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Politica, e niente zuffe di valori

Giuliano Ferrara

Quand’è che compare un serio manifesto degli interessi, e anche una combattività intelligente, fattiva e non belluina, non demagogica, in nome del popolo che è una nozione da non lasciare in mano ai populisti?

Come ti riporto il mutuo a un livello di interessi accettabile. Come ti aumento il salario, ma di molto. Difendere un livello d’uso dei consumi necessari. Una volta si sarebbe detto anche: come ti offro un lavoro, ma pare non sia più di rigore o di moda. E allora: come posso aiutarti a cambiare lavoro. Come ti garantisco la pensione, una pensione più corposa e più protetta dall’inflazione. Come risolvo la faccenda delle minipensioni in programmazione per i giovanissimi di oggi, come si aiuta una politica della filiazione. Cosa faccio per dare uno statuto stabile e garantito al precariato, che sarebbe una contraddizione in termini ma poi non tanto, vista l’anomala estensione-eternizzazione del fenomeno. Che cosa fare per incrementare sul serio la sicurezza sul lavoro, quali nuovi poteri per i sindacati e obblighi per le imprese. Quali impulsi dare alle piccole e medie imprese perché competano nel loro campo e aumentino la loro produttività. Come ridurre le tasse e allargare la platea di chi le paga. Come razionalizzare i sussidi. Pulire le città sporche. Produrre l’energia necessaria, meglio se pulita e rinnovabile ma senza ideologismi, e abbattere i costi extra della guerra per i meno abbienti. Che cosa fare per la grande ossessione sanitaria, sentimento legittimo di autodifesa della comunità. E fare qualcosa per la sicurezza, comprese le tutele delle polizie e delle Forze armate. In che cosa il sud deve fare la differenza, come investire la massa di quattrini europei in modo da arricchire la società di infrastrutture serie, con tutto il ricasco della modernizzazione. Quale la protezione dalla malagiustizia. E dall’analfabetismo di ritorno.

 

L’elenco degli interessi in gioco potrebbe continuare a lungo, e potrebbe essere anche meno abborracciato di questo. Il problema è che gli interessi sono messi in ombra da valori e diritti, cose che contano, certo, ma da sole non si reggono e non reggono un cartello elettorale per le prossime politiche all’altezza della competizione con le demagogie sociali della destra. Se la battaglia fosse sul prima gli italiani o prima gli ucraini, sarebbe già una battaglia perduta quali che siano gli attestati di competenza, di lungimiranza, di sapienza politica e geopolitica di classi dirigenti impegnate a difendere tutti noi dagli impulsi aggressivi dell’imperialismo russo e dell’alleanza delle autocrazie contro l’occidente e l’Europa. I valori un po’ hanno rotto. I diritti sono controversi e come si dice oggi spesso divisivi. Se lei dice sono donna madre cristiana, difendo la civilizzazione, faccio anche la guerra ma sono all’opposizione e voglio diventare governo per offrire benefici sociali al mio paese, anzi alla nazione, la Grande Proletaria che si muove, non le si può rispondere sono bianco, latino, pisano, ho un cacciavite, credo nello ius culturae e nell’eutanasia, voglio praticare l’accoglienza, punto sul voto ai sedicenni, e sul trasversalismo di gender o l’abolizione delle carceri, sono valori deboli, è pensiero debole, nobile se vogliamo ma debole.

 

Si parla di alleanze, bari-centri, centri mobili, centri-bari, ipotetiche leggi elettorali, campi larghi, veti strettissimi. Il vizio dell’astratto è anche nel centrodestra, ma alla fine tutti sono convinti che il collante dell’ambizione politica prevarrà e Meloni non avrà il coraggio o l’incoscienza di una corsa in solitario, si presenteranno come federatori di interessi negletti dalle élite, il solito brodo populista. Non gli si potrà rispondere con un appello generale antifascista e valoriale, democratico libertario. L’antipolitica di cui sopravviveva un pezzetto con il grillismo di governo biscontiano ormai è morta e sepolta, non dà frutti. Un cartello valoriale e a difesa dei diritti sembra sghembo e illeggibile ai miei occhi. Quand’è che compare un serio manifesto degli interessi, e anche una combattività intelligente, fattiva e non belluina, non demagogica, in nome del popolo che è una nozione da non lasciare in mano ai populisti?

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.