I gozzaniani con la vestaglia

Il partito degli "allegri musoni". Giorgetti-Galli della Loggia: "Servono i padroni"

Il ministro dello Sviluppo Economico: "Nelle periferie serve anche la militarizzazione, fare capire chi comanda"

Carmelo Caruso

Alla presentazione del libro di Galli della Loggia e Schiavone si manifesta il movimento di sbuffo nazionale, i conservatori progressisti. Salvatore Rossi, ad di Tim, insieme a Giorgetti che sui fondi (Kkr?) dice: "Sono sempre capitani senza volto" 

Hanno fondato il partito unico dei musoni, il movimento degli insoddisfatti per natura, gli italiani con il broncio. Sono allegri, ma in pubblico non vogliono che si sappia. Erano dunque contenti di essere gli scontenti della nazione perché, finalmente insieme, potevano dire “non va bene, non va bene”, distruggere a parole “i ritardi antichi del mezzogiorno”, “il titolo V”, “la politica delle relazioni”, mannaggia! Ernesto Galli della Loggia, il docente “musone emerito”, già pronto per le foto di Dagospia, (“in posa”) ha trovato nel ministro dello Sviluppo Economico, l’oracolo leghista Giancarlo Giorgetti, il destro che piace alla sinistra, quel leader che ha sempre cercato.

 

Ebbene, ieri, a Roma, alla Gnam, alla presentazione del libro “delfico” dal titolo “Una profezia per l’Italia” di Della Loggia e Aldo Schiavone, il pamphlet della frustrata al meridione, si sono ritrovati, in piedi e seduti, gli italiani simpaticamente fastidiosi, i conservatori progressisti, i neoprezzoliniani.

 

Chi sono? C’era con loro Salvatore Rossi, altro militante di questo movimento di sbuffo nazionale (“attenzione, sono di Bari”). E’ l’ex direttore generale di Bankitalia, l’uomo che oggi è protagonista della partita Tim-Kkr, l’amministratore delegato che dovrà gestire, proprio insieme al governo e a Giorgetti, l’opa dell’anno. E’ diventato così centrale (o forse decisivo?) che Giorgetti ha preteso la paparazzata, (“sei un uomo che conta”) la foto insieme prima di spiegargli, sottovoce, che “è il momento in cui bisogna rimpiangere i padroni”.

 

E gli diceva ancora, e sempre all’orecchio, che “il vero problema dei fondi è che non capisci mai chi si nasconde. Sono capitani senza volto”. Sarebbe scorretto dire che Giorgetti si riferisse a Kkr. Faceva quello che sapeva fare meglio: parlava senza soggetti. Giorgetti è il ministro delle ellissi. E per fortuna sorrideva, ma sempre con la sua speciale smorfia e la frezza bianca, quando Lucia Annunziata, che il libro lo presentava, da meridionale, gli dava del “nordico” che per lui è il complimento più grande, la laurea, la tessera da “lo so io cosa serve davvero”.

 

Stupiva quindi tutti quando diceva che il governo Draghi, il suo governo, “avrebbe dovuto mettere 5 miliardi sul sud ma impegnarli sulla sicurezza”, che “nelle periferie serve anche la militarizzazione, fare capire chi comanda”. Si è capito adesso perché Galli della Loggia lo ha eletto segretario del partito dei grandi malinconici? Sono simili.

 

E’ una categoria che sarebbe piaciuta a Gozzano, è un pezzo di mondo che legge il giornale vicino al paralume, che apre le pagine economiche e che ama tutto quello che ha che fare con la severità, la disciplina. Sono i padri con la vestaglia che rimbrottano i figli e che vanno a messa di domenica senza saltarne una: nel nome del padre …

 

Ed era dunque divertente sentirli lamentare ma con sfumature diverse, fare le vecchie zie, “ah, se solo potessimo”, “ah, se questo paese ci ascoltasse”. Il Pnrr diventava per Giorgetti la “profezia” nazionale di ripresa e resilienza”. E avvisava: “Temo che sul Pnrr la pianificazione fallirà”; ma poi smussava, “voglio dire che il rischio c’è”; salvo ripartire “per rispettare il piano ambiziosissimo del Pnrr bisognava fare le riforme richieste almeno due anni fa”.

 

Galli della Loggia rimpiangeva “il provveditore agli studi” oggi sostituito dal “dirigente scolastico”. Le università? Sempre Galli della Loggia: “Lasciamo perdere”. I licei del Mezzogiorno? “Serve la bacchetta che mette ordine”. E proponeva il ritorno dello “stato centrale” perché “l’unica cosa che gestisce Roma è la sicurezza, e per fortuna”.

 

Non appena finiva lui cominciava Schiavone: “Bisogna restaurare visione e verità” e poi diciamolo “la crisi del regionalismo…”. Come li chiamavamo una volta? Bacchettoni, parrucche. E però c’è un pezzo di paese che li ama, li ascolta, che li legge e che ieri, a Giorgetti, chiedeva l’autografo da “ministro equilibrato”. E poi perché definirle parrucche? Lucetta Scaraffia, storica della chiesa e moglie di Della Loggia, sotto il capotto da ordinaria, indossava le sneaker. Sono i grilli di Pinocchio. Potrebbero sul serio fare un “partito dell’uffa”. Ma anche quello, uffa, non gli piace.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio