Ora scomposizione. Dove porta il Mattarella bis

Paolo Cirino Pomicino

Partiti che cambiano, coalizioni che mutano, centri in arrivo. La rivolta dei peones ha dato il via per spazzare dal palcoscenico attori improvvisati e comparse che sembravano sempre più fantasmi di un’opera buffa. Così si è tornati a dare un ordine comprensibile al sistema politico italiano

Sette giorni di fuoco con all’orizzonte l’arrivo minaccioso di un uragano devastante che poteva gettare il paese nel caos. È stata questa la rovinosa prospettiva che tutti abbiamo vissuto minuto per minuto da lunedì al sabato scorso. Lo stellone Italiano e la rivolta silenziosa della base parlamentare contro i vertici dei cosiddetti partiti hanno evitato che il paese entrasse in un caos cominciando a votare Sergio Mattarella. Erano i franchi tiratori contro la scheda bianca o, come da tempo diciamo noi, la forza dei liberi pensatori che per primi hanno avvertito il rischio di un gioco al massacro fatto dai vertici dei partiti non all’altezza dei bisogni del paese. E così, rapidamente, si è allontanato il rischio di un caos che avrebbe determinato una tempesta perfetta con un presidente della Repubblica privo di una solida esperienza politica ed una conseguente crisi di governo o viceversa un’autorevole presidente della repubblica (Mario Draghi) privo di ogni potere esecutivo ed una maggioranza di governo che nessun altro avrebbe potuto ricostituire e quindi con un esecutivo in caduta libera. Erano questi gli scenari dell’orrore che ci hanno tormentato per sette giorni.

     

Guai, però, a ritenere che passato il pericolo tutto possa tornare come prima. Abbiamo toccato con mano una decadenza politica che è lentamente cresciuta in questi 25 anni con partiti personali privi di ogni cultura politica e con un sistema elettorale simile a quello dell’Italia liberale dei primi anni del novecento. Trasformismo e inadeguatezza erano i risultati largamente prevedibili. Gli errori di questi giorni, poi, hanno aggravato la scena politica. Errori molteplici a cominciare dal mantra secondo il quale la maggioranza presidenziale doveva essere uguale alla maggioranza governativa dimenticando che questo governo è un governo straordinario e transitorio mentre il presidente della Repubblica rimane sette lunghi anni a rappresentare e guidare il paese.

   

Come se non bastasse dopo questa stramba “camicia di forza” ognuno ha armato le proprie coalizioni introducendo così rigidità insuperabili nel confronto necessario tra i singoli partiti già di per se in crisi di credibilità e di compattezza. In questo marasma è apparsa fin troppo chiara come la coalizione di centro destra fosse allo sbando priva come era della guida di Silvio Berlusconi.

 

Alla stessa maniera la guida del movimento dei cinque stelle di Giuseppe Conte ha sfiorato la comicità con quel comizietto di venerdì sera fuori l’ingresso dei gruppi parlamentari quando inneggiava alla certezza di avere un presidente donna. Quando non si ha una identità culturale precisa e comprensibile si sfoderano i simboli pensando che essi possano mascherare l’inconsistenza politica. La rivolta dei peones ha dato il via per spazzare dal palcoscenico attori improvvisati e sprovveduti oltre a comparse che sembravano sempre più fantasmi di un’opera buffa e così si è tornati a dare un ordine comprensibile al sistema politico italiano rieleggendo alla presidenza della Repubblica Sergio Mattarella, democratico cristiano di lungo corso, lasciando alla guida del governo Mario Draghi con la sua straordinaria reputazione internazionale di cui il paese ha tanto bisogno.

 

Faremmo tutti un errore se dal prossimo lunedì, come abbiamo detto, tornassimo alle vecchie abitudini che stavano precipitando il paese nel caos. O si avvia una scomposizione e una ricomposizione del sistema dei partiti con una legge proporzionale e con la rinascita di tutte le famiglie politiche che governano gli stati europei o l’Italia, nonostante la coppia Mattarella-Draghi, andrà sempre più alla deriva.