Le feluche del premier

La squadra di Draghi, da Mattiolo a Benassi. Tra diplomazia e guerra

Marianna Rizzini

Con chi si consulta, il premier, in queste ore in cui la guerra in Ucraina ha preso il sopravvento? Un ritratto 

E’ passato poco più di un anno dal 17 febbraio 2021, il giorno in cui il premier Mario Draghi, appena insediato, parlava in Senato di Europa, Stati Uniti e Nato, sottolineando che il suo governo nasceva “nel solco dell’appartenenza del nostro paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori”. Parlava, Draghi, in quell’occasione, di un governo atlantista ed europeista, fedele al percorso che dal Dopoguerra “ha portato benessere, sicurezza e prestigio internazionale”. E parlava anche di “multilateralismo efficace, fondato sul ruolo insostituibile delle Nazioni Unite”, in un rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania, pur nel dialogo con la Federazione russa (e allora Draghi sottolineava anche la “preoccupazione” per la violazione dei diritti e l’aumento della tensione a Est e in Asia).

Un anno dopo, con in mezzo la firma (nel novembre del 2021) del Trattato del Quirinale per l’alleanza strategica tra Italia e Francia, c’è sulla scena il Draghi di questi giorni: in conferenza stampa a bombardamenti russi iniziati, e poi nel corso dell’informativa alla Camera e in Senato, impegnato a descrivere la situazione tra rispetto della tradizione atlantista e accenno alla complessità del rapporto con la Russia. Il ritorno della guerra in Europa “non può essere tollerato”, ha detto ieri Draghi, “ma dobbiamo esser consapevoli che l’agenda della Russia è vasta, complessa e a lungo premeditata. Ho la sensazione di essere solo allo stadio iniziale di un profondo cambiamento nelle relazioni internazionali che ci hanno accompagnato nei più di settant’anni che sono passati dalla fine della guerra mondiale”. Si attendevano intanto a palazzo Chigi le decisioni Nato, previste per ieri sera, mentre imperversava la discussione tra gli osservatori su chi, in Europa, vuole escludere la Russia dal sistema swift e chi ancora ieri mattina appariva più cauto (anche Germania e Italia). Draghi, alle Camere, ringraziava intanto la Farnesina e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, prima di affrontare il tema dell’impatto della crisi sull’economia. Tra diplomazia e guerra, tra linea puramente atlantista e suddetto multilateralismo, apparivano dietro alle parole di Draghi anche le tracce di un lavoro di squadra, come supporto nei rapporti con le cancellerie europee, con la Nato, con gli Usa, e, prima del deflagrare della crisi militare, con Ucraina e Russia.

Con chi si consulta, il premier, in queste ore? Ruolo centrale riveste ovviamente il consigliere diplomatico e rappresentante personale del premier per i vertici G7 e G20 Luigi Mattiolo, anche a capo, a Palazzo Chigi, di un team di giovani esperti da lui coordinati (tra cui, per il lato atlantista, l’ex console generale a San Francisco Lorenzo Ortona, diplomatico di terza generazione dopo il padre e il nonno). Mattiolo, classe 1957, laureato in Scienze Politiche a Roma, è entrato in diplomazia nel 1981. Nel corso della sua carriera ha ricoperto, tra gli altri, incarichi a Mosca, Belgrado, presso l’Onu, presso il Consiglio Atlantico a Bruxelles, ed è stato ambasciatore ad Ankara e Tel Aviv e, ultimo ma non ultimo, a Berlino, oltre a essere stato insignito del riconoscimento di Grande ufficiale al merito della Repubblica. Ed è Berlino la chiave per unire il suo profilo a quello dell’altro uomo che affianca Draghi in queste ore: Pietro Benassi, rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea, ex ambasciatore a Berlino come Mattiolo ed ex consigliere di Giuseppe Conte per le questioni internazionali (nonché, secondo gli osservatori, demiurgo nella cosiddetta svolta europeista di Conte). Mattiolo, come Benassi, a Berlino si è trovato ad affrontare dossier cruciali su Europa, energia, Brexit e rapporti con Russia, da un lato, e Usa, dall’altro. Ed è stato Mattiolo, nel 2019, ad accompagnare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Francoforte quando Draghi ha lasciato la guida della Bce. Mattiolo ha una formazione umanistica, ma anche esperienza sul campo tra Europa e Asia. Ed è in stretto contatto con il segretario generale del Ministero degli Esteri, ambasciatore Ettore Sequi; con il capo di Gabinetto del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ambasciatore Sebastiano Cardi, e con direttore generale degli Affari Politici dello stesso ministero, ambasciatore Pasquale Ferrara. E ieri, mentre si attendevano le decisioni Nato, il ministro Guerini preannunciava intanto “pieno sostegno”  e partecipazione “alle misure di rafforzamento della deterrenza” previste in seno all’Alleanza Atlantica. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.