Salvini sbanda e rilancia, ma con la Belloni combina un altro pasticcio. E i leghisti mormorano

Giorgetti gli consigliava di chiedere a Draghi il ministero della Salute: "Mandarlo al Colle ci conviene". Renzi ai suoi: "La Belloni è l'operazione con cui Conte, Salvini e Meloni vogliono portarci a votare"

Valerio Valentini

Giorgetti lo aveva spinto a riaprire il dialogo con Draghi. Ma dopo la figuraccia sulla Casellati, il capo della Lega tenta l'azzardo estremo in asse con Conte, senza avvertire nessuno degli alleati. E così Forza Italia si mette in proprio: "D'ora in avanti il nostro partito tratterà autonomamente". Lo sgomento di Zaia e Fedriga

E’ lo spariglio estremo, la strambata a sorpresa con cui prova a uscire dall’angolo in cui si era cacciato. “L’asse con Conte è reale”, è andato ripetendo per giorni. E’ un sospetto che in effetti i suoi alleati di centrodestra erano venuti nutrendo, nei giorni scorsi. Quando si erano accorti, cioè, che delle molte telefonate che Matteo Salvini diceva di dover fare, le uniche veramente frequenti, le uniche davvero reali, erano quelle con Giuseppe Conte. Ed è infatti su quell’asse, lo stesso che aveva dato consistenza all’ipotesi di Franco Frattini, che ieri sera è precipitata la candidatura di Elisabetta Belloni. E in un attimo le speranze di Giancarlo Giorgetti, e con le sue quelle di altri colonnelli leghisti, si sono sfarinate. 

Nicola Molteni, leghista dal piglio deciso, a metà mattinata s’aggirava nel cortile di Montecitorio come un’anima in pena. “Ma una mano a venirne fuori, non ce la date?”, chiede a un gruppo di deputati del Pd, mentre il sacrificio scontato di Elisabetta Casellati procede  nel segreto dell’urna. “Restano o Draghi o Mattarella”, gli dicono. “Mattarella per noi è invotabile, per Matteo sarebbe una disfatta, visto dove ci siamo cacciati”. E allora Draghi? “Eh, ma Salvini per ora non ci sta”, sospira lui. Poco più in là,  Giorgetti intercettava Graziano Delrio. Provava a rassicurarlo che sì, dei margini per riaprire la trattativa col premier ci sono. “Vediamo se Matteo si convince”. Del resto i suggerimenti che il ministro dello Sviluppo dispensa al suo leader sono gli stessi da settimane: che con Draghi deve ricucire, che certi screzi, più personali che politici, nati intorno al dossier del green pass ormai mesi fa, vanno superati, magari in maniera fantasiosa: “Se è su quel fronte che soffriamo, stando al governo, perché non proponi a Draghi di darci il ministero della Salute?”. Questi sono i consigli offerti a Salvini, e a chi gli sta intorno, da quel Giorgetti che esorta i suoi parlamentari  a guardare  oltre le scadenze di questa legislatura ormai al tramonto, e di tenere bene a mente un rischio connesso allo sfregio verso il premier: “ché se Draghi resta a Palazzo Chigi, ammesso che ci resti, dopo che al Colle finisce qualcun altro, inizierà a filare come un treno”. E allora sì che, nell’azione di governo, la Lega potrebbe entrare in difficoltà. E insomma quando a metà pomeriggio, dopo un lavoro di diplomazia sotterraneo andato avanti da ieri pomeriggio, Salvini ha incontrato Draghi in un palazzo di Via Veneto, in una riunione durata quasi un’ora e da cui sembrava di poter cogliere, su entrambi i fronti, segnali di disgelo, in tanti pensavano che gli accidenti stessero prendendo una direzione ragionevole, dopo la figuraccia colossale che aveva visto protagonista e vittima la presidente del Senato. 

Anche i consiglieri dell’altra sponda, quelli che fanno da tramite tra Salvini e Matteo Renzi, si erano attivati per convincerlo a trattare col premier. Anche se, come sottolinea un ministro del Pd, “su quel fronte si è persa una settimana, e ora  mi pare difficile”. Il senatore di Scandicci ci scherzava su, in Transatlantico: “Se Salvini e Letta si mettono d’accordo su Casini, magari con la benedizione del Cav., io me ne sto zitto, pur di favorirlo. Se vanno sul Mattarella bis, va bene. Se convergono su Draghi, mi divertirò  nella composizione del nuovo esecutivo. Quel che è fondamentale, però, è che Letta e Salvini si parlino. Sennò non se ne esce”. 

E invece Salvini prova a uscirne usando l’altro canale. Quello che lo tiene in contatto costante con Conte. Evocando la candidatura della Belloni, da quasi un anno a capo del Dis. Il primo a stoppare l'operazione è proprio Renzi: "Trovo inaccettabile candidare il capo dei servizi segreti alla presidenza della Repubblica", sentenzia. E oltre alla questione di merito, che ha a che vedere "con la mancanza di cultura istituzionale di Conte e Salvini", c'è poi l'operazione politica, da bloccare. "Fate capire a tutti i colleghi che eleggere la Belloni e il modo col quale Conte Meloni e Salvini vogliono portarci a votare", spiega il leader di Iv ai suoi parlamentari. E forse è anche per questo che, oltre a far irrigidire il Pd, e far scattare sull'attenti Leu ("Siamo assolutamente contrari"), la proposta sulla Belloni genera nuovo sgomento anche tra i soldati di Salvini. Che un po’ lo sospettavano, che avrebbe osato ancora. "Qua siamo al Papeete, seconda edizione", ridevano sulle chat dei leghisti lumbàrd. E con loro sbuffavano pure i governatori: “Non chiedetemi una spiegazione in questa follia”, diceva Massimiliano Fedriga. Luca Zaia, più sibillino, si augurava che “la nuttata passi presto”. Prima che la notte arrivi, però, Salvini riuscirà a bruciare, nello stesso giorno, la presidente del Senato e la responsabile dei servizi segreti. E ci vuole del talento. E il leader della Lega ce ne mette così tanto che a sera Forza Italia annuncia ufficialmente di voler trattare autonomamente, d’ora in avanti, sul Quirinale. La delega come leader del centrodestra che Salvini aveva tanto voluto, non c’è più. C'è invece l'intesa di ferro con Conte: i due sono decisi a portare in Aul,a domani, la conta sulla Belloni.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.