Grafica a cura di Enrico Cicchetti

I padri "federatori"

"W la federazione Lega-Fi". A dirlo Urbani-Pera-Scajola. Lo pensa anche Verdini

Lega e Fi sembranbo aver accontanato il progetto. I vecchi protragonisti di Fi lo benedicono

Carmelo Caruso

"Una proposta sensata di un un Salvini di buon senso". I padri fondatori di Fi approvano la federazione e propongono di allargarla alla Meloni. "Non sarà la scomparsa di Fi, ma la prosecuzione". I più coraggiosi sono i fuori da tutto. Si farà?

Roma. Se ci crede, la racconti. Se vuole costruirla, non la improvvisi. I partiti hanno bisogno di voti, ma la federazione Lega-Fi ha bisogno di teste. Matteo Salvini di chi può disporre? Parta da quello che ha e si accorgerà che è tantissimo. Chi è stato il coordinatore geometria di Forza Italia? Chi l’ha governata quando era il partito universo? Suo suocero. A Denis Verdini, un uomo che di idee e fantasie ne ha sempre avute parecchie, gli hanno sentito esclamare, ma appunto gli hanno sentito, “la federazione è quanto di più giusto ci possa essere e non si può che augurarla. Spero nasca”.

 

La novità è che c’è il vecchio mondo di Forza Italia che ragiona sul ruolo che la destra deve avere nel nuovo mondo. Ed è a favore della federazione. Dice Giuliano Urbani che di fatto è stato il professore incaricato, il docente che il partito di Berlusconi l’ha modellato, “che la federazione non è altro che un rimescolamento di carte. E’ la bella tempesta che una volta finita ridefinisce l’orizzonte. E’ un tentativo che ha un senso fatto da un Salvini di buon senso”. Tutti ne hanno già indicato i difetti: “Fusione a freddo”; “annessione”, “complessa”. Pochi le opportunità. Marcello Pera, altro padre condiviso sia da Berlusconi sia da Salvini, comprende “i competitori, gli avversari, ma perché in Fi e dintorni tanto scetticismo, sussiego, acredine, e rivendicazioni di virginale purezza? Se la federazione riesce, alla fine potremmo avere ciò che abbiamo sempre sperato, cioè un partito liberale conservatore: liberale nelle riforme da fare e conservatore nei valori da mantenere. Intanto si rinsalda il governo Draghi e si entra in Europa senza cilicio”.

 

Perché i più aperti nei confronti della Lega sono loro, i “padri federatori” di FI, che sono fuori da tutto e che non desiderano nulla? Si prenda Claudio Scajola. Oggi è sindaco di Imperia. Si è fatto eleggere alla guida di un progetto civico. Pure lui ha coordinato FI. Viene dalla Dc. Era già scettico quando era nato il Pdl. Sta bene dove sta, non conosce il progetto che hanno in mente Salvini e Berlusconi, “a cui sono legato da una storica e leale amicizia”, dice. E dunque? “Non posso però non cogliere che il Salvini degli ultimi mesi sembra ci stia facendo vedere una Lega molto diversa. Non guardo negativamente questa proposta, ma solo se viene suffragata da un percorso ancorato su cardini europeisti, cristiani e liberali e con attenzione sul sociale”.

 

Urbani addirittura allargherebbe la federazione che a suo modo di vedere “non può prescindere dalla Meloni che al momento è la più brava perché alla guida di un partito ignoto e che riesce a farsi notare. Il suo partito non può essere considerato un partito di reietti”. E aggiunge anche che questa annessione dolce (“perché di questo si tratta”) non è la “fine di FI ma la promessa della prosecuzione. Sia Lega e FdI avranno bisogno di una componente liberale. FI è il partito calce della federazione”. Sarebbe quasi un dono di Berlusconi ai berlusconiani. In FI la pensano diversamente. C’è chi teme che la federazione anticipi la scomparsa, l’annichilimento.

 

Pera risponde che “le resistenze di chi rischia di perdere qualche posizione, anche queste si possono comprendere. Ma in realtà le loro posizioni le hanno già messe a rischio per loro colpa, con il calo dei consensi e la riduzione dei parlamentari. Se Salvini e Berlusconi hanno deciso una svolta, questa è l’ora del coraggio e dell’impegno”. Dicono le stesse cose malgrado abbiano tutti storie diverse. Scajola lo accelererebbe: “Al momento è poco più di un’idea. Vorrei che arrivasse a qualcosa di nuovo ma definendo prima dove si colloca e su quali principi. Bisogna uscire da logiche di ripartizioni e posticini”.

 

Una conclusione può essere: a destra litigano. Non si uniranno. Un’altra è questa: hanno preso coraggio. Magari la sinistra, il “campo largo”, avesse questi dilemmi. Urbani fa notare che a destra hanno adesso il disagio dell’ abbondanza: Berlusconi, due leader (Salvini e Meloni), una persona perbene (Tajani), un governista solido. Chi? “Giancarlo Giorgetti. Una figura dalla solidità indiscussa quanto dalla profonda timidezza”. La destra studia come succedere a Draghi. A sinistra la preoccupazione massima è impedire alla destra di succedere a Draghi.

 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio