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nel suk di emiliano

Niente quote di genere. La bagarre delle liste Pd in Puglia finisce a carte bollate

Gabriele De Campis

Ricorso alla commissione di garanzia. I consiglieri regionali dem Amati e Mennea contestano la spartizione "maschilista" nei listini pugliesi. Insorge il Salento per l’espulsione dai posti “utili” di Loredana Capone, presidente del Consiglio regionale. Al suo posto Claudio Stefanazzi, capo di gabinetto di Emiliano. La protesta: “Non è nemmeno iscritto al partito”

Nel suk emilianista di Puglia la bagarre delle liste Pd finisce a carte bollate (interne): i consiglieri regionali dem Fabiano Amati e Ruggero Mennea hanno presentato ricorso urgente alla Commissione nazionale di garanzia per annullare le liste regionali e modificarle. Tutto nasce dalla spartizione dei capilista dei proporzionali: il governatore Michele Emiliano ha imposto alla Camera nel Salento il suo capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi, in nome di un patto territoriale con il civismo, determinando l’esclusione di Loredana Capone, presidente del Consiglio regionale e figura storica della sinistra locale. Nel Tetris delle caselle di platino, con l’ex ministro Francesco Boccia capolista al Senato, è saltata anche la seconda posizione per il sottosegretario uscente Assuntela Messina, emilianista doc. Il listino per Palazzo Madama è stato completato con due esterni: la campana Valeria Valente e con il lombardo Antonio Misiani. Solo quarta la Capone, che non ha ancora accettato il demansionamento.

  

Amati e Mennea argomentano con queste tesi il ricorso alla Commissione romana del Nazareno: “Se sei un partito che in Parlamento va per difendere la legalità non puoi nominare i parlamentari con atti illegali e modalità sessiste. Le liste del Pd Puglia, infatti, sono state composte in violazione delle seguenti regole: parità di genere perché composte con soli capilista uomini; mancanza di elezioni primarie o sistema di ampia consultazione (contendibilità); uguaglianza di tutti gli iscritti; designazioni collegiali; rappresentatività politica e territoriale; pubblicità della procedura di selezione; modalità democratica di approvazione delle candidature attraverso organi rappresentativi; rinunce e sostituzioni senza riconvocare la direzione nazionale”.

   

   

Intanto il Salento dem insorge contro Claudio Stefanazzi, figura apicale del potere emiratino emilianista: secondo il segretario provinciale Ippazio Morciano – che si è dimesso dall’incarico con l’assemblea dei circoli che lo ha pregato di rimanere a difendere le istanze territoriali – “è stato commesso uno scippo ai danni del partito locale candidando un 'non iscritto' al posto di una icona della sinistra leccese come Loredana Capone, violando ogni regola della parità di genere”. L’atto successivo è stato l’inviare una richiesta ufficiale a Enrico Letta e Marco Meloni affinché le liste siano riequilibrate. Michele Emiliano, invece, in un lungo documento post direzione nazionale ha difeso il suo luogotenente Stefanazzi, definendo “uno dei migliori Prodi Boys”…

   

Nel novero delle lamentazioni ci sono anche le pasionarie della conferenza regionale delle “Donne democratiche di Puglia” che auspicano “fatti concreti” per non perdere il voto femminile. Sarcastico il consigliere regionale ionico Michele Mazzarano, che si prepara alla resa dei conti autunnale: “Dopo il 25 ci sarà il 26 settembre e da quel giorno qualcuno dovrà render conto di scelte così gravi da rendere difficile persino la partecipazione alla campagna elettorale. Le liste del Pd, prima di essere invotabili, sono inguardabili. La scelta di imporre cinque capilista di soli uomini è retrograda, antimoderna, tipica delle forze politiche conservatrici della peggiore specie”.

   

Con un partito in crisi di nervi almodovariana, il segretario regionale Marco Lacarra, ricandidato come capolista nel proporzionale Camera di Bari tace. Poi in serata manda una nota che sembra ispirata al professor Alfeo Sassaroli dei cult di Mario Monicelli, come plauso per “le graduatorie dei progetti relativi alla realizzazione di nuovi asili nido e scuole dell’infanzia”.