Così Omicron scombina i conti sul Quirinale. Calcoli e tattiche nell'incognita della pandemia
La riunione dei capigruppo davanti a Roberto Fico, che prende tempo e prova a evitare scazzottate sui regolamenti
Lega e Iv propongono un "Covid hotel" davanti a Montecitorio per far votare i grandi elettori positivi. FdI chiede deroghe sulla quarantena, ma Pd e Leu fanno i rigoristi: "Senza un decreto del governo, nessuna modifica alle regole". Già oggi i positivi, tra Camera e Senato, sono 50. Le nuove norme per l'elezione del capo dello stato: tamponi, green pass e addio ai catafalchi
Lo scenario è così inedito, così imperscrutabile il mutare degli accidenti, che pure la proposta che vuole essere di compromesso piove sul tavolo di Roberto Fico come una trovata bislacca. “Allestire un Covid hotel di fronte a Montecitorio per mettere ‘in bolla’ i grandi elettori positivi, ma consentirgli di votare per il Quirinale”. Eccola, l’idea del leghista Riccardo Molinari durante la conferenza dei capigruppo alla Camera. Ipotesi condivisa dal renziano Marco Di Maio, che prospetta “percorsi appositi per portare i positivi a esprimere il proprio voto nel cortile di Montecitorio, in una tensostruttura, senza creare focolai”. Uno sforzo d’inventiva destinato, pare, a restare vano. “Se volete la mia, alla fine resterà tutto com’è”, dice infatti il deputato di Italia viva ai suoi colleghi.
E sui motivi dell’immobilismo, sulla prospettiva insomma che il Covid condizioni l’elezione per il presidente della Repubblica così come funesta il resto del vivere civile, le ipotesi sono le più varie. Roberto Calderoli, vecchia volpe del Carroccio, alla buvette del Senato se la rideva sotto i baffi, giorni fa: “Vi siete chiesti come mai a sinistra hanno smesso di sollecitare appelli di costituzionalisti contro le prerogative violate dei parlamentari in vista del voto sul Colle?”. E la domanda la lasciava così, sospesa a mezz’aria, alludendo al cinismo dei calcoli che qualcuno nel Pd sta facendo. Che insomma, nella consapevolezza di una condizione di subalternità numerica, i rossogialli puntino al rimescolamento di numeri e di equilibri causato da Omicron? Come che sia, Debora Serracchiani s’appella a un principio di ragionevolezza che tiene conto delle false ragioni del populismo, e nel farlo un poco le accarezza: “Dobbiamo stare attenti – dice la capogruppo del Pd ai suoi parigrado riuniti da Fico – a non apparire una casta di privilegiati che non rispetta le norme che impone ai cittadini, perché sarebbe benzina nel motore della propaganda no vax”.
In effetti, si sollevano soprattutto dal centrodestra le voci di chi chiede modifiche al regolamento. Il meloniano Francesco Lollobrigida propone che i positivi possano recarsi nelle prefetture delle loro città per esprimere il voto in busta chiusa sotto lo sguardo vigile di un pubblico ufficiale. “Già oggi i positivi possono uscire di casa in caso di emergenza sanitaria”, sostiene. “Basterebbe estendere anche ai grandi elettori la deroga”. L’autodichia della Camera consentirebbe in effetti qualche concessione alla fantasia. “Ma per eccezioni simili servirebbe un decreto ad hoc del governo”, fa notare Federico Fornaro, di Leu.
Ed ecco che insomma il molto rumore sembra risolversi in nulla. E nel silenzio enigmatico di Fico, che pure promette “un supplemento di riflessione”, c’è, dicono i suoi collaboratori, la rassegnata consapevolezza di chi sa che non ci si potrà inventarsi granché. Semplicemente, stando così le cose, verranno ammessi a Montecitorio solo i negativi provvisti di green pass e con temperatura sotto i 37 gradi. I positivi non voteranno. Secondo i conti che i questori di Camera e Senato hanno fatto, si tratta di 37 deputati e 9 senatori al momento. Ma a questi bisognerebbe poi aggiungere quelli costretti in quarantena e in isolamento. E insomma l’incertezza fisiologica del voto segreto si sostanza di ulteriore imprevedibilità. Il Covid diventa una variabile perfino più decisiva degli indicibili accordi tra partiti. Anche per questo Davide Crippa, che tra i suoi deputati del M5s conta più di dieci colleghi colpiti da Omicron, ha diramato alla sua truppa l’ordine di acquartierarsi a Roma: “Evitate eventi sui territori, riducete al massimo i contatti”. Perché anche dalla capacità di tutelarsi, di qui al 24 gennaio, passerà la saldezza dei gruppi alla prova più decisiva della legislatura.
Che si svolgerà, peraltro, con una procedura insolita. Solo cinquanta grandi elettori per turno, in Aula: si partirà dai senatori, in ordine alfabetico, per poi passare ai deputati e ai delegati regionali, che sfileranno uno per uno dentro una cabina fabbricata alla bisogna, con aperture laterali per garantire l’areazione e una facile sanificazione, che rimpiazzerà i mitologici catafalchi dopo trent’anni di servizio. La procedura occuperà tra le quattro e le cinque ore. Più che scontato che non si effetti più di una scrutinio al giorno. Durante lo spoglio, nell’Emiciclo potranno esserci non più di 200 persone, così da assicurare il distanziamento. Che invece verrà violato al momento della proclamazione, quando il neo eletto presidente terrà il discorso d’insediamento: l’Aula sarà aperta a tutti, per quella manciata di minuti, ma previa effettuazione di un tampone. A quel punto il pallottoliere dei voti, e quello del virus, avranno già emesso le loro sentenze.
L'editoriale del direttore