ben otto dei nuovi capi di gabinetto sono in continuità con lo scorso governo e hanno lavorato con Vincenzo Fortunato, storica figura del Mef negli anni ruggenti di centrodestra

Vi hanno sempre preso in giro. Sapete perché il ministero dell’Economia lo abbreviano con l’acronimo Mef? Perché è il “Ministero Enzo Fortunato”. Direte, chi è questo Fortunato (Vincenzo)? Ve lo spieghiamo noi. E’ l’antico maestro di tutti i nuovi “gabinettisti” del governo Meloni, già rettore della premiata “scuola Fortunato”, l’Oxford dei capi di gabinetto italiani, i signori “ministro, ci penso io”.

 

E’ stato capo di gabinetto dei ministri dell’Economia dalla XIV alla XVI legislatura, dal 2001 al 2013. Da Tremonti a Monti. Con la destra, la sinistra, i tecnici. Pure con i magistrati (“Capo di gabinetto con Antonio Di Pietro”). Il nuovo capo di gabinetto di Giorgia Meloni? Si chiama Gaetano Caputi (lo era già del ministro Garavaglia) ed è stato uno “studente” di Fortunato. “Bravissimo. Non deluderà”. Il capo di gabinetto alle Infrastrutture di Matteo Salvini? E’ Alfredo Storto. “Impeccabile e competente. Ha lavorato con me”. Gaetano Scino (era al Mise di Giorgetti) oggi capo di gabinetto del ministro Gilberto Pichetto? “L’ho visto crescere”. Carlo Deodato (capo Dagl con Draghi) e nuovo segretario generale di Palazzo Chigi?  “Un caro amico. La figura giusta al posto esatto”. Alfonso Celotto, capo di gabinetto della ministra delle riforme, Casellati? “Naturalmente nel mio ufficio, agli inizi”. Luigi Fiorentino, già capo di gabinetto del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi (si sposterà  ma per  rimanere) “è una mia fraterna conoscenza”. La coppia Varone-Perrotta, rispettivamente capo di gabinetto e capo dei legislativi di Giancarlo Giorgetti? “Non posso che pensarne il meglio. Me lo confermano i loro amici che erano miei collaboratori”. Il capo di gabinetto dell’ex ministro Daniele Franco, era Giuseppe Chinè e di Fortunato era “brillante allievo”.

 

Chiné dovrebbe tornare al Consiglio di Stato o essere destinato, dicono alla Camera, verso altri “grandi incarichi”. Ogni ministro ha 90 giorni di tempo per indicare  il suo capo di gabinetto ma si può già dire che almeno otto di loro, indicati, sono in continuità con il governo Draghi (Gennaro Sangiuliano dovrebbe scegliere invece il prefetto Ugo Taucer). E a dirla tutta è una continuità che va avanti da trent’anni.

 

In Italia ci sono infatti due grandi università non riconosciute. Una è quella di Sabino Cassese (i cassessiani) l’altra è quella di Fortunato (i fortunati). Chi si laurea o si è laureato in uno di questi due atenei (ormai è a numero chiusissimo) può perfino godere di un privilegio reale. Lavorare sulla scrivania  appartenuta a Cavour. Lo rivela Fortunato: “Tutti parlano di quella di Quintino Sella  ma nessuno sa che la scrivania del capo di gabinetto del Mef è quella di Cavour”. Andrà a  Varone.

 

Se questa figura oscura della pubblica amministrazione, quella di capo di gabinetto, è insomma entrata nel lessico comune è merito o colpa di Fortunato. Con Tremonti ministro (ed è tornato pure lui alla Camera) Fortunato era, dai giornali del tempo, “il potentissimo Fortunato”. Merito? “Ho avuto a che fare o con ministri che avevano  troppo testosterone o poco. Ecco perché la figura del capo di gabinetto emergeva”. Colpa? “Per mio padre sarebbe stata ‘colpa’. Ripeteva che il nome del capo di gabinetto deve apparire sui quotidiani solo due volte nella vita. Quando viene nominato e quando muore”.

 

Il padre, Pietro, era stato capo di gabinetto del ministro del Tesoro con Emilio Colombo. Se andate al Mef e scorrete l’elenco dei capi di gabinetto vi accorgereste che il cognome Fortunato è continuità italiana. Ogni vent’anni al Mef c’è in pratica un Fortunato in quel ministero. Attenti, il figlio di Fortunato sta studiando. Corso generale della scuola Fortunato: “Ogni problema ha un numero di telefono e funzionario. Un capo di gabinetto è la sua agenda”. Grammatica generale Fortunato: “Tutti i problemi del ministro sono solo problema tuoi. Risolvili”. Filosofia politica Fortunato: “E’ pacifico che in questo ufficio comando io”. Orario delle lezioni: “Lunedì, riunione con tutto lo staff per pianificare la settimana. Tutti devono sapere cosa sta facendo il tuo collega”. Vezzi: “Cravatta, meglio se di sartoria napoletana”. Penne: “Niente esibizionismi. Bic. Praticità”.

 

Chi sono i capi di gabinetto? Boiardi, grand commis? “Perfetti parafulmini a cui dare la colpa. Io sono entrato nella pubblica amministrazione con Fanfani e oggi sono pensionato. Immagina Fanfani scaricare la responsabilità al suo capo di gabinetto? Nell’elenco ha dimenticato un altro soprannome. I capi di gabinetto sono adesso la manina”. Ma ci spiega in pratica cosa fanno? “Devono trasformare il desiderio politico in atto amministrativo. Vuole sapere la verità? I capi di gabinetto non sono altro che persuasori. Sono l’apostrofo nero tra il sogno del ministro e la firma del funzionario che ripete ‘ma se firmo cosa mi accade? No, no. Non posso’. Ed ecco che…”. La magia? “Firma! Non temere. Firma! Adagio, bravo, firma”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio