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Investimenti e conti in ordine, Draghi guardi alla Destra Storica

Giampaolo Conte

Con il Pnrr c'è un'occasione unica per rilanciare il paese verso una strada di crescita e sviluppo, all’interno dell’orbita europea. Il problema della sostenibilità del debito, dell'inflazione e dello spread. La necessità della crescita

Con l’approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano da parte della Commissione europea, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha la possibilità di rilanciare effettivamente il paese verso una strada di crescita e sviluppo, all’interno dell’orbita europea, come mai in questo secolo.

 

Il Recovery si presenta quindi come un’opportunità per fare quegli investimenti “buoni” – infrastrutture, sistema educativo, rilancio della produttività, digitalizzazione, ecc, –  funzionali a rilanciare la crescita dell’Italia e abbattere il suo debito pubblico già a partire dal medio termine. 

 

Può sembrare un discorso apodìttico, ma in realtà non lo è. Il problema della sostenibilità del debito pubblico italiano tornerà a turbare i sogni della nostra classe dirigente nell’immediato futuro, cioè quando verrà ripristinato – magari in una forma più light – il Patto di stabilità e crescita, sospeso dal marzo 2020 fino, probabilmente, al 2022. Già, perché a inizio 2020 il debito italiano raggiungeva una quota vicina al 135 per cento  sul pil, che aumenterà fino a quasi il 160 per cento. Bisogna poi tenere presenti le ulteriori problematiche che possono incorrere: l’incremento dell’inflazione – problema che si porrebbe solo in caso di surriscaldamento dell’economia – potrebbe accrescere le pressioni sulla Banca centrale europea affinché riduca il suo programma di acquisto di titoli di stato, scatenando così la reazione preoccupata dei mercati con un conseguente aumento del famigerato spread. Una storia dell’orrore già vista. 

           

Serve dunque la tanto agognata crescita, che nei prossimi anni si aggiri almeno intorno al 2,5 per cento  – un cifra che non vediamo ormai da inizio secolo – per mettere nell’immediato futuro sotto controllo il nostro debito e far intendere ai mercati che non abbiamo problemi di solvibilità. E’ tutta una questione di fiducia. Il mercato vive di segnali, basta sentire puzza di bruciato per scatenare il panico generale che per le nostre finanze può risultare fatale. Per questo Draghi, come i governi della Destra Storica che hanno governato l’Italia dal 1861 al 1876, deve continuare sulla strada tracciata degli investimenti produttivi e del riordino delle finanze. Ordine, economia e investimenti: tre obiettivi ma anche tre strumenti che l’Italia di oggi, come quella della Destra Storica di Quintino Sella e Antonio Scialoja, deve usare al di là delle critiche e con alto senso dello stato e delle istituzioni, per rilanciare il paese verso la strada della crescita e della stabilità finanziaria, a partire dalla messa in sicurezza del debito pubblico. 

  
Se guardiamo indietro, i problemi che l’Italia ha affrontato e superato alla vigilia dell’unificazione sono stati anche ben più preoccupanti: insanabili deficit di bilancio, amministrazione debole e burocrazia fallace, debito pubblico crescente, imposizione fiscale iniqua e assente, rigurgiti reazionari e malessere contadino, banditismo e costante minaccia militare. 

 

Oggi il panorama è certamente meno apocalittico – tranne per il livello del debito pubblico – ma è necessario un vero “movimento di corpo” di tutta la classe dirigente italiana, come durante i primi anni unitari, capace, come nel passato, di porre quelle basi indispensabili per il rilancio economico e sociale del paese. 

 

Diventa quindi essenziale usare bene i fondi del Recovery, siano essi a fondo perduto o prestiti, per rimettere il paese sulla strada della crescita e del riordino finanziario. Il ricorso al debito “buono’” - cioè usato per la spesa produttiva - viene giudicato positivamente dai mercati e incide concretamente nel rilancio del paese e nella sua capacità concreta di ripagare i debiti contratti. Avanti con gli investimenti, anche se a debito, capaci di aumentare la produttività e la competitività del paese. Inutile dire che questo Draghi lo sa già.