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I consiglieri dei principi-2

Tutti gli uomini di Salvini

Con chi parla il leader della Lega?

Marianna Rizzini

Da Armando Siri, che da ex craxiano s’è fatto paladino della flat tax e del No Pass, ad Attilio Fontana passando per Claudio Durigon, Andrea Paganella e Antonio Capuano, la squadra del leader leghista verso le elezioni

Intanto c’è quella foto: è il 21 luglio e la buvette del Senato si anima e si spopola a intervalli regolari: cronisti, curiosi, politici, funzionari, soprattutto leghisti con la spilletta identificativa che, fin dal mattino, sorridono e rispondono “ci siamo alzati solo per venire qui a prendere il caffè” a chiunque chieda conto del mancato tributo in piedi a Mario Draghi in Aula. Poi, a un certo punto del pomeriggio, arriva il leader della Lega Matteo Salvini. Si siede su un trespolo – accanto a lui il fido Claudio Durigon da Latina, deputato, già sottosegretario all’Economia e alla Finanze nel governo Draghi e al Lavoro nel primo governo Conte. Sorridono, per non dire ridono, e Salvini fa il famoso brindisi con la Coca-Cola quando si comincia a capire che la crisi di governo è lì, a un passo. E se in quel momento la presenza massiccia sulla scena di Durigon sottolinea plasticamente che il leader della Lega non va da solo, e che anzi attorno e dietro a lui altri volti e altre menti costruiscono e concordano la linea, è dietro le quinte che si rivela la presenza dell’uomo che in questi anni ha contribuito su vari fronti a fare della Lega di Salvini, prima e dopo il Papeete, una Lega diversa da quella bossiana. Non a caso il 21 luglio non appare quanto e come il leader, Armando Siri, senatore leghista, già sottosegretario ai Trasporti nel governo Conte I e poi responsabile del programma e coordinatore dei dipartimenti della Lega. Colui che può anche non apparire, visto che le cose pensa prima che Salvini le dica.

 

Dalla flat tax alla battaglia no Pass, fino a una certa fascinazione per la Russia, Siri – che è anche al vertice della scuola di Formazione politica della Lega, sopravvissuta come pensatoio a differenza dell’Accademia federale della Lega diretta da Manuel Vescovi – arriva dove Salvini, senza di lui, forse non sempre arriverebbe. Soprattutto, arriva dove non voleva arrivare il governista (nel senso del caduto governo Draghi) ministro Giancarlo Giorgetti. Fatto sta che Siri, genovese, non è un leghista delle origini, e forse questo spiega anche perché sia riuscito in poco tempo (Salvini si è avvicinato a lui nel 2012) a veicolare idee saltando gerarchie interne. E insomma, nota scherzando un osservatore, “sarà perché Siri era fan dalla cosiddetta alchimia trasformativa che Salvini si è trasformato in un Papeete permanente?”. Alchimia trasformativa, che sarà mai? ci si domanda mentre un esponente della Lega dei vecchi tempi la collega all’epopea breve del Pin, il Partito Italia Nuova da Siri fondato nel 2011, anche in vista di una sua candidatura a sindaco di Genova: “Una specie di contenitore per tesi olistiche con puntate nello spazio”, dice un detrattore, alludendo all’interesse che alcuni collaboratori del progetto di allora nutrivano per “il lato oscuro della forza”, con citazioni da “Guerre Stellari” in giù, oltre che per non meglio precisate “entità” non terrestri e, più prosaicamente, per i benefici del camminare sui carboni ardenti, quelli che in questi giorni Salvini sta sperimentando in via metaforica, visto il cedimento alla tesi meloniana del “chi prende più voti indica il premier”, regola decisa durante l’ultimo vertice di centrodestra, per non parlare del momento complicato vissuto da Salvini ieri, quando sulla Stampa, a firma Jacopo Jacoboni, sono stati ricostruiti i presunti contatti tra “un emissario del leader leghista” – l’altro perno dell’inner circle salviniano, e cioè il consigliere per i Rapporti internazionali della Lega Antonio Capuano – e un “importante funzionario dell’ambasciata russa in Italia”, interessato a sapere se i ministri della Lega avessero intenzione o meno di dimettersi dal governo Draghi nei giorni in cui la Lega, con il M5s, si agitava attorno al “no” all’invio delle armi in Ucraina, primo passo di una crisi ancora di là da venire. E anche se Salvini ieri ha smentito al grido di “fesserie”, mentre il segretario pd Enrico Letta chiedeva l’intervento del Copasir e il sottosegretario con delega alla Sicurezza Franco Gabrielli negava con veemenza (“le notizie sull’attribuzione all’intelligence nazionale di asserite interlocuzioni tra l’avvocato Capuano e rappresentanti dell’Ambasciata russa in Italia…sono prive di ogni fondamento”), i fili che collegano la Lega e la Russia putiniana, dal punto di vista della teoria, fanno capo al Siri sovranista, anche se il suo sovranismo potrebbe sorprendere per via dei trascorsi giovanili craxiani. Tuttavia l’ex sottosegretario, nel 2020, ha cercato di tenere assieme le diverse fedeltà, a Craxi e a Salvini. Intervistato dall’Adnkronos in occasione del ventennale della morte del leader socialista, infatti, parlava di Craxi come di un compagno di oggi: “Sono certo che se oggi fosse ancora vivo sarebbe un convinto sovranista”, diceva, facendo sobbalzare i post-craxiani che ricordano il Siri ragazzo, collaboratore di Luca Josi, allora giovane braccio destro di Craxi. Un Siri già preso dalle tesi anti-Ue e dal mondo della comunicazione: il senatore e ispiratore di Salvini ha infatti un passato da giornalista a Mediaset, cosa che gli ha permesso di avvicinarsi in modo disarticolato al mondo berlusconiano, ma anche di fare da motore di riferimento all’euforia social del leader della Lega, “in modo felpato ma costante”, dice un deputato di centrodestra che ha visto Siri in azione prima dei giorni di gloria della “Bestia”, avatar e macchina social salviniana poi gravata dall’addio dell’ex spin doctor Luca Morisi.

 

La passione per la comunicazione, per Siri, è stata anche una sorta di bene rifugio nei giorni delle indagini giudiziarie che per il M5s, via Danilo Toninelli, ex ministro dei Trasporti ai tempi in cui Siri era sottosegretario, erano condizione sufficiente alla rimozione dall’incarico, nonostante la buona collaborazione tra Lega e M5s ai tempi della stesura del “contratto di cambiamento” (Siri figurava allora in prima linea accanto a Salvini). Non è stato quello l’unico intoppo giudiziario, ma neanche l’unico inciampo in generale, per l’uomo che, sul tema fiscale, ha dovuto giocare di fioretto per svettare sul duo di economisti Borghi&Bagnai: Siri è diventato infatti, negli ultimi anni, il punto di riferimento di Salvini per la parte di programma leghista che sull’argomento flat tax urla più forte (Siri è autore del saggio “La luce e l’ombra, la rivoluzione fiscale in Italia è possibile”, edito da SpazioPin, e di altre pubblicazioni sul tema). Per non dire dell’altro cavallo di battaglia, il credo No Pass, in nome del quale Siri ha promosso, nel luglio del 2021, la manifestazione in Piazza del Popolo, a Roma, quella in cui si levò nell’aria l’ossimoro politico: “Non siamo qui contro il governo, ma per la libertà di scelta”. E però, dice un leghista che non condivide i toni dell’oltranzismo sovranista ed economico dell’ex sottosegretario, “Siri nella vita privata ha un’indole più riflessiva e automotivazionale, tutto ‘conosci te stesso’ e ‘ sfida te stesso”. Impossibile a credersi per chi se l’è visto arrivare al Viminale, ricorda un addetto, al fianco del Salvini ministro dell’Interno, durante un incontro con le parti sociali, dopo che il caso giudiziario che aveva coinvolto il nome del senatore aveva portato alla suddette dimissioni dal ruolo di sottosegretario alle Infrastrutture. Intanto, dopo la breve eclissi per i ricaschi del caso giudiziario, Siri tornava protagonista dei suggerimenti economici a Salvini (vedi il libro “Flat tax fase due”, citato dal leader delle Lega come informale Bibbia). 

 

Eppure non soltanto di Siri si trattava, quando si è visto Salvini abbandonare definitivamente la mezza via tra piazza e governo Draghi, ché sui territori, e nel Lazio in particolare, si impone non da oggi, tra gli uomini vicini al segretario leghista, il suddetto Durigon, il recente compagno di brindisi alla buvette. L’ex sottosegretario al Lavoro, infatti, uno che vorrebbe farsi chiamare “Dùrigon” con l’accento sulla “u” fin da quando attaccava la legge Fornero e accompagnava ai comizi il leader con sicuro effetto “bodyguard” per via dell’imponenza del sembiante, è stato protagonista della non breve stagione detta “dell’Opa di Salvini su Roma”, cosa che ora, in tempi più meloniani, pare quasi fantascienza, nonostante il sicuro radicamento dell’ex segretario Ugl nella zona pontina, con addentellati nel frusinate. Ancora vivo, comunque, è il ricordo della prima festa della nuova Lega da Durigon organizzata a Latina, prima dell’incidente mediatico politico avvenuto nel momento in cui, nel settembre del 2021, il sottosegretario all’Economia ha buttato lì una frase sulla re-intitolazione di un parco di Latina ad Arnaldo Mussolini, fratello di Benito. 

 

Intanto, sul territorio del Nord, Salvini si avvale dei consigli del governatore lombardo Attilio Fontana, l’uomo che il leader della Lega ha già incoronato per il bis (“per me squadra vincente non si cambia”, aveva detto Salvini prima che la vicepresidente alla Regione Lombardia Letizia Moratti scendesse in campo (“ho dato la mia disponibilità al centrodestra, aspetto un chiarimento, poi mi riterrò libera”, ha fatto sapere Moratti).

 

Ma c’è anche il territorio interno della Lega, dove, sul fronte segreteria del leader, da anni è schierato (periodo al Viminale compreso) il mantovano Andrea Paganella, già amico e socio di Luca Morisi nelle fasi più mediatiche delle campagne leghiste. Di Paganella si parlava quando, a monte dello strappo poi consumato il 21 luglio, si temeva già di vedere Salvini staccare la spina al governo Draghi – ma si pensava a uno strappo autunnale in quel di Pontida, con Paganella pilastro organizzativo-politico della kermesse. Ed è di Paganella che si parla ora, nelle ore precedenti all’avvio della campagna elettorale d’estate, non senza insofferenza, in alcune aree leghiste, per “i modi fin troppo assertivi e le decisioni non sempre improntate alla diplomazia”, dice un esponente del partito. E se lo stile di Paganella non è felpato come quello di Siri, in compenso Siri, a parole, non risparmia gli estremismi. “Stai a vedere che in autunno, se il Covid risale, ce lo ritroviamo in piazza a gridare, come lo scorso anno, ‘il green pass è un delirio psichiatrico’”, sospira un esponente di Forza Italia, dopo aver visto, notizia di ieri, che il senatore Armando Siri siederà al tavolo di centrodestra per la costruzione del programma, accanto al capogruppo della Lega a Palazzo Madama Massimiliano Romeo. 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.