Il soprasegretario

Draghi di velocità: "Accelerare sui decreti attuativi". Garofoli in aiuto dei ministeri

Un piano d'intervento. Ecco Le strategie

Carmelo Caruso

Il premier chiede "tempestività ai ministri" per evitare l'accumulo di decreti attuativi/inattuati. Monitoraggio affidato al sottosegretario alla presidenza, Roberto Garofoli. Nasce una "rete per l'attuazione del programma"

Roma. E’ il sottosegretario che diventa il soprasegretario, l’incaricato alla velocità, il tecnico dell’armonia e dell’efficienza. Non c’è solamente la necessità di accelerare dietro questa missione, questo voyage per ministeri, che Mario Draghi, ieri in Cdm, ha affidato al suo sottosegretario alla presidenza, il suo “signor decoro”. C’è  l’urgenza Italia di legiferare bene ma attuare meglio, di svuotare l’armadio del non finito. A Roberto Garofoli viene consegnata dunque la dolce leva, il compito di monitorare i decreti attuativi ma inattuati, “l’abbiamo fatto ma non tutto”.

 

Esiste un piano d’intervento. Al governo li chiamano “criteri operativi”. Si farebbe tuttavia torto se non si tenesse conto che il lavoro del sottosegretario, un ministro senza la vanità del ministro, il responsabile per l’attuazione del programma, era già iniziato. Si è solo deciso di fare ancora di più. Quando Draghi si è insediato a Palazzo Chigi, quando Draghi lo ha chiamato nel ruolo-snodo, conosceva già questa insidia, la moda dell’ “ecco è finalmente in Gazzetta”. Non è così. Le leggi, anche dopo la loro pubblicazione, sono mezze leggi senza i decreti attuativi dei singoli ministeri. E’ una storia vecchia, è un debito che ogni governo si trascina, una dote che un esecutivo lascia al successivo e che si gonfia.

 

Il 13 febbraio 2021, quando il nuovo governo entrava in carica, i decreti attuativi/inattuati erano 679. In pochi mesi sono scesi a 570. Ovviamente non basta perché si sommano a quelli prodotti dalla legislazione corrente, ricca, densa di provvedimenti, di riforme. Sono quelle che prevede il Pnrr. Altri 140 nuovi decreti si sono quindi aggiunti e devono essere adottati. Tutto questo viene derubricato a burokrazia. E invece ha un costo. E’ stato anche quantificato. Si prenda come esempio la legge 126/2020. La mancata attuazione dei decreti ha, di fatto, immobilizzato risorse per quasi 5 miliardi di euro. Adesso si è compreso perché è materie dirimente?

 

Draghi che ritiene il tempo la nostra banconota, la nostra valuta che si svaluta, ha individuato nei mesi estivi, la finestra adatta, la stagione per recuperare il perduto. E’ stato lui stesso, ieri, a chiedere ai suoi ministri una “tempestiva riduzione dell’arretrato” e a introdurre la relazione di Garofoli che “presenta soluzioni di sistema”. E’ la sua seconda relazione. La prima è datata 29 aprile 2021 e prevedeva un dettagliato cronoprogramma per evadere i decreti. Registrava la difficoltà. Il ministero più schiacciato era il Mef (oltre 90). Lo seguiva il ministero delle Infrastrutture (88), a scendere il ministero della Transizione Ecologica (64). Quando Garofoli ha preso la parola ha parlato ancora di “sterzata di metodo” ma questa volta non si è limitato a fissare date. Ha offerto la virtù della pratica, quelli che vengono appunto chiamati “criteri operativi”. Sono sei punti.

 

Si prevede che i ministeri si dotino di “nuclei dell’attuazione del programma”. Saranno istituiti presso gli uffici di diretta collaborazione e dovranno lavorare sul recupero dell’arretrato. Ogni ministero un nucleo. Tutti i ministeri con i loro nuclei consentiranno di costruire una “rete dell’attuazione del programma”.

 

E’ chiaro che molti di questi decreti attuativi siano ormai superati dalla storia, inattuali. Si ha una cifra. Sono 51. In questo caso si proporrà l’abrogazione con una norma specifica. E davvero sarebbe questa volta ingiusto e facile dire che è la solita amministrazione, l’elefante sporco d’inchiostro, che sonnecchia. Non hanno forse ragione anche le amministrazioni quando spiegano che molte di queste leggi sono scritte male tanto da non poterle attuare con decreto?

 

Le amministrazioni potranno da domani farsi avanti, proporre modifiche direttamente alla presidenza, chiedere incontri (bilaterali, trilaterali) con la presidenza del Consiglio. E infine, ma perché non ricorrere a leggi che si autoapplicano, lì dove si può? Il governo offre la competenza del Dagl che è guidato da Carlo Deodato. Sarà sempre il Dagl a verificare la produzione normativa. Ma c’è un’altra parte che riguarda i singoli ministeri. E’ un esame su se stessi: attestare la capacità della propria macchina amministrativa, essere capaci di attuare entro i tempi indicati. L’ultima avvertenza è l’invito capolavoro: quando si deve produrre una norma è il caso di ridurre al minimo la concertazione "laddove essenziale". E’ il vademecum andiamo svelti, i buoni compiti dell’estate.

 

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio