L'intervista

Un giornale, un festival: a Porro manca solo un partito

Carmelo Caruso

“Venite alla mia due giorni barese per pragmatici. E viva Enrico Letta il rosso”, parola di un “liberista aperturista”, Intervista a Nicola Porro

Roma. Ti sei fatto un sito, anzi, “un giornale” che porta il tuo nome “Nicolaporro.it” e adesso ti vuoi fare pure un festival chiamato “La Ripartenza”, due giorni a Bari (17 e 18 luglio). Amministratori delegati, impresa, un ministro (Giancarlo Giorgetti) la presidente del Senato come ospiti. Insomma, ma perché non ti candidi? “Perché non potrei fare neppure il capolista di una lista chiamata Porro”. E se  te lo chiedesse Giorgia Meloni come ha fatto con il tuo amico Vittorio Feltri? “Risponderei alla Feltri. Si guadagna troppo poco. Non me lo posso permettere”. Che ci guadagni a fare questo evento  a Bari, al Teatro Petruzzelli? “Non ci guadagno semmai ci rimetto. Ma ne vale la pena. Ho un sito che ormai è una testata giornalistica con oltre 40 collaboratori. Non ho la carta. E’ vero. Mi sono allora detto: ho bisogno della fisicità. Sono pugliese. Per questo ho pensato a Bari. Perché al sud io ci vado al contrario di quelli che ne straparlano. Mi ha sostenuto il sindaco del Pd, Antonio Decaro. Bravissimo”.

 

La sua battaglia da presidente Anci a tutela dei sindaci è da “partito Porro”? “Decaro è uno di noi”. Chi sono quelli come te? “Liberisti, aperturisti. Quelli che non pronunciano mai la parola ‘resilienza’. Mi ricorda il ‘cioè’ degli anni ottanta. Sono quelli che non sopportano le parole Green new Deal o Pnrr”. Mario Draghi però ti piace. “Mi piace come mi piace Giorgetti che non è il ministro della fuffa”. E infatti non legge neppure la ‘carta dei valori” che ha firmato Salvini. Lo apprezzi per questo? “E’ un pragmatico del nord. Uno che non perde tempo a riflettere su che nome dare a un decreto. I ministri ormai fanno questo di mestiere”. Tu perché non vuoi cambiare il tuo? C’è un ritorno al giornalista in lista. La penna è lo scalpo. “E perché dovrei mai farlo? Grazie al mio editore, grazie a Mauro Crippa che ha condiviso la mia battaglia sulla giustizia, ogni settimana, nella mia trasmissione, mi occupo di questo tema che secondo me rimane sempre il vero tema. Mi sorprende come Giorgia Meloni, una donna intelligente come lei, non l’abbia ancora compreso”.

 

Credi che Salvini sia diventato un radicale, un garantista, solo perché firma i referendum sulla giustizia insieme a Maurizio Turco? “Quei referendum li ho firmati pure io perché servono. Serve un cazzotto”. Non è meglio la carezza e la riforma della ministra Marta Cartabia? “La sua riforma è in realtà un emendamento alla riforma Bonafede”. Dunque cosa pensi di lei? “Che è uno straordinario personaggio. Un ministro che non ha sbagliato nulla e che lavora incessantemente per diventare il presidente della Repubblica”. Preferisci forse i referendari? Non ritieni che abbia ragione Giuliano Ferrara quando scrive che il banchetto della Lega “è un inganno in atto pubblico”? “Questa volta non la penso come il mio amico Giuliano. Il referendum è sempre un modo per truffare i politici”.

 

Perché la destra ha un solo modo di selezionare i propri candidati sindaci e vale a dire rivolgersi a candidati civici? “Non è solo la destra. E’ qualcosa che riguarda tutti i partiti. Lo dico male ma è così. La verità è che ritengono che fare il sindaco non conti nulla. Non capiscono che sono i sindaci la sola classe dirigente”. Hai capito perché un democristiano come Enrico Letta sta conducendo questa battaglia sul ddl Zan? Riuscirai a non parlarne male? “Non solo riuscirò. Dico di più. Penso che stia facendo bene e che tutti lo stiano sottovalutando”. Dicono che la Francia lo abbia cambiato. E’ la febbre Parigi? “Mi chiedo. Cosa era prima? Un grigio democristiano”. E oggi? “Il segretario del Pd. Cosa ha sempre rimproverato la base del Pd? Di non avere mai un segretario di sinistra”. Sei il primo che lo difende da destra. Lo sai? “Non mi spaventa. Io rifletto. Letta ha trovato le sue belle bandiere. Ius soli, tassa di successione, Zan. Comunque vada vince. Se perde può alzare il vessillo della sinistra. Se vince, e vince davvero, potrà dire che è merito suo. Sarà il più rosso dei rossi”. E tu chi sarai? “Resto uno dei  pochi giornalisti che  sorride. Non lo senti?”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio