Viale Mazzini

Giorgetti: "Per Rai Way ipotesi Cdp". La storia del sito Rai che nessuno conosce

Carmelo Caruso

In Commissione di Vigilanza, il ministro dello Sviluppo Economico illustra il contratto di servizio e parla del sito Rai, delle spese che vanno razionalizzate. I partiti continuano ad attaccare l'ad

Dal pubblico al (quasi) pubblico. La Rai vende la sua quota di Rai Way e Cdp potrebbe acquistarla. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, in commissione di Vigilanza Rai, e avvalora quanto il Foglio aveva già anticipato: con le clausole imposte dal governo, la sola società che potrebbe rilevare quote di Rai Way è una società controllata in parte dal governo.

 

Queste le parole di Giorgetti: “Per mantenere il controllo pubblico sulla struttura, e far affluire risorse in Rai, si sono già sperimentate, nel corso della storia, delle formule con l'intervento di soggetti che hanno comunque il controllo pubblico pur non essendo soggetti pubblici, come Cdp”.

 

E adesso veniamo a questa speciale seduta. Se siete d’accordo che il Parlamento editore della Rai sia un’anomalia, se convenite che ai partiti non è mai interessato nulla di questa televisione, eccetto per raccomandare compari, capirete che quanto sta accadendo in questa industria non è solo un problema manageriale. Si sta solo evitando (ancora) di operare, ma davvero, un tessuto degenerato.

 

Ecco come si è espresso ieri il cosiddetto “editore” riguardo all’ad Carlo Fuortes. Per editore si intende la Commissione di Vigilanza Rai. Federico Mollicone di Fdi: “Finora dall’ad abbiamo sentito supercazzole di sei minuti”. Michele Anzaldi di Italia Viva: “Spero che l’ad non sia collegato altrimenti dopo le parole del ministro si dovrebbe dimettere o cambiare lavoro”. Maurizio Gasparri di Forza Italia: “Non conosciamo il piano industriale Rai.  Non sappiamo niente”. Alcuni potrebbero chiedersi “ma perché attaccano questo ad con tanta virulenza?”. Altri ancora potrebbero avere il ragionevole dubbio “magari non li accontenta. Evviva”.

 

I pochi (e tra i pochi c’è chi come Anzaldi, un Don Chisciotte, che da anni ha fatto della Rai la sua  questione morale) si chiedono invece: “Ma quale uomo può amministrare un’azienda da due miliardi di euro che si immagina come lo stato libero del Carnaro, in pratica la Fiume di D’Annunzio e Guido Keller, la città della sfrenatezza?”. 

 

La Commissione di Vigilanza ascoltava, anzi, si dice “audiva”, Giorgetti che relazionava sul nuovo contratto di servizio e, come detto, sulla cessione di Rai Way. Si è così scoperto, per voce del ministro, che, primo; “la privatizzazione di Rai Way non deve servire a fare cassa”; secondo, che “bisogna razionalizzare la spesa”; terzo, che “il sito della Rai non è oggi il sito di riferimento degli italiani”; quarto, che la “Rai è sconosciuta sotto una certa soglia di età”.

 

Ma di chi è insomma la Rai? Per razionalizzare la spesa si sta pensando di alienare gli immobili. In Rai, ci sono luoghi dove nessuno ha mai messo piede. Servirebbe la mappa dato che ci sono aree (sedi) “hic sunt leones”. L’ultima che il management Rai sta valutando è vendere per prendere in affitto edifici più piccoli. Ma chi ci dice che l’affitto non sia più oneroso del costo per mantenere gli attuali?

 

Il problema della Rai è il gigantismo, la vanità di tutti i megadirettori galattici. Gareggiano tra di loro a chi è più “esclusivo” dimenticando che appartengono a un unico gruppo. Si prenda il sito dell’informazione Rai. Chi è il direttore? Non lo sanno neppure i giornalisti della carta stampata, forse neppure in Rai. E’ Paolo Petrecca che è pure direttore di Rai news. A quale lettore viene in mente di andare a informarsi sul sito della Rai? Non c’è mai stata una campagna per pubblicizzarlo.  E’ in pratica l’unico sito senza paywall dato che, e giustamente, chi non vive di canone deve farla pagare l’informazione e l’opinione di qualità. E’ curato dal vicedirettore Diego Antonelli.

 

Immaginate i contenuti video che questo sito potrebbe avere a disposizione. Raccontano, e lo raccontano in Rai, che molti dei direttori dei telegiornali si rifiutano di “girare” i contenuti alla testata online: “Eh, no. Prima lo mando in onda e poi magari lo giriamo”.

 

Ovviamente è già superato dalla cronaca, ovviamente sono i pubblici diversi e non ci sarebbe nessuno conflitto, tanto più che stiamo parlando sempre di Rai che “gira” alla Rai. Buona parte di questi problemi si risolverebbe, così come si dice da anni, accorpando l’informazione in “news room”. Nel gergo si chiama sinergia. I risparmi sono stati già calcolati e sono pari a 70 milioni di euro (altro che vendere Viale Mazzini!). In questo caso il piano editoriale è anche piano industriale.

 

Ma in Rai si “audisce”. Il governo per venire incontro alla Rai prima consente di vendere le sue quote di Rai Way salvo riconoscere che ad acquistarle può essere solo una società come Cdp dato che occorre avere il controllo delle torri. La cosa buffa è che al momento non c’è ancora né la vendita né l’acquisto di Rai Way ma solo parole, idee, pensieri che rimandano ad altre parole. La richiesta della Vigilanza è stata infatti di “audire” nuovamente, e presto, l’ad. La Rai?  Non è la casa del pluralismo ma la fabbrica del blablabla.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio