Vento del Nord

Lega per Meloni premier. Tutela Fedriga e Giorgetti. Frena Fontana. È lei la segretaria

Carmelo Caruso

Mentre Salvini chiede con insistenza il Viminale (accetterà Infrastrutture) dal Piemonte al Veneto passando per la Lombardia, i leghisti devono attendere le decisioni di Fratelli d'Italia

Nella lingua araba c’è un termine. E’ dhimmi. Erano i sudditi non musulmani che accettavano la protezione islamica. I leghisti di oggi sono dei dhimmi di FdI. In Friuli Venezia Giulia, Giorgia Meloni, che ammira Massimiliano Fedriga, ha chiamato i suoi responsabili  e stabilito che Fedriga è il candidato unico. In Lombardia, Attilio Fontana attende una risposta. Da dieci giorni, Matteo Salvini anziché chiedere alla Meloni la riconferma immediata di questo uomo stimabile pretende il Viminale come fosse un lecca-lecca. In Piemonte i leghisti devono ormai togliersi il cappello di fronte alla Fiamma. In Veneto manca poco. La Lega è già un partito sotto tutela. Da “padroni a casa nostra” sono sottomessi a casa loro.


FdI ha scalato la Lega. Non si è egemoni solo con i voti, ma quando si deve chiedere il permesso. Mentre Salvini ripete di essere pronto a un incarico di governo (si potrebbe accontentare delle Infrastrutture perché avrebbe il controllo della Guardia Costiera e inseguire la capitana Carola Rackete). Meloni ha già tre cariche: quasi premier, segretaria di FdI, supplente della Lega. Finirà che al congresso del Carroccio (che non si fa) si candiderà lei. La questione Viminale la potrebbe risolvere con questa mossa: indicare Giancarlo Giorgetti. Al Mise, Salvini. In Friuli Venezia Giulia, che andrà presto al voto, dove FdI ha raggiunto quasi il trentadue per cento, è accaduto qualcosa di singolare. Giorgia Meloni ha quattro uomini di valore. Uno è Walter Rizzetto, coordinatore regionale. L’altro è Fabio Scoccimarro, tradizione missina. Oggi è assessore all’ambiente di Fedriga. Gli altri due sono i fratelli Ciriani. Luca, è capogruppo FdI al Senato, l’altro, Alessandro, è sindaco di Pordenone. Insieme, tutti e quattro, avrebbero potuto chiedere un riequilibrio in regione. Si racconta invece che abbiano chiamato Fedriga per dirgli “il candidato alla regionali è pure superfluo dire che sei tu”.

 

Si sono messi come cavalieri al suo servizio perché sono le indicazioni della loro leader e la leader desidera che Fedriga non debba sottomettersi al suo mezzo capo. Salvini è così accecato da non accorgersi di questa “annessione morbida”. Quale interesse potrebbe avere una donna, fuori da tutto, come Manuela Dal Lago, una fondatrice della Lega, nel dire al Giornale di Vicenza: “La Lega sta morendo!”. La Lega non solo sta morendo. C’è chi sta cercando di avvelenare il giardino dei ciliegi. In Veneto, la Lega di Salvini fa ormai il Pd. Si sta ragionando su un provvedimento di buon senso, chiesto dai sindaci veneti, una piccola addizionale Irpef che si tradurrebbe in maggiori servizi sociali. Pure le categorie si sono dette favorevoli eccetto un leghista alla Turigliatto. E’ Massimo Bitonci che rilascia interviste contro Zaia. Si accoltellano tra di loro.

 

In Lombardia, il sottopancia di Salvini, Fabrizio Cecchetti, vuole espellere dalla Lega Paolo Grimoldi, la cui colpa è di essere il braccio operativo del Comitato nord, la corrente appena fondata da Umberto Bossi. E’ una corrente che si sta strutturando, continua a ricevere adesioni di militanti e con i militanti stanno arrivando quelle degli amministratori. E’ già un piccolo partito nel partito. E’ un fenomeno destinato nei prossimi mesi ad accentuarsi. In Sicilia, chi è stato leghista guarda con attenzione al nuovo movimento di Cateno De Luca, altri tornano con l’Mpa di Raffaele Lombardo che non ha più bisogno di Salvini. E’ il caso dell’ex assessore del comune di Catania, Alessandro Porto. Salvini è il solo ancora convinto di avere potere negoziale. Presto dovrà chiedere il parere della Meloni anche per indicare il candidato amministratore del suo condominio. Si prenda Brescia. Da mesi c’è un quasi candidato di centrodestra. E’ Fabio Rolfi, leghista e assessore regionale all’Agricoltura. Dal 26 settembre, FdI vuole approfondire la sua candidatura.

 

Se Salvini possiede ancora un radicamento in Toscana lo deve al lavoro fatto dal segretario Mario Lolini, buon amico di Giovanni Donzelli di FdI. Lolini ha conquistato i comuni di Grosseto, Pistoia e Lucca. Non fa i post di Susanna Ceccardi, ma la batte in fatica. In Piemonte, tra un paio di mesi, i leghisti dovranno pagare l’imposta dei dhimmi, la jizya. La presidenza della provincia di Vercelli è già nelle mani di FdI, e del suo Davide Gilardino. A Novara, Gaetano Nastri, senatore di FdI sta svuotando la Lega dei suoi amministratori locali. Alessandria è stata persa. Gianfranco Cuttica, il candidato sindaco del capogruppo della Lega, Riccardo Molinari è stato battuto, pensate un po’, sulla sicurezza.

 

Si è difeso come neppure Roberto Gualtieri a Roma: “Non è vero che la mia città fosse sporca e insicura”. A Omegna, Paolo Marchioni, un leghista che è stato consigliere di amministrazione in Consip ed Eni, è stato sconfitto da un vero militante del Pd, Alberto Soressi. Si è candidato nonostante la malattia. Si è spento a fine luglio. Enrico Letta dovrebbe dedicargli una sala. Sono questi uomini che meritano applausi e cerimonie. Salvini potrà infatti anche restare segretario ma ci sarà chi gli chiederà conto fino all’ultima stampella. Sono gli italiani che desiderava Benedetto Croce (Soliloquio, Adelphi). E’ Salvini che riempie di senso un racconto ostinato e duro. Un leghista, un crociano, la dice romantica: “Per quelli che oggi lo stanno avversando vittoria o sconfitta diventa, dinanzi onore e dignità, cosa secondaria”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio