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L'emergenza energetica non è tema da programma elettorale

Lorenzo Borga

I partitidi sono tutti  d’accordo su un tetto al prezzo del gas, ma nessuno (o quasi) spiega come lo vorrebbe fare

I partiti politici si sono accorti dell’emergenza energetica. E’ servito che il prezzo del gas superasse i 300 euro a megawattora perché la crisi diventasse centrale nel dibattito, prendendo il posto delle polemiche sulle alleanze di Calenda, i video in tre lingue e le devianze giovanili. Eppure è da un anno ormai che il prezzo del gas ha cominciato a raggiungere livelli spaventosi, e il governo italiano ha già speso più di 40 miliardi di euro in aiuti e sgravi.


Ma le forze politiche nei programmi elettorali non hanno preso seriamente in considerazione l’emergenza. Il centrodestra, favorito per ottenere la maggioranza, nel suo programma comune dedica all’energia una mancanza di dettagli disarmante. Per contrastare l’emergenza secondo Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia serve diversificare “gli approvvigionamenti energetici” e realizzare “un piano per l’autosufficienza energetica” (significa che dobbiamo azzerare le importazioni dall’estero che oggi rappresentano più del 90 per cento del gas che utilizziamo? Boh). Si procede poi con la “promozione dell’efficientamento energetico” per arrivare al “sostegno alle politiche di price-cap a livello europeo”. E il compitino finisce qua, se non vogliamo prendere in considerazione le misure che impiegheranno anni a essere messe in campo, come il pieno utilizzo delle risorse nazionali, l’aumento della produzione di energia rinnovabile per non parlare del rilancio del nucleare.


Le altre forze politiche non sono da meno, chiariamoci. Il Partito democratico per rispondere alla carenza energetica propone una bolletta sociale per le famiglie con redditi medio-bassi e un piano nazionale per il risparmio energetico mentre sui rigassificatori prima scrive che appaiono necessari “a condizione che costituiscano soluzioni-ponte, rimanendo attivi pochi anni” salvo poi allearsi con forze politiche che sono espressamente contrarie. Il Movimento 5 stelle di Conte dedica al tema solo un punto sulle più di 100 proposte contenute nel suo programma: “revisione del sistema di formazione del prezzo del gas favorendone lo sganciamento dal mercato olandese Ttf, caratterizzato da fenomeni speculativi”. Ottimo, ma come si fa visto che la maggior parte dei contratti a lungo termine firmati dalle aziende che importano gas in Italia sono legati proprio al Ttf? Mistero. L’unica medio-grande forza che si distingue in livello di dettaglio, va detto, è il cosiddetto Terzo Polo. Renzi e Calenda hanno infatti messo in campo un programma che sull’energia è almeno più articolato: completare la costruzione dei due nuovi rigassificatori nei tempi previsti, incentivare l’autoconsumo per le aziende e tetto europeo al prezzo del gas.


E’ proprio sul tetto al prezzo del gas che casca l’asino. A parole tutti infatti sono d’accordo con la proposta portata avanti dal governo Draghi, ma nessuno (o quasi) spiega come lo vorrebbe fare. Un tetto al prezzo potrebbe consistere nella rinegoziazione dei contratti di fornitura, che generalmente prevedono delle clausole di revisione straordinaria dei prezzi (ultimamente usate per rialzare i prezzi, non per abbassarli). Ma si tratterebbe di un processo lungo e il cui esito non sarebbe affatto scontato. Si potrebbe altrimenti imporre alle aziende che importano gas di violare i contratti, ma questo è uno scenario che aprirebbe rischiosi contenziosi ed esporrebbe i governi a penali salatissime. C’è chi vorrebbe allora nazionalizzare l’intero mercato dell’energia e tornare così al passato, ma anche questa sembra un’ipotesi fuori misura. C’è l’opzione di imporre un tetto al prezzo del solo gas russo, dal momento che la stessa Mosca si sta muovendo sul filo delle violazioni contrattuali con le sue mosse di riduzione dell’offerta: ma è probabile che questo non basti a far calare il prezzo del gas in Europa, oggi mosso dal terrore che il continente rimanga a corto di metano per l’inverno.
Oppure ci sarebbe l’opzione iberica: Spagna e Portogallo da maggio hanno introdotto un tetto al prezzo del gas che viene bruciato nelle centrali termoelettriche per generare elettricità. Questo viene comprato a prezzo di mercato dalle aziende produttrici spagnole e portoghesi, che vengono successivamente compensate dagli stati per la differenza tra il costo sostenuto e la soglia di 40 euro a megawattora, che è di fatto il tetto introdotto. In questo modo l’elettricità prodotta dal gas è decisamente meno cara che nel resto del continente (meno di un terzo rispetto che in Italia, Francia e Germania, al momento) e lo sconto si applica anche al resto dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Un modello che però ha richiesto lunghe trattative con l’Unione Europea e a cui è stato dato il via libera per la mancanza di una vera interconnessione energetica – in parole povere, tralicci – con il resto d’Europa. Introdurre un meccanismo simile in Italia sarebbe probabilmente impossibile, perché – visto che il mercato europeo è aperto – significherebbe regalare a basso costo l’elettricità generata in Italia e sussidiata dallo stato a francesi, austriaci e sloveni; per di più in Italia un tetto simile costerebbe tra i 30 e i 40 miliardi di euro, ai prezzi attuali, per via della nostra maggiore dipendenza dal gas per la generazione elettrica.


Ma tutto ciò non compare nei programmi politici dei partiti. Né a dirla tutta nelle dichiarazioni dei membri del governo Draghi, che non hanno mai spiegato come funzionerebbe un tetto al prezzo proposto dall’Italia. E lo stesso si può dire per la proposta di disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’elettricità tutta. Tutti d’accordo a parole, ma nessuno – o quasi, qua va fatto un altro distinguo per il Terzo Polo – che spieghi come sostituire il meccanismo del prezzo marginale. Un sistema di prezzo che funziona per tutte le commodity e che è il naturale risultato delle contrattazioni efficienti tra venditori e produttori. Per non parlare dei razionamenti, una parola che non compare neanche una volta nei programmi delle quattro principali forze (al più si parla di “efficientamento”) e che invece potrebbe essere la via più diretta per indurre un calo del prezzo ad Amsterdam e delle bollette. Eppure gli italiani hanno diritto di sapere quali scelte farà il prossimo governo per garantire che il gas continui ad arrivare nelle loro case senza far esplodere ulteriormente le loro bollette.