La Ddr Lega

Salvini promette congressi ma è pronto a sabotarli. Guerra a Zaia, veto su Giorgetti ministro

Carmelo Caruso

Ogni regione raccoglie firme contro il segretario. Lui definisce i dissidenti: "Rompicoglioni". Governatori contro commissari. E continuano le purghe

Ha la tessera numero uno della Cgil: Matteo Salvini, categoria atipico. Come ministro è inabile al lavoro (ecco perché pensa all’appoggio esterno) da segretario della Lega è impossibile da licenziare. E’ l’unico che può ripristinare l’articolo 18 e vincere il congresso del Pd. Quelli della Lega, che ha promesso (i regionali) sa già come sabotarli. In Lombardia vuole agitare come pretesto le elezioni. La Lega si sta scoprendo radicale. Raccoglie firme come faceva Marco Pannella. Su cinquemila iscritti lombardi quasi duemila hanno lasciato il loro nome. Invocano il cambio. E’ accaduto in trentasei ore. Usano la penna come picca, la biro come un’elsa contro la Salvini Ddr. Sono i Pasternak da Giussano.


Al federale parata, quello coreano, che si è tenuto martedì pomeriggio (a proposito, abbiamo scoperto chi era l’unica donna presente: Marialice Boldi) due protagonisti della Lega hanno litigato a causa del Foglio. In un precedente articolo avevamo raccontato che Fabrizio Cecchetti, segretario della Lega lombarda, per errore, aveva spedito in chat un messaggio contro quel galantuomo di Attilio Fontana. Scriveva: “Gli abbiamo fatto un giochetto…”. Fontana ha consigliato a Cecchetti di occuparsi della Lega anziché lavorare contro il suo presidente. Più di qualcuno conosce la voce di Fontana. E’ uno che non sarebbe capace di alzarla neppure se gli rubano la bicicletta. Con il suo tono chiedeva a Salvini: “Ma perché non convochi i congressi immediatamente? Si possono fare anche in un giorno. Prendi un palazzetto dello sport e li convochi. Pensa all’immagine che daresti”. E Salvini: “Non li convoco perché non me li faccio convocare da quelli che rompono i coglioni”. Si limita infatti a farli rompere ai suoi presidenti di regione.

 

Luca Zaia si è rivolto con asprezza verso Riccardo Molinari, capogruppo della Camera, uno che è tornato salviniano dopo aver avuto pensieri stupendi: “Posso fare io il segretario”. Dietro quella foto felice, e fasulla, si nasconde infatti la bava e il coltello. Zaia ha chiesto a Molinari di tenere a bada gli sciancati che si stanno facendo esplodere contro di lui. Che uno come Zaia governatore del Veneto da 12 anni eletto con il 76 per cento dei voti, già ministro, si debba rivolgere a Molinari è segno che è definitivamente saltata la civiltà. Salvini non si è neppure reso conto che potrebbe non avere il privilegio di un Bruto. C’è chi si domanda perché Fedriga, uno che Draghi lodava per equilibrio e saggezza, si tenga Salvini segretario. La risposta non è sua ma è questa: “Salvini salta da solo”. Giulio Centemero, il tesoriere della Lega, raccontano che dorma male. Salvini potrebbe essere rimosso nella maniera più miserabile, con l’autoconvocazione delle assemblee.

 

E’ la tecnica utilizzata nella storia della Lega. Le scope che portarono Roberto Maroni alla guida cominciarono da due assemblee autoconvocate: Varese e Bergamo. Della promessa di Salvini, celebrare i congressi entro fine gennaio, non si fida nessuno. Firmano, firmano e rilasciano interviste contro Salvini. In Piemonte, Francesco Pietrasanta, sindaco di Quarona. A Comacchio, l’ex deputata Maura Tomasi, parla di “arroganza” e di Lega “disintegrata”. A Venezia raccolgono adesioni Toni Da Re e Gianpaolo Vallardi. Bisogna sempre “credere”, come dice Salvini, nella forza dell’inchiostro. Gli uomini di Salvini hanno un rapporto stravagante, quasi divertente, con questa sostanza. A La 7, Stefano Candiani, e non si è reso conto di aver confezionato un’ode alla stampa, ha dichiarato che non “bisogna leggere il Foglio” che è un “distillato di cattiveria”. Con i tutti i dissidenti della Lega si potrebbe davvero registrare la rinascita delle edicole. Sono questi leghisti che hanno allontanato la Lega dalla Lega. Dimenticano cosa era. Per la prima volta, dopo quasi venticinque anni, è stato sbarrato l’accesso di via Bellerio la sera delle elezioni. Era tradizione, per i militanti, più tenaci, seguire lo spoglio in sede. Quest’anno è stato impedito.

 

E’ sempre lì che proseguono le operazioni di “pulizia” etnica. L’assistente degli ultimi segretari regionali, critici con Salvini, Rita Malegori, è stata demansionata. Maurizio Ronchi e Davide Rodella, che lavoravano nell’ufficio organizzativo sono stati spostati al centralino. Al loro posto sono arrivati Elia Pantaleoni e Alberto Citossi, sponsorizzati da Cecchetti. Non sembra via Bellerio ma il sotterraneo atomico di Salvini.

 

In queste ore sta lavorando in maniera indefessa per guastare il futuro di Giancarlo Giorgetti. Non lo vuole ministro. Solo Salvini può credere che uno che ha lavorato con Draghi possa bramare di lavorare insieme a lui. Giorgetti è stato eletto con i suoi voti e di sicuro non è a Salvini che deve chiedere un impiego. Avrebbe già fatto sapere che se Salvini non lo vuole si fa da parte lui. Rimane il vero problema: dove fare lavorare, parola grossa, Salvini. Il dicastero dell’agricoltura è poco. Si ragiona sulle infrastrutture. Un leghista arguto ha suggerito: “Io farei come titolo: Salvini, un treno per Yuma”. Salvini vuole il Viminale perché ama il lampeggiante, le sirene. In attesa costringe una comunità a vivere come si viveva in Germania est e in Cecoslovacchia. Oggi tutti coloro che amano i partiti, la democrazia interna, non possono che stare accanto a un popolo sequestrato e dire come Kennedy a Berlino: “Ich bin ein leghistner”.
 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio