La mappa dell'esodo leghista. Da Nord a Sud è fuga da Salvini

Carmelo Caruso

Lo ripudiano i leghisti che non accettano di passare per anti vaccinisti e quelli che non credono nei vaccini. Così consiglieri, commissari, dirigenti e militanti abbandonano la nave del Capitano

Lo stanno lasciando solo a Marsala, lo abbandonano a Domodossola, escono dal gruppo a Cagliari, sbattono la porta a Crotone. E poi Bergamo, Todi, Tarquinia, Ascoli, Palermo, Trento… Matteo Salvini come la chiama questa fuga di consiglieri, commissari, dirigenti e militanti? Cosa vuole fare? Continuare a dire che è tutta una fantasia o intende riflettere su questo grande esodo, su questa ribellione? Ecco qual è il risultato della sua ambiguità: lo ripudiano i leghisti che non accettano di passare per anti vaccinisti e i leghisti che non credono nei vaccini. Quello che si propone non è altro che un piccolissimo elenco, un carotaggio, di chi è salito sul gommone di Giorgia Meloni, ex salviniani che si sono rifugiati nella striscia del gruppo misto.

 

In Calabria, dove il centrodestra può solo vincere, la Lega continua a perdere quadri. A Crotone, ha detto addio Marisa Cavallo che è consigliere comunale e perfino l’uomo che aveva aperto la sezione. Si chiama Giancarlo Cerrelli, già candidato della Lega alle politiche. Ha denunciato: “Nella Lega conta solo essere l’amico di Salvini e fare il lacchè”. Ha lasciato Salvatore Gaetano, editore calabrese che a Crotone era il coordinatore, un campione di consensi. Fuori anche Vincenzo Granata, altro referente leghista a Cosenza. Non è solo il sud. Accade anche al nord. A Bergamo si sta consumando in questi giorni una difficile trattativa per impedire che il consigliere comunale Filippo Bianchi vada in Fdi. In Trentino, hanno scelto Fdi, Alessia Ambrosi, Katia Rossato, Daniele Demattè. Cosa si è sempre detto della Lega? Che la sua forza è l’identità, la militanza, l’appartenenza. Ebbene, ad alcuni non dirà nulla, ma ai militanti dice tutto se un segretario che per tredici anni ha aperto la sezione, decide adesso di non farlo. A Lavis, in provincia di Trento, ha salutato Robert Abel dopo una lunghissima fedeltà. In Piemonte, è scappata un’intera comunità. A Domodossola, a luglio, hanno ammainato la bandiera l’assessore Antonella Ferraris, i consiglieri comunali Fabio Patelli, Marco Bossi. Le ragioni: scelte calate dall’alto, commissari nazionali assenti. In Sardegna, la Lega ha perso la consigliera regionale Sara Canu. A Cagliari, in Consiglio comunale, si è allontanata Roberta Perra. Sono tutti spilli di una mappa e dimostrano che la crisi egemonica di Salvini, del Kapo, è su scala nazionale. In Umbria, recentemente, ha deciso di uscire dal partito, Adriano Ruspolini, vicesindaco di Todi, già candidato sindaco della Lega. Motivo? “Gestione personalistica”. Nelle Marche, ad Ascoli, Elena Stipa, consigliere comunale, “con sofferenza ha lasciato”. In Basilicata, Tommaso Coviello ha aderito a Fdi. Era l’ex capogruppo della Lega in Consiglio regionale. A Potenza, un passo indietro lo ha fatto il consigliere comunale Rocco Bernabei. Non si può pensare che siano tutti trasformisti. Molti di loro, prima di dimettersi, scrivono lettere, raccontano, spiegano che è tutta la carne di un partito che si sta guastando. A Napoli, la Lega ha perso infatti un simbolo. Enzo Moretto. Era stato il primo leghista a costituire il gruppo della Lega in Consiglio comunale. In Emilia, un altro simbolo ancora. Si tratta di Umberto La Morgia, impegnato sul fronte dei diritti degli omosessuali. Via. Nel Lazio, Salvini è perfino andato a casa di Alessandro Giulivi, imprenditore, sindaco di Tarquinia per fargli cambiare idea. Si è dimesso dalla Lega e ha portato via i suoi consiglieri. Non tutti hanno avuto il suo privilegio. In Sicilia, lo scorso 25 agosto, è stato impedito ai militanti di avvicinarsi a Salvini. Il consigliere comunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Francesco Perdichizzi, uno dei primi sansepolcristi del leghismo in Sicilia, si è appena dimesso dal partito. Ma sono usciti leghisti anche ad Agrigento, Monreale, Palermo, Ramacca, Caltagirone. Qualcuno potrà dire che nel saldo mancano i nuovi ingressi. E’ vero. Sono uomini che servono per coprire il fenomeno della fuga. Non portano idee. Offrono voti al chilo. Qualcun altro può invece suggerire: “Se vanno verso Fdi scopriamo la loro vera natura. E’ un bene che escano”. Prendiamolo per buono. Ma a quel punto è vero che un gruppo dirigente, inadeguato, li ha fatti entrare. Chi festeggia la loro uscita è lo stesso che non ha saputo selezionare e impedire la loro entrata.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio