Il caso

La trattativa stato-Ronzulli manda in tilt FI. "Tajani? L'hanno mandato in Siberia"

Simone Canettieri

L'assistente di Berlusconi si presenta ai tavoli del centrodestra al posto del numero 2 azzurro: tratta per sé a nome del Cav per un ministero, nonostante il no di Meloni. Alleati spiazzati

Prima mattina, Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia, chiama i colonnelli meloniani per sapere se ci sono novità. E’ la prassi. E loro, abbastanza imbarazzati, gli rispondono: “A dire il vero abbiamo un vertice con voi tra poco: stiamo aspettando Licia”. E infatti in Via della Scrofa si materializza l’inedita coppia Ronzulli-Alberto Barachini, una novità ai tavoli degli sherpa del centrodestra. Tutta la filiera che fa capo ad Antonio Tajani è stata fatta fuori. Zac. Silvio Berlusconi intanto è atterrato nella Capitale e ha preso possesso delle sue stanze a Villa Grande. Ronzulli raggiunge il centro: parla a nome del partito e vuole andare a trattare di persona anche la sua posizione, nonostante i dubbi di Giorgia Meloni. Le due non si stanno simpaticissime. Intanto, però, sta succedendo qualcosa dentro Forza Italia. Di forte. Anzi, di violento. 


Tajani, compare alla buvette di Montecitorio nel pomeriggio. Ha preso il primo aereo da Bruxelles. E sta qui al bancone, come il Nottambulo di Hopper, circondato da un gruppo di fedelissimi. E’ scandalizzato. “Quella vuole un ministero con il portafoglio”, dice Tajani ai parlamentari azzurri che lo circondano in cerca di spiegazioni e quasi lo sorreggono con lo sguardo vista l’aria che tira. 

Per la fedelissima del Cav. si parla del ministero del Turismo, dopo aver fatto un pensierino sulla Sanità e sulla Scuola. Ma sono quasi dettagli. “Già, e non è solo una questione di governo: quella si vuole prendere anche il partito”, si lamenta un deputato con Barelli. Il quale è costretto ad annuire, ma anche a ricordare, più che altro a se stesso, che “Antonio è il numero due di Forza Italia, ha esperienza e standing internazionali di primissimo livello”. Invece tutto sta cambiando. Con ferocia. 
Fino a due mesi fa Tajani e Ronzulli stavano sulla stessa sponda contro i ministri draghiani – Gelmini, Carfagna e Brunetta – che alla fine hanno fatto la valigia. Adesso invece sono separati in casa, con la differenza che le chiavi sono saldamente nelle mani di Ronzulli. Che va in via della Scrofa, si mette seduta con i vertici di Fratelli d’Italia - ci sono Francesco Lollobrigida, Giovanni Donzelli e Ignazio La Russa – e poi si presenterà anche negli uffici parlamentari meloniani con la speranza di ricucire con la premier in pectore. “Giorgia lo sa che Licia dice di lei cose cattivissime, Giorgia sa tutto”, si sfogano in un capannello i deputati con Barelli. Costretto dalla situazione a dire di nuovo di sì con la testa.  

Tajani mette la mani avanti. E annuncia che non rilascia dichiarazioni, e anche questo è un unicum per un politico che nasce come giornalista. Va provocato: onorevole, siamo davanti a una trattativa stato-Ronzulli? “Questo lo dice lei”, risponde Tajani mettendo su la faccia di chi non sa se ridere o scuotere la testa davanti agli eventi che sembrano precipitare (per lui si parla di Mise, anche se la sua ambizione rimane la Farnesina). 

C’è un pezzo di Forza Italia che assiste a questo cambio di equilibri “sconcertato”, non tanto dalla risolutezza di Ronzulli ma “perché è incredibile la posizione di Berlusconi che le dà mano libera”. Sono riflessioni che vanno fatte sotto voce, si sa. Dentro Fratelli d’Italia, per esempio, non si parla d’altro. Erano abituati a un altro assetto, almeno a Roma. Ignazio La Russa passa la giornata in Via della Scrofa, testimone oculare di questo cambio della guardia in un mondo che conosce bene. Lo ferma un deputato di FdI: “Ignazio, ma dov’è Tajani?”. Risposta: “E’ scomparso: l’hanno mandato in Siberia”. Segue la risata, arcinota, dell’aspirante presidente del Senato. Si cerca di sdrammatizzare. Ronzulli rinfaccia al vicepresidente di Forza Italia di non aver saputo condurre le trattative con gli alleati quando si è trattato di dividere i collegi uninominali. E così la Lega, a parità di voti o quasi, ha preso molti più seggi del Cav. Il quale sembra fidarsi totalmente di chi, su benedizione della figlia Marina Berlusconi, ha preso le redini del comando ad Arcore. Che poi spesso e volentieri coincidono con il cellulare dell’ex presidente del Consiglio. L’ala tajanea in questa fase rinfaccia a Matteo Salvini “i soliti casini”. Una conduzione schizofrenica delle trattative con Meloni, una girandola di nomi e desiderata sparati in aria. Ronzulli, invece, ha con il capo della Lega un rapporto solido e di fiducia. Tajani risponde al cellulare: è Maurizio Gasparri, un altro della vecchia guardia in cerca di notizie. Meloni intanto sta lassù, sempre al sesto piano della Camera, ben consapevole delle spaccature interne degli alleati con i quali sarà costretta a governare. In serata a Villa Grande ecco l’incontro fra Salvini e Berlusconi. Con il leader della Lega che dice di mettere la pace fra Forza Italia e FdI. Gli azzurri vorrebbero anche il vicepremier per Tajani, ma a patto che Ronzulli entri nella squadra di governo. Meloni che oggi incontrerà i leader prova a reggere l’assalto. Sa che Salvini e Berlusconi sono pronti a saldarsi. Tutto passa dalla presidenza delle Camere. La Russa sembra tranquillo al Senato, la Lega è convinta di ottenere lo scranno più alto di Montecitorio. Berlusconi intanto è cercato da mezzo partito. Ma il telefono è nelle mani di Licia.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.