Viale Mazzini

Rai intifada. Il (mancato) duello Meloni-Letta scatena la lite Meloni-Salvini

Carmelo Caruso

Dopo la decisione dell'Agcom di bloccare il duello televisivo, FdI punta il dito sul componente dell'Autorità in quota leghista mentre il Pd sul componente in quota Franceschini. A finirci nel mezzo è la tv pubblica

Interviene quando deve attendere, esita quando deve intervenire. Per una volta la Rai doveva fare una cosa: non fare niente. Niente. Si è sbracciata. Senza rifletterci si è appena introdotta nella prossima guerra civile di centrodestra: il conflitto tra Lega e FdI. Il capolavoro? E’ riuscita a scontentare il Pd, che è lo spirito santo della Rai, e pure Carlo Calenda, l’algoritmo della polemica, uno che sarebbe capace di spiegare la Creazione perfino al padreterno. Esce infatti la notizia che Giorgia Meloni ed Enrico Letta vogliono fare il duello televisivo. A Viale Mazzini in coro: “A noi! A noi”. Vince le primarie Rai, Bruno Vespa. Viene comunicata anche la data: 22 settembre. Fermo restando che organizzare qualcosa in Rai, senza sbagliare, è impossibile, ma farlo in campagna elettorale, con le regole della par condicio, è velleitario. Credere addirittura di farlo senza dover tenere conto dell’Agcom è davvero da tonti tonti. L’ Agcom ha detto di no. Il duello a due non si può  fare e non si farà. Il danno d’ immagine per la Rai (e per il suo brand; la presunta imparzialità) è enorme. Ma questo è il meno. Gli strascichi (politici) si vedranno dopo le elezioni.

 

Prima bisogna spiegare come si compone l’Agcom e come si è arrivati a questa decisione. C’è un presidente che si chiama Giacomo Lasorella (fratello di Carmen Lasorella, volto storico della Rai). E’ un profilo di garanzia, non lo discute nessuno. I commissari che compongono il  Consiglio sono quattro. Due di loro sono esperti di comunicazione. Si chiamano Laura Aria ed Elisa Giomi. Passiamo ai componenti uomini. Uno è Antonello Giacomelli. E’ antico deputato del Pd, ed è stato anche sottosegretario allo Sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni. È ritenuto da sempre un “franceschiniano”. Significa Dario Franceschini, il Dalai Lama del Pd, ministro che secondo quanto dicono nel Pd: “Sta già aspettando il 26 settembre per il disbrigo dei suoi affari correnti”. Quando non si occupa di cultura si occupa di regolare il mondo progressista. Giacomelli è stato indicato all’Agcom dal Parlamento così come Massimiliano Capitanio, altro commissario Agcom e già deputato della Lega. Per ricoprire questo prestigioso incarico, Capitanio, si è dovuto dimettere. E’ uno dei pochi leghisti che sulla televisione sa fare il suo. Mastica la Rai, i suoi corridoi giuridici, così come la  masticava un altro  leghista che è stato escluso dalle liste elettorali. Si tratta di Paolo Tiramani. Capitanio e Tiramani sono due eccezioni. Degli altri leghisti che si occupano di Rai, un artista vicino alla Lega che agognava un programma, ebbe a dire questo: “Ma voi li conoscete i leghisti con incarichi ufficiali, quelli che si occupano di Rai? Il Pd li ha fregati sempre. Pure dal salumiere si farebbero prendere in giro e dare due etti in meno”.

 

L’incaricato di partito, quello con “delega” Rai, il riferimento di Matteo Salvini, è Alessandro Morelli. L’altro è Igor De Biasio e siede nel Cda Rai. Occuparsi di Rai è una competenza. Coloro che davvero conoscono questa azienda sono in pochissimi. L’insuperato è Michele Anzaldi. Non è stato candidato dal Terzo polo, quello stesso Terzo polo che, oggi, si sta avvantaggiando della sua battaglia ideale e che denuncia come scandalo il tentativo della Rai. E infatti Calenda cosa fa? Sbircia il profilo di Anzaldi e ripropone  tutte le sue interrogazioni, i suoi atti. Ma adesso  entriamo  nel dettaglio di questa famigerata decisione dell’Agcom e della sua nota, quella  che ha definito il duello Meloni-Letta “non conforme ai principi di parità di trattamento dell’informazione, essendo suscettibile di determinare, in capo ai soggetti partecipanti, un indebito vantaggio elettorale”. Uhf. La decisione è stata presa con i voti di Lasorella, Capitanio, Area. Contraria Giomi. Astenuto Giacomelli. Quest’ultimo non c’era. Ed era giustificato. Ma nelle riunioni preparatorie, Giacomelli, che, ripetiamo, è franceschiniano e già dirigente del Pd, si era  espresso contro il duello. E’ confermato. Quando è arrivata la nota dell’Agcom, la risposta del Pd qual è stata? “Una decisione bizantina” .

 

Guarda caso è la stessa interpretazione che viene dal mondo di FdI. Dice: “L’Agcom dà una lettura forzata della legge”. Insomma, FdI, che è stata maltrattata in Rai, da anni, esclusa dal Cda, non ha dubbi che dietro la decisione dell’Agcom ci sia l’interdizione pesante di Capitanio e dunque della Lega di Salvini. Nel Pd c’è il ragionevole dubbio che Giacomelli non abbia recitato la parte, avversa, di Capitanio. Non è un dubbio.  In mezzo chi resta? Resta la Rai che, dicono in Rai (a proposito, ma l’ad, Carlo Fuortes, dov’è? Cosa fa? Cosa ne pensa?) sapeva già da un mese che Letta e Meloni “si erano messi d’accordo per fare il duello” ma si è dimenticata della sua missione di rete imparziale. Il duello, spiegano i dotti dell’Agcom è impossibile “secondo la delibera 299, articolo 7 comma 2 e 10. Stabilisce che non si può creare un vantaggio ai leader neppure indiretto. Per i duelli servirebbe una legge elettorale diversa”. Conclusioni: In un colpo solo la Rai, è passata dall’avere “conquistato” l’evento delle elezioni, al non averlo. Ha irritato i leader esclusi  (Salvini, Calenda, Berlusconi, Conte) ma ha anche spaccato Lega, FdI e il Pd  (lì non è che ci volesse molto). In breve: iniziarono con il  duello e provocarono con l’intifada.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio