Qui Nazareno

Le Agorà di Letta alimentano i sospetti nel Pd e i mugugni di Speranza

Valerio Valentini

I forum partiranno a settembre, tra qualche incertezza e poco entusiasmo. Il leader di Leu sperava fosse il preludio per il ritorno a casa, e invece no. I riformisti di Guerini sospettano sia un modo per evitare il congresso. E tutti se la prendono con gli ex zingarettiani che tentano il blitz

L’obiezione è ragionevole benché scontata, e dunque va accolta: “Ma ancora non iniziano, e già le si vuole criticare?”. Al Nazareno reagiscono così, appena si avanzano dubbi sulla bontà delle Agorà. E però, al di là delle difese d’ufficio, la sensazione è abbastanza condivisa: perché questo grande momento di confronto col paese reale, questo esercizio postmoderno di “democrazia dal basso” e di “intelligenza collettiva” su cui Enrico Letta molto ha puntato per rilanciare l’immagine di un Pd un po’ imbolsito nelle tattiche di Palazzo, al momento non è che scaldi granché i cuori dei militanti nelle varie feste dell’Unità in giro per l’Italia. E’ vero che siamo ancora alle prove generali, con appena tre appuntamenti già svoltisi (a Palermo e a Bologna: “Andati benissimo” a detta dello staff della segreteria, “Mica tanto” a sentire gli organizzatori), e che il gran debutto ci sarà solo a settembre. E però le premesse non sono incoraggianti, a essere onesti. E non solo perché la piattaforma online (“Ancora in fase di test”, si precisa) fa ancora parecchie bizze, anche dopo che le si è donato un euro per accedere ai vari servizi; e non solo perché a Napoli, il 23 luglio scorso, nonostante la presenza di tutti i candidati sindaci nei grandi capoluoghi al voto, il portale è rimasto con 79 posti non assegnati. Il punto, semmai, è che accanto ai comprensibili inciampi organizzativi, iniziano a sorgere beghe politiche. (Valentini segue a pagina quattro) 
Da entrambi i fronti, peraltro. Perché a sinistra, gli ex compagni di Leu speravano che queste Agorà, presentate da Letta come “un momento di riconnessione col mondo  del civismo e del volontariato”, fossero il preludio della riconciliazione tra il Pd e gli scissionisti bersaniani. Ma quando il segretario dem ha ribadito, con lo scrupolo di chi vuole evitare fraintendimenti, che “alle Agorà si parteciperà uti singuli”, e non come partiti, Roberto Speranza e soci hanno storto il naso. Dal capo opposto della geografia interna del Pd, invece, ci sono i malumori dei riformisti al seguito di Lotti e Guerini. I quali, badando bene a non esporsi, sperano però che forum con votazioni online, questi dibattiti spontanei e pulviscolari, precipitino alla fine nel congresso che, a loro giudizio, dovrebbe svolgersi nel 2022, ma temono che qualcuno al Nazareno possa utilizzarli come alibi per aggirare la conta, chiamando poi gli organismi del partito, come l’Assemblea o la Direzione, a ratificare le scelte degli attivisti. E poi, trasversale agli schieramenti interni, c’è un malessere crescente nei confronti di quel Nicola Oddati, già coordinatore della segreteria di Zingaretti, a cui Letta ha affidato l’organizzazione delle Agorà. E lui, forte del nuovo incarico, per prima cosa ha pensato bene di creare una nuova corrente (Prossima) dove ha raccolto i fedelissimi del presidente della regione Lazio, proprio sotto il naso del segretario venuto da Parigi con l’idea di liquidare il correntificio romano. Malizie e veleni che maturano nell’incertezza: perché in effetti nessuno ha ben capito, tra i gruppi parlamentari, se dalle Agorà dovrà arrivare il programma del Pd, la piattaforma dell’intero centrosinistra in vista delle politiche del 2023, oppure nulla. La verità è che forse neppure Letta sa ancora quale sarà il percorso. Perché l’esito delle Agorà, previsto per dicembre, cadrà a metà tra i due appuntamenti che decideranno del destino suo e di tutto il Pd: le elezioni amministrative di inizio ottobre, che vedranno anche un esame diretto del segretario a Siena, e il voto per il Quirinale di febbraio. E visto da questa prospettiva, nessuno pensa davvero che il futuro del Pd dipenderà dalle Agorà.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.