Palazzo Chigi

Il dossier alle vongole. Gabrielli smonta la bufala sul report dei Servizi e promette sanzioni

Carmelo Caruso

Il governo declassifica il documento oggetto di polemiche: "Non esiste una Spectre". La decisione dopo la campagna violentissima contro il premier

Hanno montato una panna, l’hanno chiamata “dossieraggio”. Un funzionario antico, e rispettato, come Franco Gabrielli, oggi sottosegretario, oggi si è presentato in conferenza stampa per smontare una bufala propagata da sciroccati. Per la prima volta ha sancito un principio: i funzionari che passano documenti secretati sono da chiamarsi “infedeli”, felloni. Veniva dunque da dire  “finalmente!”, di festeggiare questo “Hybrid Bullettin” che ieri è stato “declassificato” e consegnato a “tutta” la stampa: “Prendete”. Grazie a questo  documento abbiamo compreso che il dossier è ormai l’ambizione del tempo. E’ come l’epurazione per i giornalisti Rai: “Sono stato dossierato!”.


Dopo una campagna di mala-informazione, una campagna “svaccata”, che il sottosegretario Gabrielli ha chiamato “lesiva delle storie di chi cerca di servire il paese”, insieme alla presidenza del Consiglio si è deciso di convocare una  conferenza stampa, di declassificare la panna, di allontanare il solo sospetto che in Italia esistano delle liste di proscrizione, altro sogno dello squinternato che ambisce all’inserimento. Da domenica, dopo la pubblicazione da parte del Corriere della Sera, del contenuto di questo report (sette pagine) sulle reti di La7 e anche su Rai 3, gli scalmanati si sono dati appuntamento a tutte le ore per ripetere che questo paese era tornato ai tempi del Sifar.

 

A dirla tutta è dal 2019 che questi report vengono redatti, dunque dai tempi di Giuseppe Conte premier. Chi si accosta farebbe fatica a capire perfino di cosa si tratta. Nell’articolo del Corriere si elencavano dei casi di disinformazione operati sul web, in televisione, raccolti sotto il titolo giornalistico “putiniani d’Italia”. Prendeva le mosse dal report redatto dal Dis con i contributi di Aise e Maeci del 3 giugno e trasmesso al Copasir il 6 giungo. Tra le altre cose è pure scritto alle vongole; sia detto sinceramente dopo aver avuto modo di leggerlo. Averlo declassificato è una bellissima operazione di trasparenza ma anche la prova che con la lingua italiana è una battaglia ancora da vincere. Il presidente del Copasir Adolfo Urso, citato nel testo, diventa “Alfonso” Urso. Il report prende in esame episodi avvenuti dal 15 aprile al 15 maggio e non è altro che uno speciale che documenta la cosiddetta guerra ibrida, la propaganda russa contro Draghi. E’ la guerra che si scatena sui social, sulle tv, a colpi di disinformazione, fake news. Sono le bestalità (si dicono narrative inedite) tipo questa: “la pianificazione a tavolino del conflitto da parte degli Stati Uniti che avrebbero inviato droni Switchblade…”.

 

E’ insomma un caso da studiare. Per la prima volta uno studio sulle fake news (di questo si tratta) ha generato la sua stessa fake news: il dossier. Quando Gabrielli si è videocollegato, causa covid, ha ripetuto che, al contrario di come hanno cercato di raccontare alcuni giornali, “non esiste nessun Grande Fratello o Spectre in Italia; qui non si investiga sulle opinioni”. Aggiungeva  che non sono mai stati schedati “né politici né giornalisti”, né tantomeno l’ex presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli. E’ l’ex M5s che il 25 aprile postava la “Z” russa per augurare agli italiani: “Buona Liberazione”. C’era chi ha chiesto giustamente a Gabrielli perché fosse riservato dato che il contenuto era alla fine niente di più e niente di meno di quanto si scrive nelle pagine a cavallo tra cronaca e politica.

 

Era secretato, ha risposto Gabrielli, per “salvaguardare le persone citate”. Sono cinque: Alberto Fazolo, blogger ospite alla trasmissione Di Martedì; Giorgio Bianchi, freelance; l’eurodeputata ex leghista, Francesca Donato; Rosangela Mattei, nipote di Enrico, che in un’intervista parlava della morte dello zio “in chiave anti Nato”. L’altra è la blogger Francesca Totolo. Dell’esistenza di questo bollettino era a conoscenza lo staff della presidenza del Consiglio. E’ vero invece che è stato girato da quella che il sottosegretario ha chiamato “una mano solerte” provocando “discredito”.

 

Serviva Gabrielli per chiamare con il nome proprio quello che in magistratura è quasi la prassi: il passaggio di documenti ai giornalisti, l’ops “guardi che le è caduto qualcosa”. Non esiste infatti “un documento che cade dal cielo” e diceva ancora Gabrielli “il fatto stesso che un documento classificato, che doveva rimanere nell'ambito della disponibilità dei relatori,  è una cosa gravissima”. E’ un caso esemplare dove tutti hanno fatto il loro mestiere: i servizi analizzare e i giornalisti cercare le notizie. La dimostrazione che finisce tutto in commedia si è avuta tuttavia dopo la conferenza. Dopo aver raccontato la balla che i servizi indagano era lo stesso Petrocelli a chiedere: “Chi ha fatto il mio nome? E’ opportuno che i servizi indaghino”.

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio