Il centrodestra si barrica al Mef e sul catasto si riaccenda la baruffa

All'indomani dell'incontro di Draghi con Salvini e Tajani, il sottosegretario leghista Freni lavora insieme ai delegati di Lega e Forza Italia per trovare un'intesa sulla delega fiscale. Ma il metodo è così bislacco che finisce per indispettire tutti gli altri partiti. L'accordo resta lontano

Il problema, al momento, sta nella forma. Che poi è un po' come dire che il problema è ovunque, visto che a stare alla sostanza, almeno per ora, pare tutto un imbroglio, una sceneggiata. E così, nella recita neecssaria a far finta di trovare una mediazione sulla riforma del catasto, succede che la zuffa politica si concentri proprio su questo: sui metodi della recita. E' il Pd, a innescare la pomeica. "Il centrodestra si scordi trattative private col governo", tuona a metà pomeriggio il deputato Gian Mario Fragomeli, capogruppo dem in commissione Finanze. E alle sue si uniscono le proteste del M5s, quelle di Leu, quelle di Itali viva. Il tutto, all'indomani di un incontro  - quello dei leader di Forza Italie e Lega con Mario Draghi - che pareva, se non risolutivo, quantomeno valido a rasserenare il clima intorno alla delega fiscale. Macché.

Succede infatti che il percorso concordato con Palazzo Chigi per arrivare a un'intesa viene seguito in modo bizzarro. Succede cioè che Federico Freni, sottosegretario all'Economia in quota leghista, si veda a Via XX Settembre coi delegati di Forza Italia e Lega, e insieme a Pietro Rizza, consigliere del ministro Daniele Franco, inizi a studiare una soluzione possibile per mettere d'accordo i partiti recalcitranti. Solo che gli altri, di partiti, quelli della sponsa di centrosinistra della maggioranza, questa scelta la vivono come un affronto. "Ma che modo è di gestire una trattativa, questa?". Si cerca Maria Cecilia Guerra, l'altra sottosegretaria all'Economia coinvolta nella partito della delega fiscale. Era stata lei, un mese fa, a porre la minaccia definitiva sul famigerato articolo 6: "Se non passa, il governo è finito". Si spera che almeno lei, esponente di Leu, ci sia. "Sono in treno, non sono coinvolta", risponde ai deputati che la cercano. Al che Vita Martinciglio, la più alta in grado del M5s in commissione Finanze, scrive direttamente a Freni. "Mi ha detto che sta cercando una quadra che possa convincere tutti", riferisce poi ai colleghi grillini. Ma a tutti chi, esattamente? Luigi Maratrtin, che oltre a essere presidente di commissione è anche relatopre del ddl, cade dalle nuvole. Pure lui contatta Freni. Pure lui viene rimbalzato. "Qui si cerca un accordo col centrodestra", spiega il sottosegretario a chi lo interpella. "Poi si tornerà a Palazzo Chigi per sottoporre l'intesa al vaglio del presidente del Consiglio, e di lì si procederà insieme agli altri partiti di maggioranza". Nessuna riunione politica, insomma, nessun vertice carbonaro. Solo un confronto tecnico preliminare, nulla più.

Dove si dimostra che l'arzigogolo è sempre lo strumento preferito dalla politica italiana per illudersi di semplificare le cose. Che poi, in un certo senso, a volte sono comunque semplici. Quella del catasto, ad esempio, lo è. Nel senso che Mario Draghi è stato rigoroso, sul tema: si possono cercare tutte le mediazioni possibili, ma sull'adeguamento dei canoni ai valori di mercato, non si transigge. E siccome è proprio quella frase, quell'inciso, che il centrodestra contesta, ritenendolo il pertugio da cui passerebbe poi la stangata sulla casa, la patrimoniale, n on si capisce bene fino a che punto la ricerca di una certa sfumatura di grigio possa risolvere un problema che è banale: o bianco o nero. Stamane, per dire, Riccardo Molinari, capogruppo del Carroccio alla Camera, lanciava la sua proposta: "Se Draghi ci dà ragione sul catasto, noi lasceremo correre la norma sulle concessioni balneari". Un quarto di fisco per un paio d'etti di liberalizzazione. Funziona così. O forse no, non funziona, ma tant'è. 

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