Il federale

Il papello di Salvini a Meloni: vuole almeno dieci ministeri. Sarà una trattativa lunga

Carmelo Caruso

Convoca il federale ma non fa i nomi dei ministri. Il segretario pronto a chiedere: Interno, Affari Regionali, Infrastrutture, Agricoltura, Disabilità, Sanità, Giustizia.

Ha un partito sfederato e chiama le riunioni di partito il “Federale”. Matteo Salvini ha dimezzato voti e promesse. Aveva convocato i dirigenti per indicare i   possibili ministri della Lega e alla fine si è limitato a presentare una lista di ministeri. Sogna pure quello  della Transizione energetica. Sembra Dante: “Armando (Siri) i’ vorrei che tu, Gianmarco (Centinaio) e io, fossimo presi per incantamento”. I nomi dei ministri leghisti li faremo noi e vi aggiungiamo pure la cronaca. Al secondo piano della Camera, Salvini, un segretario politicamente bollito, chiedeva opinioni a Igor Iezzi. Al sesto piano, Giorgia Meloni si confrontava con il ministro Roberto Cingolani. Salvini non è “assediato”. E’ superato.


Cominciamo dalla mattina leghista. Su Repubblica Palermo c’era questo strillo: “Assunzioni o vi inguaio. Agli arresti il sindaco neoleghista di Priolo”. Per carità, siamo garantisti, ma dato che a parere del leghista Iezzi non facciamo buon giornalismo ci limitiamo a riportare le notizie. Passiamo al pomeriggio. Il Federale della Lega era convocato alla Sala Salvadori per le 15, in realtà, i commissari della Lega, quasi tutti nominati da Salvini, erano stati precettati per le 14. Attilio Fontana si è dovuto collegare perché a Milano si votava la mozione contro Romano La Russa (Camerati!). Luca Zaia era connesso da Venezia. Massimiliano Fedriga è venuto a Roma. Meloni stravede per lui. Smack! Alle 14,35, Andrea Crippa, il vicesegretario della Lega, era già seduto per ascoltare. Primo della classe. Alle 14,40, Giancarlo Giorgetti, (“Salvini? Candidato naturale per il Viminale”) che si muoveva come Quasimodo di Notre-Dame de Paris,  faceva il suo ingresso. Il futuro di Giorgetti è una questione che riguarda lui, ma che il futuro della presidenza della Camera se lo debba contendere (così pare) con Riccardo Molinari, uno che in Piemonte purga come un vice Stalin, è un affare di tutti noi. Alla domanda rivolta a Giorgetti: “Molinari farà dunque il presidente della Camera”, la sua risposta è stata: “Ah, se lo votano”. Abbiamo appena fatto cronaca e raccontato come nella Lega sono “uniti e compatti”. Ultimamente il Foglio ha scritto che la Lega non ha una vera segreteria politica ma solo un segretario e un’accolita di camerieri. Va corretto. In verità, già un anno fa, la segreteria era  stata allargata. Salvini aveva deciso: “Da ora, insieme”. Da allora nessun governatore lo ha più sentito. Come fanno i militanti a credere alla sua promessa di congressi? Chi ha partecipato a queste ultime riunioni (se ne farà un’altra tra dieci giorni) le racconta così: “Discussione franca. Decide Salvini”. Perché Salvini  in realtà è pure simpatico. Ha ad esempio promesso che “si aprirà la grande partita dei sottosegretari e mi impegno a recuperare chi è stato sacrificato”. Sulla simpatia di Salvini, Goffredo Bettini un giorno ha detto la sua. A un giornalista ha confidato: “Noi di sinistra siamo noiosi, io Salvini l’ho conosciuto. Mi creda. Salvini è simpatico”. Insomma, poteva andare peggio. Oggi ha lasciato parlare per primo Luca Zaia. L’ammiraglio del Veneto gli ha consigliato di “esigere” il ministero degli Affari Regionali e che la negoziazione con Meloni non può che partire dalle vecchie caselle, vale a dire Sviluppo Economico, Turismo, Disabilità.

 

I nomi che Salvini ha in testa, oltre il suo, sono Edoardo Rixi, Erika Stefani, Giulia Bongiorno,  Centinaio. Vuole pure Siri come viceministro all’Economia. Dato che Siri propone la Flat tax anche noi facciamo commento piatto. Evitiamo di dire cosa pensa l’umanità, e gli scienziati, delle sue teorie economiche. La frase oggettivamente più sanguigna del federale della Lega è stata questa: “Voi non potete capire quanto mi tira il culo che il premier lo faccia Meloni”. Non faremo il nome di chi l’ha detto ma gli diciamo: Bravo! E’ così che parlavano i leghisti dell’insuperabile  Daniele Vimercati, “Vento dal Nord” (è quasi un libro introvabile. Compratelo). Dopo la formazione del governo Salvini comincerà a espellere i “disfattisti”. Si aprirà una partita. E’ disfattista chi critica Salvini o è disfattista anche chi, come Massimo Bitonci, gira le televisioni venete per dire “abbiamo perso per colpa di Zaia e di Draghi”?  Un vecchio leghista sintetizza la parabola di Salvini e del partito con questa  favola: “In un naufragio si salvano un giovane e un vampiro. Il giovane lavora e il vampiro succhia di notte il suo sangue. Il giovane deperisce sempre di più al punto che, una sera, dice al vampiro: ‘Ma non lo capisci che a furia di succhiare morirai pure tu? Al che il vampiro gli risponde: ‘E’ vero, ma se non ti succhio, morirò io prima di te”. Il giovane è la Lega.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio