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Ai cittadini italiani sì, alla resistenza ucraina no. Il cortocircuito di Salvini sulle armi

"Quando si parla di armi non riesco a essere felice". Con l'invasione russa dell'Ucraina, nel leader della Lega ha preso piede una profonda fede pacifista. Eppure le armi gli garbavano, a giudicare dalle foto che si faceva scattare e da ciò che diceva sull'autodifesa, "sempre legittima"

Enrico Cicchetti

La guerra l'ha cambiato. Con l'invasione russa dell'Ucraina e l'invio di armi alla resistenza di Kyiv da parte dell'occidente, in Matteo Salvini ha preso piede sempre più una profonda fede pacifista: "Ci sono colleghi parlamentari che parlano con facilità di missili, antiaerei, bombe, carri armati, sommergibili, nucleare... Io preferisco la via del Santo Padre: umilmente, sperando che possa servire, parteciperò al digiuno e al momento di preghiera da lui indetto", diceva il leader della Lega tre settimane fa, poco dopo l'attacco di Mosca. "Quando si parla di armi io non riesco a essere felice", ha detto Salvini. 
 
Eppure anni fa le armi sembravano garbargli, a giudicare dalla mole di fotografie che si faceva scattare, sorridente, alle fiere di settore. Salvini è stato immortalato mentre imbraccia pistole, mitra e fucili. E poi c'è la questione dell'autodifesa, "sempre legittima", un vecchio cavallo di battaglia leghista: "Se uno entra in casa mia di notte mi difendo. Se ho un'arma legittimamente detenuta io sparo!" E ancora: "Se da casa mia esci steso è un problema tuo. Tu entri con il passamontagna, il bastone o la pistola in casa mia di notte. Io mi difendo prima che tu mi prenda bastonate". Ecco, forse a Putin manca giusto il passamontagna.

  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti