"È così e basta"

Per il Pd è baruffa candidature anche in Liguria

Giampiero Timossi

Alla Camera l’ex ministro spezzino Andrea Orlando, che però avrebbe potuto giocarsela da capolista in qualsiasi collegio e regione. Al Senato il nome imposto dall'alto: Lorenzo Basso. Mal di pancia della base. “A rischio la rappresentatività del territorio”. Sconfitti i due giovani segretari provinciali nonostante, grazie a loro, alle comunali di Genova il partito fosse ritornato primo

C’è l’ex ministro Andrea Orlando che si candida alla Camera e che per scansare grossi rischi va a cercar voti nel cortile di casa. E c’è un candidato al Senato imposto dall’alto e che di nome fa Lorenzo Basso. “Candidiamo lui, stop”, avrebbe deciso il braccio destro del segretario Enrico Letta. Quello che è accaduto al Pd in Liguria non è eclatante come in altre regioni. Però, osservandolo con attenzione, si scopre che è un quadro surreale, con pennellate di tinte fosche. Basta partire dai numeri, quelli della rappresentanza che vedono scendere da 24 a 15 il numero degli eletti in Liguria. Fin qui nulla di originale. “È a rischio la rappresentatività del territorio”, gridavano un po’ tutti i dem nei mesi scorsi, infischiandosene che su quel taglio ci fosse anche il machete del fu segretario Nicola Zingaretti.

 

E così arriviamo al ministro Andrea Orlando, candidato alla Camera nel collegio Liguria per il Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista. Nato a La Spezia 53 anni fa è stato, tra l’altro, vice del segretario Zingaretti, ministro della Giustizia, dell’Ambiente e infine titolare del Lavoro con Mario Draghi. Uno, insomma, che avrebbe le carte in regola per giocarsela da capolista in qualsiasi collegio e in qualsiasi regione. Come in verità hanno fatto tutti gli ex ministri Pd. Invece no, eccolo nella sua Liguria. Sottraendo così una possibilità a chi in Liguria lavora sul territorio da anni. E scatenando i primi mal di pancia della base dem, in particolare della federazione storicamente più pesante, quella genovese. Dicono che Orlando sarebbe (semmai) un leader nazionale, senza una vera base sul territorio.

 

Portano, come prova schiacciante, un’iniziativa elettorale d’ inizio aprile, a sostegno dell’allora candidato sindaco di Genova, il progressista Ariel Dello Strologo. Sul palco oltre al ministro Orlando erano arrivati anche l’ex segretario nazionale Pier Luigi Bersani e l’eurodeputato ligure Brando Benifei. Chi era contò in sala meno di 100 presenti. Chi c’era sosteneva pure che la maggioranza li avesse “portati Benifei”. Quello fu anche il primo campanello della batosta che poi arriverà il 12 giugno, con la rielezione di Marco Bucci (candidato civico del centrodestra) e un Pd che per la prima volta nella sua storia genovese non andò neppure al ballottaggio. Vero, i dem uscirono “rafforzati” dalle comunali del 12 giugno, risultando il primo partito della città. Il merito, in buona parte, andrebbe attribuito ai due segretari provinciali che si sono alternati negli ultimi cinque anni, prima Alberto Pandolfo e poi Simone D’Angelo. Giovani dalla faccia e dai pensieri (politici) puliti, quasi immacolati. Non sono lettiani doc, ma del segretario hanno seguito la linea, in particolare quella del rinnovamento tanto strombazzato. E lo hanno fatto con coraggio.

   

Rinnovamento un accidenti, perché loro oggi sembrano i veri sconfitti del toto candidature che ha frastornato il Pd anche in Liguria. Inascoltati, questo è certo. Non sono stati loro a indicare l’ex deputato ed ex consigliere regionale Lorenzo Basso, capolista al Senato. Basso, lasciato nel 2018 Montecitorio, si è dedicato soprattutto alla sua già avviata attività d’imprenditore digitale. Senza l’apparente assillo di dover diventare un imprenditore di successo. Cosa sia accaduto in Liguria negli ultimi quattro anni è probabile (non certo) che Basso lo sappia. È certo invece che negli ultimi quattro anni il promesso senatore non si è espresso pubblicamente sulle scelte che coinvolgono il territorio. Però “Basso e basta”, ha sentenziato Marco Meloni, braccio destro di Letta. Così ha riferito alla base chi ha assistito alla decisione. La base ingoia, non gradisce. Ricorda che nel 2013 quando Meloni venne eletto deputato era candidato in Liguria e che la sua candidatura ebbe il via libera dell’allora segretario regionale. Esatto, si trattava di Lorenzo Basso. Alle politiche del 2018 Meloni non venne ricandidato, anche Basso lo stesso anno uscì dalla scena politica nazionale e locale. Ora i Letta-boy sono diventati gli uomini al comando. Se saranno uomini d’oro si saprà dopo il 25 settembre.