Via Gabrielli e Belloni. Meloni ai servizi segreti promuove "una transizione dolce"

Valerio Valentini

Al vertice del Dis potrebbe arrivare Zafarana o Piantedosi. La delega all'intelligence a Crosetto o Urso, ma non si escludono sorprese. All'Aise confermato Caravelli. L'Aisi sarebbe invece il terreno di negoziazione con Salvini. Il nodo irrisolto della scorta della capa di FdI, che vuole comunque mandare un messaggio rassicurante: "Non faremo sconquassi nel comparto"

L’unico rivolgimento immediato sarà quello che s’impone come inevitabile. Perché, come dicono dalle parti di Via della Scrofa, “è senz’altro un grande funzionario, ma è pur sempre uno del Pd”. Etichetta un poco ingenerosa, ma che testimonia di come la stagione di Franco Gabrielli a Palazzo Chigi, con l’arrivo di Giorgia Meloni alla presidenza del Consiglio,  sia  al tramonto. Potrebbe essere il preludio di uno sconquasso. E invece la rivoluzione nei servizi segreti che alcuni paventano, altri perfino invocano, non avverrà. “Sarà piuttosto una transizione dolce e ordinata”, spiega Adolfo Urso, che sul dossier è tra i più autorevoli consiglieri della leader di FdI. 

E questa voglia di  muoversi con accortezza in un comparto delicato suggerisce dunque che anche il sacrificato d’obbligo venga in qualche modo liquidato con gli onori del caso. L’autorità delegata è una nomina fiduciaria: ci sta che la Meloni pretenda un uomo di assoluta fedeltà. E quanto sia difficile rassicurarla, su queste faccende, quanto numerosi siano i fantasmi che lei scorge nei chiaroscuri del potere, l’hanno capito i suoi collaboratori quando l’hanno vista rifiutare l’assegnazione della scorta istituzionale, gestita proprio dall’intelligence, in attesa di fare verifiche.

A gestire dunque la delega ai servizi potrebbe essere uno tra Guido Crosetto, che però fa mostra in ogni occasione di volere restare fuori dai giochi di governo in un misto di understatement e autoironia (“Mi piace la bella vita, altro che Palazzo Chigi”), e lo stesso Urso, il presidente del Copasir che però, come capita a quelli che si sono guadagnati i gradi sul campo, viene descritto anche  futuro ministro degli Esteri – e del resto ieri, in uno sfoggio di zelo atlantista, in un viaggio a Kyiv organizzato col supporto dell’Aise e d’intesa con lo staff di Mario Draghi, ha incontrato proprio il capo della diplomazia ucraino Dmytro Kuleba –   ma anche ministro della Difesa, e perché no perfino dello Sviluppo economico.

In ogni caso, con Gabrielli sarebbe una separazione consensuale, almeno a giudicare dai pettegolezzi di certi meloniani che scommettono su un suo ricollocamento istituzionale.  E però il suo ritiro dalla stanza dei bottoni potrebbe far vacillare anche gli equilibri dei vertici dei servizi segreti. Perché Alessandra Guidi, vicedirettrice del Dis, l’organo che coordina le attività della agenzie d’intelligence, è un’allieva di lunga data dell’attuale sottosegretario, molto apprezzata da Palazzo Chigi nel suo sforzo di potenziare la lotta sul fronte della guerra ibrida; e insieme a lei, a Piazza Dante lavora anche Luca Scognamillo, già capo della segreteria tecnica di Gabrielli a Palazzo Chigi prima di essere promosso, in piena estate, a capo di gabinetto della direttrice del Dis.

Ecco, Elisabetta Belloni. Anche su di lei i vertici di FdI s’interrogano: che fare? I rapporti con la Meloni sono tutt’altro che pessimi, se è vero, tra l’altro, che la capa dei patrioti s’era detta pronta, nella fatale notte quirinalizia, a sostenere la candidatura dell’ambasciatrice per il Colle avanzata da Conte e Salvini. E però in tanti, nella Fiamma Magica che circonda Donna Giorgia, suggeriscono di forzare la mano: meglio rimuoverla dal vertice del Dis (“E’ una gentiloniana”, vuole la vulgata sovranista, che pretende d’intercettare nemici “del Pd” un po’ ovunque), magari nella primavera prossima, quando scatterà il giro di nomine delle grandi partecipate e la poltrona da presidente dell’Eni potrebbe essere una buonuscita irrinunciabile.

Se così fosse, al vertice di Piazza Dante potrebbe arrivare il generale Giuseppe Zafarana (sempre che il suo mandato alla guida della Guardia di Finanza, che scade contestualmente, non venga rinnovato), o magari quel Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto di Salvini al Viminale, del quale però si parla anche come del probabile prossimo capo della Polizia, oltre che come ipotetico ministro dell’Interno. E chissà che non possa sperare in una promozione Bruno Valensise, da tre anni vicedirettore del Dis e forse il più ascoltato tra quanti – e sono parecchi – hanno saputo accreditarsi, riposizionandosi comme il faut, con la capa di FdI.

Ancora meno traumatico si prefigura  il riassetto dell’Aise. Giovanni Caravelli, appena confermato da Draghi, con ancora quattro anni di mandato davanti a sé, resterà con ogni probabilità a guidare il servizio segreto esterno. Bisognerà però, nel giro di qualche mese, assegnare una delle caselle di vicedirettore, che verrà lasciata libera dall’ammiraglio Carlo Massagli, ormai prossimo alla pensione. L’altro vice, invece, Luigi Della Volpe, potrebbe venire confermato anche come gesto distensivo verso il Pd, che molto insistette con Conte per la sua promozione, quando il governo rossogiallo era ormai alle ore del trapasso. 

Semmai, un cambio della guardia potrebbe esserci all’Aisi. Mario Parente, altro uomo  legato a Gabrielli, potrebbe vedere interrotto anzitempo un mandato da poco prorogato, ma che è già lunghissimo. Dopo sei anni del suo regno, lo scettro dei servizi segreti interni potrebbe passare a uno dei suoi due vice: il generale dei Carabinieri Carlo De Donno o magari quel Vittorio Pisani che qualcuno, nel giro buono di FdI, descrive come l’uomo giusto non solo per il suo curriculum di cacciatore di boss di Camorra: “Sarebbe un favore che facciamo a Salvini”. E si sa che gli alleati, specie quando stanno in difficoltà, vanno tenuti buoni: pure di queste logiche, del resto, si alimentano le dinamiche del risiko nei servizi segreti. Anche in questo, Meloni dimostrerebbe continuità col passato.
 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.